Ecco Charles Manson che pone una domanda, forse retorica ma piuttosto pregnante: “Do you feel blame? Are you mad? Uh, do you feel like wolf kabob roth vantage? Gefrannis booj pooch boo jujube; bear-ramage. Jigiji geeji geeja geeble goog. Begep flagaggle vaggle veditch-waggle bagga?”
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Alla domanda dell’intervistatore su chi sia veramente, Manson risponde così:
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Ho sempre ritenuto Charles Manson una persona degna di nota, psicologicamente parlando, dotata di un grande carisma, e capacità teatrale e d’improvvisazione.
Anche dal punto di vista musicale non era poi così scarso come viene sovente affermato.
Sono profondamente convinto che se non fosse successo ciò che è successo sarebbe stato capace di grandi atti, nel bene o nel male, ma sicuramente grandi.
Io invece, all’opposto di te, l’ho sempre visto come un mezzo cialtrone. La sua indubbia capacità teatrale non cambia il fatto che Manson fosse alla fine poco più di uno sbandato, dall’intelletto nemmeno troppo acuto (nonostante fosse bravo a coniare frasi ad effetto). La sua immagine mitica, al di là dell’efferatezza della strage di Bel Air, è stata in gran parte costruita ad arte dalla polizia e dalle forze reazionarie dell’epoca, che la utilizzarono per cercare di “sporcare” e criminalizzare il movimento hippie. Manson divenne così il simbolo dei pericoli della droga e del sesso libero, la faccia oscura della Love Generation.
Quanto alle sue doti compositive, sinceramente non andavano al di là di un folk piatto e senza slanci.
In via aneddotica, ho avuto per le mani il suo vinile originale pubblicato in carcere, e sai cosa si legge nelle sleeve notes? “Questo disco è dedicato a Roman Polanski”… che faccia tosta!
Incredibile faccia tosta direi, a suo modo mi ricorda certi esponenti del black metal, che nonostante i loro crimini efferati mi hanno sempre affascinato, poi, de gustibus 😉