Buon Dìa de muertos!

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Il “Día de Muertos” è una tradizione – dichiarata dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), Opera Maestra del Patrimonio Orale e Intangibile dell’Umanità – che si celebra in Messico, ma anche in altri paesi dell’America Latina, da almeno tremila anni.

I vivi omaggiano, il primo e il secondo giorno di novembre, i loro defunti con canti, balli, allestimento di altari, offerte votive, preparazioni di vari dolci tipici.

Fra i dolci più caratteristici, le Calaveras de dulce, teschi di marzapane decorato con il nome del defunto, da consumarsi frai parenti del morto; e il Pan de muerto, un pane dolce a forma di croce o di teschio, solitamente ricoperto di zucchero.

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La festa è antichissima, ma nel tempo è divenuta anche un’evidente declinazione del sincretismo fra tradizione precolombiana e cattolicesimo, tipico di tutto il centro e sud America.

Per chi si trovasse a passare per Roma, ricordiamo che oggi 31 ottobre presso il palazzo dell’Ambasciata Messicana in Piazza Navona 91, alle ore 18,00 si celebrerà il Dìa de muertos. Sarà possibile ammirare il tradizionale Altar de Muertos realizzato per l’occasione dalla Comunidad Mexicana de Roma insieme al Laboratorio di Artigianato Artistico Macías.
Saranno i Mariachi Romatitlán – gruppo musicale noto non solo in Italia ma anche in tutta l’Europa e nel mondo – a esibirsi con il loro repertorio.

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Il vostro prossimo cucciolo – III

Perché accontentarsi del solito, trito pesce rosso quando nel vostro acquario potete ospitare il mollusco bivalve che quest’anno va per la maggiore?

Preparate le vostre vasche per l’arrivo di uno splendido esemplare di Geoduck, o vongola dalla proboscide.

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Si tratta di una specie di vongola gigante, diffusa in Nord America. I Geoduck misurano circa 40 cm di lunghezza (ai quali si aggiunge fino a un metro di sifone) per un peso totale che supera di poco il chilogrammo, ma tendono a crescere per tutta la durata della loro vita ed essendo assai longevi (fino ad oltre 140 anni d’età, l’esemplare più vecchio pescato sinora aveva 160 anni) non è raro trovare individui che pesano oltre 7 kg e misurano oltre due metri di lunghezza. Queste dimensioni ne fanno il bivalve fossore più grande attualmente esistente al mondo.

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Se come animale da compagnia non dovesse incontrare i vostri gusti, potrete sempre venderlo o trasformarlo in una deliziosa pietanza.

Pescati, il loro costo si aggira attorno ai 60 €/kg ed alimentano un mercato di circa ottanta milioni di dollari l’anno.
Il principale mercato di questi animali è l’Estremo Oriente, dove vengono considerati come una leccornia e si crede abbiano effetti medicinali, al pari della cistifellea degli orsi e delle pinne di pescecane: in particolare, a causa della loro forma fallica, si ritiene che essi siano dei potenti afrodisiaci e potenzino le prestazioni maschili.

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Le sue carni hanno consistenza fibrosa: per cucinarli, i cinesi utilizzano l’animale crudo, accompagnandolo con sashimi, salsa di soia e wasabi. In Corea, invece, li si mangia crudi a mo’ di ostriche, spesso intinti in salse piccanti, oppure come ingrediente di bolliti e zuppe.
Nella cucina giapponese, i geoduck vengono definiti mirugai o mirukuigai, traducibile in italiano come “vongola gigante”, e cucinati analogamente a quanto si fa in Cina.

Divertitevi con il vostro nuovo cucciolo, oppure… tirate fuori la pentola grande, e preparatevi per la più grassa impepata della vita. Buon appetito!

Beatles ventriloqui

Abbiamo già segnalato, su Bizzarro Bazar, una cover di Let It Be degna di nota.

Da beatlesiani puri e duri quali siamo, speriamo di superare qualsiasi aspettativa con questo nuovo filmato: una inquietante Yesterday cantata da un coro… di pupazzi da ventriloquo.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=JvrN4xHr32o]

Scoperto via BoingBoing.

Le radiografie del mangiatore di spada

Ecco alcuni mangiatori di spada che si esibiscono sotto l’ “occhio” dei radiografi.

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E a seguire alcune fluoroscopie (radiografie in movimento) sullo stesso argomento.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=Kwc9tYK9rI8]

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=C_YI0wluN60&feature=related]

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=kRyHmp67238&feature=related]

Scoperto via swordswallow.com.

Furry Fetish?

Bizzarro Bazar si è occupato in altre occasioni, e continuerà ad occuparsi, di parafilie e di feticismi di tipo sessuale. Questo articolo è stato pensato per fare un po’ di chiarezza sulla questione del feticismo cosiddetto furry, nome tratto dalla più vasta comunità che condivide la stessa particolare passione: gli animali antropomorfi.

Cominciamo col dire che il furry fandom è una sottocultura che accomuna appassionati di personaggi animali con caratteristiche umane. Normalmente mammiferi, questi personaggi sono dotati di intelligenza umana, espressioni facciali, anatomia, capacità di parlare, bipedalismo, vestiti, e altri attributi tipici degli esseri umani.

Chi ha una seppur minima conoscenza dell’universo dei manga, li riconoscerà. Ecco ad esempio una volpe antropomorfa estratta dalla pagina di Wikipedia dedicata al furry fandom.

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Gli appassionati di questo genere di arte amano spesso vestirsi come i loro beniamini, costruendo e assemblando costumi allegri e simpatici che indossano in apposite convention dedicate al tema, oppure talvolta in altre occasioni, per colpire o per divertire gli astanti. I costumi (solitamente personalizzati per creare un personaggio unico e specifico, chiamato fursona) comportano un grosso investimento di tempo e di denaro, ma per i fan del furry ne vale la pena: in un certo senso, vestirsi in questo modo li riconnette con il bambino che è in loro, rendendoli nuovamente puri e innocenti. Nulla più di un “gioco di ruolo” infantile, dunque.

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Eppure, da qualche tempo, i furries sono al centro di una errata interpretazione della loro passione. Alcuni media, infatti, hanno sottolineato ed enfatizzato a scopi scandalistici il fatto che possa esistere un furry fetish, vale a dire un feticismo sessuale nei riguardi dei costumi di animali antropomorfi. Ma esiste qualcuno che si può eccitare indossando un costume di questo tipo?

Come è presto chiaro a chi si avventura per un po’ nello strano mondo delle parafilie, la regola di base è che “se puoi nominarlo, esiste”. Questo vale anche per il furry fetish. Che esista, è fuori discussione. Forse spinti da alcuni disegni erotici che hanno come protagonisti i furries, forse innescati da altre soggiacenti pulsioni, i desideri nei riguardi degli animali antropomorfi, e più in generale delle tute fursuit, sono un fenomeno ben documentato e di cui sono consapevoli anche i membri di questa sottocultura.

Già molti siti pornografici ospitano una sezione furry, e su Furbid, una sorta di eBay dedicato al tema, sono in vendita diversi  artwork originali classificati “per adulti” che ritraggono gli animali in pose erotiche.

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Pare che sia abbastanza comune, nella pubertà, associare alle prime esperienze autoerotiche il proprio peluche preferito, soprattutto se di grandi dimensioni. Questo può continuare, a livello parafiliaco, anche nell’età adulta. Sulla rete si trovano forum, e utenti, che danno indicazioni su come modificare al meglio il proprio peluche per scopi sessuali (mediante inserzioni di vagine o peni artificiali).

Questo tipo di parafilia, così come la plushophilia (il desiderare/ricercare rapporti sessuali con animali impagliati) o la zoofilia, è stata talvolta  associata alla sottocultura furry. Questo è, già a un primo sguardo, un torto mediatico ai danni di una comunità che spesso si autodefinisce addirittura asessuata, nel suo voler costantemente ritrovare le tracce di un’infanzia perduta.

I furries hanno più volte dichiarato la loro indignazione per essere stati associati con questo tipo di parafilia. Al di là del fatto che sicuramente alcuni isolati feticisti possono utilizzare le convention per inseguire la loro fissazione sessuale, deve risultare comunque chiara la distinzione fra un’innocua e colorata passione e il lato più maniacale della stessa.

Per quanto riguarda il feticismo di cui abbiamo parlato, spesso viene associato al più lato feticismo di trasformazione: ecco la pagina di Wikipedia (in inglese) dedicata all’argomento: transformation fetish.

Per un approfondimento sulla diatriba sugli aspetti sessuali del furry, rimandiamo alla pagina di Wikipedia sul furry fandom (capitolo Sexual aspects): furry fandom.

Infine, ecco un breve servizio sul furry tratto da YouTube:

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Sombra Dolorosa

Il cortometraggio Sombra Dolorosa (2004) di Guy Maddin è un delirante pastiche nel classico stile del geniale regista canadese: narra la storia di Paramo, una vedova messicana che, per scongiurare il suicidio della figlia, deve sfidare il lottatore El Muerto (il divoratore di anime) prima della fine dell’eclisse solare. Una volta battuto, El Muerto dovrà mangiare il corpo del marito defunto di Paramo e “liberare” la sua anima, che entrata nel corpo di un mulo potrà cominciare il suo infinito girovagare per il mondo.

Con il suo “consueto” stile che unisce espressionismo tedesco, avanguardia russa e arte costruttivista, Maddin riesce (per una volta anche in un filmato a colori, lui che usualmente utilizza solo il bianco e nero) a coniugare l’atmosfera da film muto con il suo inconfondibile montaggio frammentario e “neurologico”. Un artista ancora ingiustamente poco conosciuto da noi, Maddin è autore di lugometraggi poetici e originalissimi, come The Saddest Music In The World (2003), Tales From The Gimli Hospital (1988) e My Winnipeg (2007).

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Lingua parassita

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La cymothoa exigua è un crostaceo parassita del tutto particolare.

Entra nel corpo dell’ospite, solitamente pesci perciformi, attraverso le branchie. Si aggrappa con le zampe alla base della lingua del pesce. Mentre il parassita cresce, sempre meno sangue arriva alla lingua del pesce: l’organo lentamente si atrofizza e muore. È a quel punto che succede qualcosa di straordinario.

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Il parassita si sostituisce alla lingua, attaccandosi fermamente ai muscoli del moncherino: da quel momento in poi, il pesce può utilizzare la cymothoa exigua come una vera, normale lingua. Il parassita non reca altri danni all’ospite, se non che da quel momento il pesce dovrà condividere il cibo con lui, oppure “regalargli” un po’ di sangue. Alcuni di questi parassiti preferiscono nutrirsi semplicemente del muco in eccesso del pesce.

La cymothoa exigua è l’unico caso noto di un parassita che sostituisce funzionalmente l’organo di cui ha causato la distruzione.

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Safety Coffins

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I safety coffins, bare di sicurezza, si diffusero nel XVIII e XIX secolo, ed erano dei feretri attrezzati in caso di esequie premature.

La paura di essere sepolti vivi era diffusa e fondata: erano infatti regolari i rapporti che parlavano del ritrovamento, durante la riesumazione, di corpi usciti per metà dalla cassa, o dalla posizione scomposta e dalle unghie strappate, o dei coperchi ricoperti di graffi. La letteratura, dal canto suo, sfruttava questa tremenda immagine: Le esequie premature di Edgar Allan Poe, del 1844, racconta proprio di vari casi attestati e del terrore che lo stesso Poe, sofferente di catalessi, aveva di essere sepolto vivo.

Durante l’epidemia di colera a cavallo fra ‘700 e ‘800, la paura raggiunse il suo apice. Cominciarono dunque ad essere costruite le prime “bare sicure”, che prevedevano aperture dall’interno, e molto spesso l’utilizzo di sistemi di comunicazione con l’esterno, quali ad esempio una campana la cui corda aveva un’ estremità che finiva dentro alla cassa da morto.

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Il problema di questo metodo è che la decomposizione poteva causare movimenti improvvisi della salma e portare così a delle “false” richieste di soccorso. Altre variazioni del metodo della campana prevedevano bandiere e fuochi d’artificio. Alcuni brevetti includevano scale, vie di fuga, “cannocchiali” puntati sul volto del defunto – per controllare il suo stato – addirittura tubi per il cibo, ma ironicamente molti erano sprovvisti della funzione basilare: il rifornimento d’aria.

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Nel 1995, il nostrano Fabrizio Caselli ha brevettato il più moderno dei safety coffin: la bara è dotata di un allarme, un sistema di interfono, una torcia elettrica, un apparecchio di respirazione ad ossigeno, uno stimolatore cardiaco e un sistema di monitoraggio dei battiti del cuore (www.morteserena.it).

Eppure, nonostante tutte le precauzioni che la paura di essere sepolti vivi ha ispirato, non si ha notizia di nessuno che sia stato salvato da una “bara di sicurezza”.

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Elmer McCurdy

Chi è appassionato di storia dei carnivals (i luna-park itineranti, attivi dall’Ottocento fino a pochi decenni fa) conoscerà senza dubbio la grande tradizione americana dei cosiddetti sideshow: si trattava, come dice il nome, di attrazioni secondarie – non cioè delle vere e proprie giostre, ma molto spesso dei piccoli “musei” contenenti meraviglie vere o presunte tali, fino ai veri e propri gaff, dei falsi ricostruiti con cura. Si trovava di tutto, nei sideshow: dalle sirene delle isole Fiji mummificate, al cervello di Hitler sotto formalina, ad esemplari di mucche con due teste, alla macchina in cui morirono Bonnie e Clyde, ai vari freak deformi (freakshow).

Quello che invece pochi ricordano è il nome di Elmer McCurdy. La sua storia, assurta poi a livello di leggenda urbana, è invece effettivamente accaduta.

Elmer McCurdy fu ucciso da un sottoposto dello sceriffo sul confine tra Oklahoma e Kansas nel 1911 a causa di una rapina al treno che gli aveva fruttato 46 dollari e due damigiane di whiskey. Essendo un ubriacone e un fallito, nessuno reclamò la salma.

Il coroner locale, nel frattempo, ebbe l’idea di esibire il suo cadavere imbalsamato al costo di 5 cents per persona. I visitatori dovevano far scivolare le monete fra le labbra del morto – vi lascio immaginare come i soldi venissero recuperati dall’imbalsamatore.

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Per i primi anni, McCurdy stette in piedi in un angolo dell’obitorio, finché due impresari di luna-park si finsero suoi fratelli e reclamarono il corpo.

Saltiamo ora al 1976: una troupe televisiva del programma The Six Million Dollar Man stava effettuando delle riprese nel parco divertimenti di Pike a Long Beach, California. All’interno dell’attrazione della casa dei fantasmi, un membro della troupe per errore staccò un braccio al manichino di un impiccato, rivelando al suo interno ossa umane mummificate. I proprietari dell’attrazione restarono sconvolti, dato che erano i primi ad essere convinti che si trattasse semplicemente di un manichino. La realistica mummia era in realtà, l’avrete capito, il vecchio Elmer, la cui storia fu poi ricostruita a ritroso fra fiere, parchi divertimenti, luna-park e sideshow differenti: un passaggio di mano in mano del macabro “accessorio di scena” protrattosi per così tanto tempo (cinque decadi) da far scordare la sua vera origine.

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Si dice anche che quando fu finalmente seppellito nel 1977 a Guthrie, Oklahoma, venne versata una colata di cemento sulla sua bara per impedire che qualcuno lucrasse ancora sul povero corpo di Elmer McCurdy.

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