Ogni giorno ripetersi: “Non sarò mai più così giovane come oggi”.
(Roland Topor)
Roland Topor (1938-1997) è stato un illustratore, disegnatore, pittore, scrittore, poeta, regista, paroliere, attore e cineasta francese.
Nato a Parigi da genitori polacchi, Topor si distingue come creatore narrativo per immagini dallo stile originale e trasgressivo – è curioso notare che la parola “topor” significa in polacco “ascia” – attivo nei campi più svariati dell’espressione figurativa nella quale infondeva carattere umoristico e dissacrante: dalla pittura all’illustrazione, dall’incisione alla fotografia, dalla scultura alla scenografia teatrale, dal cinema alla musica, dalla letteratura alla televisione.
Nella sua opera, frutto di una vita indipendente da committenze continuative e da conformismi di ogni tipo, sempre a contatto umano ed artistico con personaggi del mondo dell’arte e della cultura internazionale, emergono affinità e richiami ad alcuni dei movimenti artistici del novecento quali l’esperienza Dada, la derivazione Cobra, il lavoro con Fluxus, le esperienze dei pittori gestuali, la trasgressione della Body-Art, l’ironia della Pop Art e, alle radici, la conoscenza della grande illustrazione didascalica dell’Ottocento: il tutto condito da umorismo nero e da amore per la libertà.
“Topor non si occupa veramente dell’inconscio, ma dell’inaccettabile. La sua fantasia dissimula con crudezza la globalità strana del mondo. Nulla gli è estraneo ma il mondo intero è al di là del percettibile, perché quello che sembra più evidente , più banale – la morte, la sofferenza – in realtà non lo sono.” (Alberto e Gianmaria Giorgi)
Artista poliedrico e spiazzante, Roland Topor è stato troppo frettolosamente dimenticato e accantonato dall’immaginario collettivo, sia a causa di una sua difficile catalogabilità, che per una sconcertante violenza insita nelle sue opere. Dotato di un’ironia beffarda e dissacrante, Topor ha sempre fatto venire i brividi lungo la schiena ai soloni della critica ufficiale.
Nella sua eccentrica carriera artistica ha fatto di tutto: dalla pittura all’illustrazione, dal teatro alla fotografia, dall’incisione alla scultura, dal cinema d’animazione ai romanzi, dalla musica alla televisione. E tutto questo continuamente sperimentando nuovi linguaggi espressivi e rimanendo fedele alle sue convinzioni e ai suoi principi. Erede del nichilismo dadaista, è riuscito con la sua enigmatica arte a demolire qualsiasi forma di autorità precostituita, ridimensionando contemporaneamente sia il borioso sapere scolastico che la cultura ufficiale imperante. Illuminante il fatto che abbia frequentato la rinomata Accademia di Belle Arti “dal bar di fronte”, come amava ricordare, rifiutando così di diventare un’artista/pollo di batteria come tanti altri.
Un individuo, per sopravvivere, deve dissimulare la sua virulenza.
Deve svolgere un’attività utile a una comunità umana, a un gruppo sociale.
Deve dare l’impressione di essere sincero. Deve apparire UOMO NORMALE.
La sola rivolta individuale consiste nel sopravvivere.
(Roland Topor)
La sua immaginazione sadica e il suo tagliente umorismo nero hanno disvelato, senza mezzi termini, l’assurdità nascosta nel reale, regalandoci un intimo e perturbante brivido. I suoi esseri umani immondi e mostruosi, raffigurati in preda ai piaceri più sfrenati e aggressivi, fanno pensare alle fantasie devianti di un moderno Hieronymous Bosch.
Viviamo i dettagli angoscianti delle sue opere, fino quasi a sentirne l’acre odore e ad apprezzare, sconvolti, l’elasticità delle carni lacerate. Il mondo rivela la sua doppiezza, l’ipocrisia strisciante e l’artista, indignato, la mostra in tutta la sua repellente virulenza.
“Il campo dell’indagine dell’artista è dunque l’uomo con le sue frustrazioni nella società e quindi l’irrealtà delle situazioni quotidiane, l’allucinante e l’assurdo che diventano normalità sono rappresentati con la perversione del realismo, la crudeltà della verità, l’inquietudine dell’ironia più dissacrante… Il suo lavoro è concentrato non tanto sui significati convenzionali delle cose e degli esseri, quanto su ciò che questi offrono di ulteriore alla vista, sull’abisso su cui si aprono e sul mondo che lasciano intravedere e in cui ci si può perdere. Il posto del pubblico è proprio sul baratro, dove deve provare il gusto di sfiorare il pericolo e la fine.” (Gilberto Finzi)
CRONOLOGIA MINIMA
1962 – Crea con Alejandro Jodorowsky e Fernando Arrabal il Movimento Panico.
Dal 1961 al 1965 – Contribuisce alla rivista satirica Hara Kiri, oltre che pubblicare vignette sul New York Times e sul Newyorker.
1965 – Crea, con il collega René Laloux, il cortometraggio di animazione Les Escargots, premio speciale della giuria al Cracovia Film Festival.
1971 – Crea i disegni per i titoli di testa di Viva la muerte (di F. Arrabal).
1973 – René Laloux dirige Il Pianeta Selvaggio (La Planète Sauvage), su disegni e sceneggiatura di Topor, basato su un romanzo di fantascienza di Stefan Wul. Il lungometraggio di animazione vince il premio della giuria al Festival di Cannes.
1974 – Topor ha un cameo in Sweet Movie di Dusan Makavejev.
1976 – Roman Polanski dirige L’inquilino del terzo piano (The Tenant) adattando il romanzo di Topor Le locataire chimérique.
1979 – Recita nel ruolo di Renfield nel Nosferatu di Werner Herzog.
1983 – Crea con Henri Xhonneux la popolare serie TV Téléchat, una parodia dei telegiornali con pupazzi di un gatto e di un’ostrica.
1989 – Con Henri Xhonneux co-scrive la sceneggiatura del film Marquis, ispirato alla vita e alle opere del Marchese de Sade. Il cast è costituito da attori in costume con maschere di animali.
Per guadagnare da vivere io non dispongo che dei prodotti derivati dalla mia paura…
La realtà in sé è orribile, mi dà l’asma. La realtà è insopportabile senza gioco,
il gioco consente un’immagine della realtà. Io non posso perdere
il contatto con la realtà, ma per sopportarla ho bisogno
di questo gioco astratto che mi permette di trovare
quello che può essere ancora umano.
(Roland Topor)
Anche oggi (2010) Topor impressiona per la forza della sua immaginazione. Così come mi impressionò negli anni metta Sessanta, quando cominciai insieme al Gruppo Stanza la mia ricognizione attorno all’umorismo nero.
Vi interessa vedere gli effti di questa prima ricognizione (preciso: non solo mia, ma del Gruppo Stanza, Compiobbi, Firenze)?
Ciao, sono una ragazza di 19 anni.
E’ la seconda volta che capito casualmente sul tuo blog (la prima è stata ricercando notizie su Tetsuya Ishida) volevo lasciare una traccia e dirti che a questo punto mi iscriverò …almeno non capito più per caso! 😀
Saluti,
L.
Ciao Ludovica, grazie per esserti iscritta! 🙂
Geniale fantastico sagace irriverente provocatore
lo adoro!
Mi sono davvero stufato e rotto le palle, devo una buona volta dirlo: Bizzarro Bazar è il miglior blog della rete, allo stato dell’arte!
Un caro saluto.
p.s. era destino che dovessi lasciare sotto questo articolo il commento, in quanto il mio decennale avatar parla chiaro
Grazie, ma non incazzarti!! 🙂
Questa mattina i tuoi scritti mi hanno chiarito le idee e, soprattutto, fatto conoscere questo artista meraviglioso. Merci!
A me non impressiona, anzi, rende divertibili tutte le immagini e i simboli tabù che normalmente non si affrontano e neppure si immagina di possedere nella memoria.. per me è una cura psichica potentissima, ciao a tutti e vi auguro un natale speciale, con una Fata speciale!
Valentina
Ciao Valentina, grazie e auguri anche a te! 🙂
quanto mi mancano le persone speciali in un mondo sempre più banalizzato e morente
Su Topor si potrebbe scrivere all’infinito, tante e diverse fra loro sono le opere che ha creato. A quanto mirisulta però nessuno ha mai accostato il suo particolare umorismo a volte perfino”disturbante” con certi aspetti macabri dell’umorismo dei Benito Jacovitti.I due “mostri” sacri si sono mai incontrati?? Qualche voce mi è giunta a proposito, relativamente a uno o più viaggi fatti nel corso degli anni ottanta da Jacovitti con destinazione Parigi: ad esempio quando invitato dal compianto Wolinski nella capitale francese in occasione di una sua (di Jac) mostra tenutasi in una sala del quartiere latino. Chi ne sa qualcosa batta -please – un colpo!
Jacovitti è un altro dei miei eroi, fin da quando ho scoperto Cocco Bill sulla collezione di mio padre de Il Corriere dei Piccoli. Sinceramente non ci vedo molte affinità con Topor, ma di sicuro il suo lavoro a Topor sarebbe piaciuto; non ho idea se si siano mai incontrati.
Beh, naturalmente le similitudini che io intravedo fra Topor e Jacovitti sono di ordine ideale. Che so, fra le illustrazioni di Jac nel suo primo Pinocchio del 1943 (La Scuola, Brescia) e quelle sempre collodiano/pinocchiesche di Topor risalenti al 1972.
Comunque è chiaro, almeno lo penso io, che poi stilisticamente fra i due c’è una differenza assai marcata, anche se lo spirito per il macabro e il sadismo più o meno bonario (in Jacovitti) e quello più genuinamente crudele di Topor potrebbero anche avere radici culturali comuni.
Così, tanto per iniziare una riflessione, che spero possa evolversi con l’apporto di altre voci.
Roland Topor beve da un boccale birra chiara e dopo schiocca le labbra soddisfatto: “…Un individuo, per sopravvivere, deve dissimulare la sua virulenza. Deve svolgere una attività utile a una comunità umana, a un gruppo sociale. Deve dare l’impressione di essere sincero. Deve apparire UOMO NORMALE. La sola rivolta individuale consiste nel sopravvivere”.. detto questo Topor mi guarda e ride a singhiozzo con espressione indecifrabile. Io penso che, forse, Topor ha intuito quello che bolle in pentola. A loro volta Claude Moliterni e Jean-Paul Mougin mi guardano preoccupati: siamo nella Brasserie posta di fronte al n’ 42 di rue de Lancry, proprio dove a lato si apre l’ingresso del supermercato di frutta e verdura “Les Halles Lancry “: devo salire al secondo piano dove mi attende Hugo per una conversazione a quattr’occhi relativamente a tante cose compreso il progetto di una nuova storia di corto Maltese intitolata “Sotto il sole di mezzanotte”. Moliterni e Corteggiani si raccomandano ancora:” Tomaso, stai attento, tieni gli occhi ben aperti, perché ultimamente son già ben quattro le persone che dopo aver fatto visita ad Hugo sono scomparse e di loro nulla si è più saputo. Scuote la testa Mougin:” Tu eri sempre presente e non hai mai notato nulla di strano, ma questa volta che la Sûrete ha infiltrato Jerome come maggiordomo, gli occhi vigili saranno almeno quattro”.Un’ondata di panico sento che sta per travolgermi e volgo uno sguardo eloquente verso l’immaginifico Topor, che ora tiene ben stretta la pipa fra i denti, ma fortunamente non sbuffa fumo come spesso accade; lo guardo sforzandomi di sorridere perché il Nostro mi è enormemente simpatico e gli voglio chiedere qualcosa su questa per me oscura faccenda del “panico”. AAAHHHHIiii, ride Roland, si leva la pipa di bocca e anticipando la mia muta domandami dice:” caro Tomaso, ti ricordi la primavera dell’anno scorso, il 1968? A Bologna mi ponesti la stessa domanda sventolandomi sotto il naso il numero di Linus di quel mese, mi pare fosse quello di Maggio!!” Ride producendo un suono cantilenante.” Poi, lo rammento come fosse ieri o ieri l’altro, sempre a Bologna nel 1980 mi sventolasti sotto al naso delle pagine bianche dicendomi fra i denti:”Roland, il tuo famoso, cupo e misterioso “Pinocchio” del 1972 in Francia è praticamente sconosciuto, in Italia lo possiedono solo gli amici raccomandati dall’Olivetti, che cavolo di storia è mai questa??”. “Sai, Tomaso, contrariamente a quanto si potrebbe credere, mi capita di rimanere scioccato dall’eccesso e dalla crudezza dei miei propositi. Certo, la Olivetta mi ha pagato bene e io non mi lamento, tanto quelle 23 illustrazioni sono uscite con le loro gambe da “Pinocchio” –ride – e si possono trovare condite in mille salse e in altrettanti luoghi più o meno conditi”. Guardo Topor a bocca aperta, non posso credere che se ne infischi in tale maniera di questa storia. Topor mi osserva e intuisce i miei pensieri: ”Tomaso nel sentirti parlare o leggendo certi tuoi interventi, il mondo sembrerebbe popolato solo da sporcaccioni, da corrotti, da imbecilli o da canaglie sanguinarie. Donne e bambini compresi. Io quasi, più o meno, condivido, anche se so bene che esistono qua e là alcuni individui semplicemente screanzati, ma è più forte di me, e ormai la china è imboccata.
Per esempio, non posso impedirmi di pensare che sia una frase-trabocchetto, diretta ad incastrarmi, la domanda che mi viene posta: “cos’è il… PANICO?”. Io sono solo un esempio, non delle istruzioni per l’uso. Un esempio non deve giustificarsi.
Ma l’inchiesta è ormai aperta. “Cos’è il…PANICO?”. Alla prima gaffe, mi taglieranno i viveri e sarò degradato. Bisognerà che legga i libri degli altri, che superi degli esami, che risponda la verità alle domande degli inquisitori. La verità diventerà il mio universo, poiché è l’universo dei poveri, degli emarginati, degli accusati.
Ho sempre avuto paura di farmi incastrare[…]
Io non ci tengo a morire. Mi difendo.
Non voglio farmi incastrare. Per “Pinocchio” ho rifatto le 23 illustrazioni e saranno usate per due edizioni del nostro dal lungo naso – pene, in Germania e in Francia. Ma le ho disegnate provocatoriamente in modo maldestro, per vedere se saranno ugualmente pubblicate.”
“Già”, sospiro io osservando il fantastico Roland, francese di origine polacca, acuto indagatore dell’inconscio, e guardandolo bene negli occhi gli dico sospirando ancora:” Non ti credo per nulla! ”. Ride a singhiozzo Topor , estrae una pipa si dimensioni colossali e caricandola di un puzzolente tabacco nero mi guarda sorridendo felice. “sì, Tomasuccio, asinello mio, sei più ingenuo del burattino di Collodi, e per una volta hai colto nel segno!”.
Ho letto quanto scritto da Giovanni Gandini -il fondatore di Linus- nel 1984 nei riguardi di Roland Topor e il maggio parigino del 1968, quando i due si trovarono casualmente coinvolti nella rivolta studentesca.Questo nell’ambito di una lettura non proprio facile del saggio di Paolo Interdonato “Linus Storia di una rivoluzione nata per gioco”. Rizzoli& Lizard 2015.
Qualcuno di voi gentili lettori conosce qualcosa a proposito di questa strana avventura??
Nessuno!
Mah??
Giovanni Gandini, poveretto, non è più fra noi da tempo: ricordo che quando nella prima metà degli anni ’80 alcuni amici del GAF di Firenze, Leonardo Gori e Sergio Lama scrissero a Giovanni Gandini presentandosi come redattori della rivista “Exploit Comic” intenzionati a scrivere un articolo relativo ai nessi e connessi alla nascita nel 1965 alla nascita del mensile “Linus”, costernati ricevettero una lettera dal figlio che comunicava l’avvenuta morte del padre. Solo tempo dopo si scoperse che tale lettera l’aveva scritta ed inviata lo stesso Giovanni Gandini ovviamente vivo e vegeto.Tutto questo per non essere disturbato!
Quindi, chissà che cosa effettivamente accadde a Gandini e Topor nel maggio 1968 coinvolti loro malgrado nella rivolta parigina parigina: che ci faceva Topor nei cunicoli dai muri arancione della fermata di San Denis della metropolitana??
POi nel pomeriggio rifugiato insieme a Gandini nel ristorante “La Cupole”??
Desolante la mancanza di altre voci.
Questo fatto, della inesistenza di intercomunicabilità fra coloro che bazzigano questo e molti altri Blog, mi conferma una volta di più che la rete come mezzo di scambio di opinioni zoppica parecchio.Nel suo insieme è veramente anche un mostro a molte teste che urla e sbraiata ma spesso solo per generare rumore e donfusione, nel senso che veramente confonde chi vuol capire.Ma il già citato silenzio, che tristezza…….
Album di Associazione Amici del Vittorioso
Alice nel paese delle meraviglie
Jacovitti illustra “Alice” restando alla superficie.
Come doverosa premessa ad un pur lieve approccio al capolavoro di Lewis Carroll occorre ricordare che “Alice nel paese delle meraviglie” è un prodotto dell’età vittoriana di mezzo, ossia un lasso di tempo collocabile nella metà ottocento –rappresentato da un paio di lustri – che vide evolvere in modo vorticoso il gusto per il “nonsenso” nella letteratura orale e scritta per bimbi e nell’ambito della vignetta di critica sociale e politica. Jacovitti capita quasi per caso su “Alice” a distanza di quasi un secolo dalla sua nascita: all’inizio degli anni 50 del 1900. Il nostro lavora praticamente a tempo pieno per “Il Vittorioso” creando ancora tutta una serie di fumetti estremamente diversificati come temi presentati: pensiamo alla “favola” “Pasqualino e Pasqualone” oppure A “Pippo nel castello di Rococò” (e si potrebbe continuare l’elencazione) e gioca con le sue illustrazioni di “Alice nel paese delle meraviglie” usando lo stesso stile e la stessa introspezione leggera che ritroveremo nelle illustrazioni dell’ ultima pagina di “Capitan Walter”, pubblicazione che terrà poi banco per parecchi anni. Jac quindi illustra “Alice” nel 1953 per l’editrice “La Scuola” di Brescia, forse ancora con le riminescenze del quasi coevo e omonimo film disneyano (pubblicizzato attraverso un concorso [“Un mondo come piace a me”, proseguito anche nei primi numeri del 1952] a partire dalla fine del 1951 sulle pagine de “Il Vittorioso” stesso, n°44 , pagina che mescolava personaggi ed avvenimenti di “Alice” con quelli del suo seguito”Attraverso lo specchio”. Poiché i due libri di Carroll furono originariamente racconti orali e dato che lui aveva un talento indiscusso per creare gradevoli cadenze narrative orali, ecco nascere nonsensi lessicali piacevoli all’udito, parole anche completamente inventate. Ed ecco perché il cosiddetto baule immaginario di Carroll ( portmanteau ) – che anche Jacovitti quasi certamente tentò idealmente di aprire, racchiude la fusione di parecchi abbinamenti di due parole che poco dovrebbero avere qualcosa in comune, in modo da generare un termine nonsensicale. Faccio un esempio per noi poveri novizi: Snail+Shark = Snarck. La scelta è di duplice origine: di tipo fonetico e di genere puramente lessicale. Lumaca e squalo sono animali che nulla hanno in comune, ma i lori suoni si impastano bene. Così pare al sottoscritto, che non è bilingue e che di conseguenza non pensa mai in inglese, facilmente scrive in “maccheronico”, con parole come quelle che usò Jacovitti per i personaggi della saga western di Cocco Bill, che parlavano in lingue che sembravano vere ma in effetti erano assolutamente inventate. Tornando quindi ad “Alice”, per la storia nella storia del Tricheco e del Carpentiere, ho letto che per il primo termine Carroll fu categorico, ma per il secondo la scelta spettò al disegnatore Tenniel, che ebbe in generale forte voce in capitolo per quanto riguardava l’aspetto e l’identità di alcuni personaggi. Quindi a tutti coloro che si lambiccano il cervello per trovare un nesso fra Tricheco e Carpentiere consiglio la pace dei sensi: l’abbinamento dei due nomi fu praticamente casuale, ve lo dico io che per anni ho avuto un carteggio ideale con il sommo Gardener!
L’autobiografia lunga un secolo s’intreccia con l’amore-odio tra le molte singolarità di Alice e Attraverso lo specchio, la più curiosa delle quali è che Carroll fosse convinto inizialmente di aver rappresentato un sogno meraviglioso. Possibile che si illudesse a tal punto? Forse che questa sorta di “paradiso”, tanto anelato, dove Carrol attraverso Alice sembra smarrirsi ma in realtà tiene i piedi ben piantati per terra, non è visto e pensato come il “riflesso” di questo mondo? Con tutti i difetti e infarcito di elementi “fiabeschi”? Certo, il paese che Alice trova sottoterra è poco comprensibile, sgarbato e a volte sinistro e crudele: re idioti, regine malvage… e l’unica a seguire la ragione è… una ragazza mentre gli “adulti” hanno la testa… tra le “nuvole” coi loro “castelli in aria”! Va detto che fin da ragazzino Carroll scriveva storie fantastiche, inventava giochi linguistici o reali per intrattenere sorelle e fratelli.
Conosce Alice e sorelle, figlie tutte del rettore (Dean) del college dove lui insegna, nel 1876 o 1877, il viaggio estivo sul Tamigi (uno dei tanti) risale al 1862: qui racconta la storia della bimba che cade nella tana/buco del coniglio.
La narrazione orale fu poi integrata da pagine scritte in precedenza e pagine nuove.
Così accadde anche per “Attraverso lo specchio”.
Due libri nati e completati “per accrescimento”, lungamente meditati, corretti, in parte rifatti con parti tolte ed aggiunte.
Almeno, questo si impara leggendo e credo corrisponda al vero.
Va anche detto che per le prime edizioni stampate pagò tutte le spese lo stesso Carroll, quindi va scartata l’idea che l’autore pensasse al profitto. Certo, Carroll era un sognatore ad occhi aperti.
Dei suoi sogni veri – era insonne – Carrol parla dicendo che in genere erano sgradevoli, non di natura fiabesca.
Mah, credo che non sapremo *mai* che cosa realmente passasse per la testa del Nostro. Jacovitti per le sue illustrazioni dunque non potè fare altro che fermarsi alle apparenze. Poiché certo non si può negare che il nonsense presente in Carrol possa avere una traduzione di tipo espressivo, mentre una traduzione solamente letterale penso possa creare meno problemi, ma non possa creare l’atmosfera very british che vi si respira.
Non credo cosa di buon senso non tradurre tutti i suoi giochi di parole, omofonie e tutto il resto lasciandole in inglese. Occorre la doppia versione, fidando che il lettore italiano sia in grado di comprendere l’inglese.
Comunque la comprensione delle tre opere di Carrol, “Alice”, “Attraverso lo specchio” e “Caccia allo Snarck” credo sia ardua anche da parte dei bimbi contemporanei di lingua inglese.
Per gli adulti “scholars” sono state stampate nei decenni edizioni annotate, tre successive di Gardner e penso anche moltre altre.
Questo per offrire strumenti di comprensione, chiavi di decifrazione a livello semantico, storico e letterario, senza i quali l’accesso ai testi sarebbe superficiale oppure incompleto o travisato.
Quindi, se ne avete veramente voglia, aprite il borsellino e acquistate qualche edizione annotata, iniziando casomai dalla traduzione italiana di Masolino d’Amico della prima “Annotated Alice” di Martin Gardner, risalente in origine al 1960 ma proposta in italiano decenni dopo. Molti di noi hanno letto “Alice” e il suo seguito quando erano bambinetti, chissà in quali traduzioni… Lo dico e ribadisco poiché il fatto è che parecchie esternazioni di Carrol in “Alice” erano praticamente messaggi in codice comprensibili solo per chi allora studiava ad Oxford. Per questo sono indispensabili le note, quelle ovviamente delle edizioni annotate. Facile cadere in questa atmosfera “all’interno” delle avventure oniriche di Alice: il cavaliere bianco ci segue a rispettosa distanza e ogni tanto cade di lato, in avanti o all’indietro. Mah? Sulla scacchiera, poiché qui si ci riferisce ad “Attraverso lo specchio”, dove è una immensa scacchiera il terreno e il conseguente scenario nell’ambito del quale si dipana la vicenda, tale pezzo si muove seguendo un percorso “ad elle”, variabile su tre caselle in qualsiasi direzione: Masolino D’Amico (Tommaso per gli intimi) pensa che questa sia la causa delle sue frequenti cadute, io sinceramente no.
Il ghiro Dormouse appollaiato sulla mia spalla sinistra dorme beato in attesa del calar delle tenebre.
Il cappellaio matto si è ritirato nel suo maniero di Carmagnola per meditare sui diritti d’autore di Sebastiano Craveri. La lepre marzolina pare si sia accasata e stia aspettando la nascita dei pargoletti.
Bianconiglio si è trasferito in Francia. Mi pare per fare coppia con Luca Boschi nella questua che segue la loro esibizione con tappeto volante e cappello a cilindro. Mah??? Che freddo! Il sole è tramontato e in lontananza si intravedono le luci del maniero di Drygorge.
Fra mezza ora saremo arrivati, fra due dormiremo tutti tranquilli. Buona notte a tutti. La nebbia… una nebbia è scesa sulle cose del mondo. Complice anche l’oscurità non ci si vede a un metro di distanza. L’ormai amico cane dagli occhi fiammeggianti vorrebbe proseguire, ma io preferisco fermarmi, non vorrei cadere in qualche buco o smarrire la strada.
Siamo al limitar di quella che appare una estesa foresta, forse i bordi della famosa new forest?
La quercia gigantesca che più che vedere sento al tatto è in parte cava: un buon rifugio per la notte. Il ghiro Dormouse se l’è filata, ma in fin dei conti bisogna tener conto che è fondamentalmente un animale notturno.
Il cavaliere bianco ad un certo punto ha fatto dietro front: non ha dato spiegazioni, semplicemente è ritornato su i suoi passi, forse alla ricerca della sua casella, non so. Ho dormito malaccio questa notte, svegliandomi verso le prime luci dell’alba.
La nebbia persiste, Goliath è del parere che sia più ragionevole dirigersi verso Salisbury, anche perchè c’è una bella strada sterrata che colà si dirige.
Va beh, si cambia programma.
A rileggerci. Alla fine ho preso il treno che da Exeter porta a Salisbury. Il cane Goliah, in lacrime, è tornato alla sua desolata brughiera: gli ho solennemente promesso che nella prossima estate, salute permettendo, lo tornerò a trovare: appuntamento a Lytford Gorge, vicino all’omonimo Castle, Comunque alla fine ho parlato all’“Horse Inn” di Salisbury con Pietro Citati che così mi ha detto: «tra le molte singolarità di “Alice” e “Attraverso lo specchio”, la più curiosa è che Carroll fosse convinto di aver rappresentato un sogno meraviglioso. Possibile che si illudesse a tal punto? Che non cogliesse il significato più ovvio dei suoi libri? Il paese che Alice trova sottoterra è odioso, sgarbato e sinistro: re idioti, regine malvage e stolide, cuoche pazze, cappellai prigionieri del tempo, conigli nevrotici, tartarughe lagnose, linguisti geniali e megalomani, fiori scortesi perseguitano la gentile messaggera della nostra terra». Sospira l’amico Citati (che sto citando) e prosegue: «il nostro universo, dove regnano il Peso, ed il Numero, dove il tempo è rettilineo e gli oggetti impenetrabili, dove i libri si leggono da sinistra a destra e dal principio alla fine, affida il compito di conoscere l’altro universo al più amabile dei suoi messaggeri. I grandi limpidi occhi infantili di Alice rispecchiano fedelmente ogni minima notizia nel lago serio e incuriosito delle sue pupille. Ma sebbene Carroll la credesse “una creatura di sogno”, Alice appartiene interamente e saldamente al mondo che noi abitiamo. Nessuna creatura è più terrestre di lei, e possiede come lei lo spirito della realtà: ragionevolezza, buon senso, buona educazione, cortesia, diplomazia innata, capacità di giudizio, istinto pratico, tutte le qualità che ci aiutano a vivere sulla terra si combinano nella figura di questa deliziosa bambina vittoriana».
Guardo Citati e sorridendo gli stringo la mano. «Grazie Maestro, penso che lei abbia pienamente colto nel segno».
Tomaso Turchi
(Si ringrazia Mario Carlini per le immagini).
Brevissima bio/bibliografia
Piero Citati studia a Torino, dove frequenta l’Istituto Sociale e in seguito il liceo classico Massimo d’Azeglio. Nel 1942, dopo il bombardamento di Torino, si trasferisce con la famiglia in Liguria. Si laurea in Lettere moderne all’Università di Pisa, frequentando la Scuola Normale Superiore, nel 1951. Inizia la sua carriera di critico letterario collaborando a riviste come “Il Punto” (dove collabora a fianco di Pier Paolo Pasolini), “L’Approdo” e “Paragone”. Dal 1954 al 1959 insegna italiano nelle scuole professionali di Frascati e alla periferia di Roma. Negli anni sessanta comincia a scrivere per il quotidiano “Il Giorno”. Dal 1973 fino al 1988 è stato critico letterario del Corriere della Sera, e dal 1988 al 2011 di Repubblica. Attualmente scrive sulle pagine culturali del Corriere della Sera. Scrittore particolarmente poliedrico, si è cimentato con successo nella narrativa, nella saggistica e nelle biografie di grandi personaggi, soprattutto letterati (Kafka, Goethe, Tolstoj, Giacomo Leopardi ecc.). Varie sue pagine sono dedicate anche ai miti dei popoli antichi e della grecità (Omero innanzi tutto), non disdegnando di occuparsi di narratori come Francis Scott Fitzgerald e del tragico destino di sua moglie Zelda o di ideologie filosofico-religiose come l’Ermetismo.
(TPT)
#jacovitti #alice #lewiscarroll #lascuola #pierocitati
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Il giardino delle piante è deserto a quest’ora di notte e solo le poche luci che filtrano dalle finestre semichiuse del Museo paleontologico e di storia naturale mi suggeriscono che c’è ancora qualcuno che si aggira in questo luogo. Mi siedo su una ferrea panchina e attendo con pazienza avvolto in una ampia pelle di guanaco dono del vecchio amico Manco Capac, che ora vive qui a Parigi dalle parti della Gotte d’or, dove vende fiori freschi arraffati nottetempo dal cimitero di Montmartre.
Devo attendere le cinque del mattino, che non sono ovviamente della “tardes”, ma che intuisco è il momento giusto per passare dall’altra parte, nella ristretta fascia ucronica della città, spazio che si va gradualmente ma inesorabilmente restringendo. La falce di luna alta nel cielo trapuntato da qualche vago barlume mi fa sentire libero in questo mondo di sterco di cavallo Andaluso. Già, ci sarebbe anche le “Chien andalou”, ma quella è roba troppo intellettuale per un villico come il sottoscritto. Ecco, l’ora si avvicina, sono le 04,52, ancora otto minuti!
Al mio fianco appare dal nulla la grande lupa bianca, ex gatta e di giorno bella ma algida giornalista di “Le Monde”.” Tomaso, stai accorto, hai solo cinque minuti per entrare nel covo di Der Adler, poi l’universo ucronico imploderà annullando tutto quanto contiene. Sono le cinque del mattino, dai vai!!”. Corro verso l’ingresso del Museo di Storia naturale e con un balzo entro da una sorta di porta evanescente che tremula nella prima luci del mattino, la lupa mi segue veloce come un fulmine.Ecco sono all’interno, ho tempo solo cinque minuti. Seduti su vecchie sedie stile impero, Topor, Jacovitti, Caesar in catene sono ammutoliti e il Dottor Faust in divisa di generale della Kriegen Marine e scherani al suo seguito stanno disponendo sul grande tavolo da lavoro le carte colorate tratte dal mazzo disposto con ordine sul tavolo: che cosa stanno progettando senza punto di domanda: si voltano, mi vedono e sogghignano! Mi pare di intravedere dietro di loro l’immagine sfocata di Mefistofele con mantellina rosso infernale che lo avvolge!!
Processo a Romano il Legionario da parte dei nazisti ucronici
1. il perno di tutta questa faccenda veduta a vista è poco comprensibile, ma ha come origine e ruota intorno ad un periodo della vita di Kurt Caesar, fra il 1940 e 1944/45: nel mio sviluppo della trama degli avvenimenti entra l’invenzione, cioè il processo a Caesar e Jacovitti accusati di attentato a Hitler nel mese di Giugno del 1940 a Parigi ( grosso orologio/bomba a taschino indossato in duplice copia da Caesar e Jacovitti conosciutisi in primavera 1940 alla redazione romana de “Il Vittorioso”!!) appena occupata dall’esercito tedesco, e con successiva visita del Fhurer accompagnato e scortato da un folto gruppo di militari tedeschi fra i quali il suo fedele architetto Von Speer, fatto storico ben documentato dalla propaganda di allora e conservatosi fino al giorno di oggi, rintracciabile in Internet!!!! Io ho tentato l’anno scorso in Marzo di far passare in un post de gli amici di Jacovitti non facebook, questa storia con corredo di immagini, ma l’Amministratore del sito equivocò scambiando il mio intervento come filo nazifascista!! Uscii dal sito e il mio lavoro fu fagocitato dagli amministratori del sito stesso, io rimasi a bocca asciutta!!
Il fatto che invece sto narrando l’ho organizzato organizzato ora che i diavoli mefistofelici sono sprofondati nella voragine infernale per merito mio, che per la loro tracotanza ( il riferimento, se volete, è anche al presente del 2023, con personaggi al potere che prepotenti si manifestano senza pudore alcuno) e li ho sbeffeggiati per la loro assoluta mancanza di un organo anatomico che li affianca in questo singolare particolare, agli angeli celesti loro avversari viscerali!! Per questo mio equanime desiderio di giustizia, sono stato idealmente apprezzato sia da Caesar che da da Jacovitti mentre Topor dormiva profondamente , messi in catene da questa congrega di nazisti ucronici che non si sono rassegnati alla probabile scomparsa del loro mondo temporale!! Si, certo, rimane il fatto per alcuni ambiguo, e cioè che dal 1938 al 1943 Caesar disegna l’epopea di Romano inizialmente legionario, poi patriota e viaggiatore giornalista surreale in un mondo di quasi fantasia, o se volete, di parziale evasione nell’ucronia ante letteram!! La lupa bianco al mio fianco si volge e guardandomi stupefatta aspetta la mia conclusione sul senso di tale asserzione! “Bah, si, Kurt Caesar uomo anche di grande voglia di inventare, involontariamente o no, crea un mondo che al giorno di oggi appare irreale, mescolanza di realtà e invenzione!! Anche i mezzi bellici compresi aeroplani e carri armati, sommergibili e cannoni di ogni tipo tanto applauditi per la loro materialità ingannevole e non percepita in modo tale, sono stati manipolati dall’inventiva di Caesar che li ha trasformati a suo piacere tecnico/estetico!! Possibile?? Beh, tenete conto che contemporaneamente Caesar per l’editore Mondadori realizza su testi di Federico Pedrocchi le storie avventurose aviatorie di tipo noir, di Will Sparrow pirata dell’aria! Su “Paperino”, poi proseguite sull’”Audace” dell’editore Vecchi, poi Mondadori e infine Bonelli!! Questo è il contesto specifico che mette bene in luce la personalità artistico/avventurosa di Caesar portata a calcare sull’Immaginario!!! Altro che filo fascista!! “Ma sei diventato matto”, mi sussurra la lupa, in realtà di giorno giornalista di un famoso quotidiano francese e quindi di fatto al servizio di una ben definita ideologia artefatta!!”; ansiosamente uggiola indecisa sul da farsi non volendo contrastarmi, perché il suo amore puro travalica le idealogie politiche giornalistiche!!.
Ah, penso io guardandomi bene intorno, il dottor Faust, quella carogna, è Der Adler in persona e viceversa, e tutti gli altri suoi scherani? parte dell’accusa di questo pazzesco tribunale scaturito da un mondo sostanzialmente ucronico, dove vuole andare a parare??!! Manca un minuto e trenta secondi alla sua distruzione, con un balzo volo sul tavolo scompigliando la carte disposte per creare un aspetto differente del prossimo futuro, i tarocchi secondo il metodo Calvino progettano la mia fine all’isola di Jersey perennemente in mano nazista per un tempo praticamente infinito!! Lo capisco dalla loro disposizione! Un piano diabolico??’ afferro il mazzo di carte ancora da essere state usate e me le infilo in saccoccia, poi fra le grida e la confusione generale mi volgo verso la porta che tremula sempre di più e seguito dalla lupa bianca con tre passi e un ultimo slancio l’oltrepasso!!
Fuori brilla il sole e l’orologio della torre della Gare de Lyon segna le sue ore!
Ah, il sole, l’aria frizzante della superficie erbosa, lo stormir delle fronde, ecc,ecc.
Gabriel e Sauro in veste di grand ufficiali della Milizia Mariana e Jacovitti seduti a torso seminudo all’esterno del Bistrot della piazza antistante alla Senna sul Quai de Austerlitz, ci salutano agitando la mano!! Sono esterefatto, ma che cosa è in verità veramente accaduto?? Che cosè questo rimescolamento di carte?’ Opera di Calvino??’
Mi siedo con un sospiro di sollievo.
“Che bevi” mi fa Jacovitti che sta sorbendo un calvados di annata.
Io sono indeciso:” va beh, un bicchiere di latte macchiato, senza schiuma !! Ahh, ora, sull’onda del successo che da alcuni anni accompagna l’operato di alcuni editori che mettono sul mercato volumi su Jacovitti e/o “Il Vittorioso”, varie editrici tentano di cavalcare l’onda di questo in un certo senso inaspettato svilupparsi degli eventi. Si pensi ora anno di grazia 2023, al centenario della nascita di Jacovitti stesso, saggi e articoli in via di essere messi in vendita!!
Mi guarda beffardo il grande Jac: “ma che ti aspettavi?? il mercato delle vendite deve filare sempre a tutto vapore!! E’ cosa risaputa!!” Si accende il solito avana e in groppa alla sua bicicletta si appresta a iniziare la pedalata sospirando: “devo tornare a Roma dove Colabelli ha preparato per me una colossale festa di compleanno per il cenenario della nascita!!”.
A Roma?? ma saranno almeno 1500 chilometri!!!
“ Colabelli ha invitato pure Alice, quella disegnata da Hamelin non quella illustrata dal sottoscritto – parla sempre Jac- per l’editrice di Brescia negli anni 50!!, un disegnatore che apprezzo poco, ma Alice è fortemente raccomandata da Raymond Queneau che esige anche che la prefazione sia l’intervento da te scritto per gli “Amici del Vittorioso”sito facebook nel 2017, apparso originariamente anche in forma leggermente diversa su “Vitt & Dintorni” su un numero della rivista nel 2014!! e io non mi posso opporre”. Io penso e vorrei esprimermi a proposito, ma la voce di Jac riparte, ci penserò dopo… Jac sospira:”spero solo che non ci sia di nuovo quella peste di Zazie, una bimba veramente insopportabile che sempre parla nel suo francese popolare incomprensibile per me che ho studiato quella lingua solo per tre anni quando ne avevo tredici o quattordici, anni, e che di conseguenza di tutto quello scibile transalpino ricordo solo una poesia; la recitai tempo fa anche a Michel Pierre, il quale rimase allibito.
Mah, che vita!!”
Fra le nuvole, lassù ben in alto, si ode un brontolio come di tuono foriero di tempesta!!
Dai, dai, dentro al bistrot altrimenti ci inzuppiamo!!
Sauro rimane immobile suggendo con indifferenze direttamente dalla caraffa di irish coffee: il fatto che il suo copricapo sia assai voluminoso lo aiuta, ma certo non uscirà indenne dalla terribile tempesta che si appresta a scatenare il suo evidente malumore . Ma lui è fatto così, sta certamente pensando a qualche nuova piulzella che ha adocchiato !! Mah? Va beh, intanto son qui riparato all’interno del Bistrot “Porte des Lilas” Mi avvicino alla porta vetrata e guardo all’esterno. Accidenti , Sauro è laggiù in balia della piena, galleggia in pochi decimetri d’acqua e sta imboccando un boulevard in accentuata discesa che lo trascinerà da porte de Lillas in basso fino alla grande fontana dalle mille lame, opera dell’artista patagone Mollock von Strozzen, di origine teutonica!!
Micia, lo devo pure ribadire, é contenta di trovarsi all’aperto, scodinzola e si lecca il pelo!!Il giardino delle piante pullula di turisti, fra di loro attoniti solo Jacovitti, Topor e Caesar si guardano intorno stupefatti, al loro lato Gabriel con Zazie e il Dodo con Alice non attualmente nel paese meraviglioso, si dirigono verso il bateau mouche che sta per partire in direzione Le Havre, per fermarsi a Giverny, suppongo all’altezza della residenza che fu del pittore Monet e della famosa interpretazione pittorica delle “Ninfee”, capolavoro di Monet mezzo cieco e assai vecchio per i tempi, prossimo a lasciare questo mondo di angosce!! Il giardino delle piante pullula sempre più di turisti, fra i quali molti mi sembrano spie ed investigatori del “Nuovo ordine ucronico”. Fra di loro si mescolano “Craveri, Caesar e Jacovitti”, ma se replicanti o veri umani non potrei assolutamente dire!! l’aria è calda, un lieve vento giunge dalla Senna facendo fremere steli e foglie. I rami invece non si muovono di un millimetro. La gattina bianca, Micia per gli intimi, mi guarda arrotolando la coda per la gioia di trovarsi all’aperto. Mi siedo su una panchina e guardando in lontananza intuisco che l’universo ucronico si è ristretto fino a scomparire, anche se per il noto paradosso temporale conosciuto con il nome di “Ulisse ( o la Lepre,se preferite) e la tartaruga”, il tempo che mancava all’implosione non è finito e continua a dividersi nella misura di miliardi di microsecondi. Mah, che ci volete fare, qui, in questo istante per me corre l’anno di grazia 2016, mentre voi leggete nel 2023!!
Magnus mi guarda con espressione triste e con una vaga luce di curiosità negli occhi. Non si ricorda più di me, che nel lontano anno scolastico 1966/67 son stato saltuariamente suoalter ego compagno di classe al lice artistico di Bologna, con il nome di battaglia di “Il Bobo” ( deformazione diBob Hope). “, Raviola seguimi e non mi chiedere nulla, poi ti spiegherò quele sarà il tuo ruolo nel tentativo di strappare Milady dalle gtinfie del losco commerciate levantino El Pignatah: intanto via da qua, prima che i legionari della fiamma ci rintraccino e ci facciano a pezzi!! Il trucco è vecchio come il mondo: si sale al volo su di un treno in partenza e appena si muove si scende dall’opposto binario, anche a costo di dover saltare sulle rotaie ( dopo aver controllato che non stia transitando proprio su quel binario un altro convoglio e questo per per evitare sfracelli). Io quindi seguo il consolidato sistema, il “canone” della vera spia o agente segreto, oppure semplicemente uomo che per motivi suoi si vuole o deve defilare! Che so, Sauro the Pennacchius erectus ( non siate maligni, voglio solo ribadire che Sauro è sì certamente “homo erectus” ma non necessariamente sapiens sapiens….) che fugge inseguito da un marito o amante geloso, così, tanto per dire, Mi faccio 4 piani a piedi e alla fine esco a riveder finalmente le stelle! Sono stanco e ho sete, dopotutto ho passato l’età per fare tali esercizi . Sto suggendo con voluttà qui al bistrot “Chien andalou” un triplo cafè au lait nel quale inzuppo contemporaneamente tre croissant alla marmellata di prugne nere, quando un grosso pappagallo tutto bianco arriva sbattendo le ali. Si accomoda sul mio avambraccio sinistro e guardandomi fissamente mi saluta: “ Ciao cocco bello, luce delle mie pupille, che l’alba radiosa sia con te” . Non faccio in tempo ad accorgermi che ha notato i croissants che già con movenze aggraziate e fulminee ne ha già inghiottito ben due, dei tre dolcetti!! Per di più inzuppati di caffè e latte, in modo tale che la tazza appare ora desolatamente vuota: Il terzo croissant , a costo di soffocare, l’ho inghiottito in un colpo solo, senza mastice e con il rischio di strozzarmi!.Il pennuto sorride compiaciuto della mia prontezza inghiottitrice e con un piccolo sospiro inizia a celiare:” mi manda quel cavolo di cane intelligente che insieme alla lupa bianca – che mi pare in calore- fanno coppia fissa! Chiedo venia di quello che ti dirò, ma ho dovuto giurare sulla fiamma tricolore che reciterò tutto quanto a puntino, in caso contrario mi converrà imbarcarmi sul primo cargo in partenza per il Brasile!!” Si ferma un attimo il pennuto, mi fa l’occhiolino e con un lieve sogghigno sul becco riprende”: neIl sistema di idee associato al nome “High Castle” vale la pena di essere fatta notare una cosa. Dick afferma che il particolare castello che aveva in mente quando ha scelsce il nome era Vysehrad, una fortezza vicina a Praga venerata dai Boemi a causa del ruolo che ebbe nella Guerra dei Trent ‘anni”. In lontananza si odono rumore di tacchi di stivalone ed abbaiare di cani, cavolo, sono quei rompipalle della guardia nazionale della fiamma, certamente mi stanno cercando per mandarmi al macello della Villette per fare di me tritato per hamburger!!. Raviola sbianca in volto ed estrae una scatoletta di tasca, la apre e ne prende una pillola color rancione vermiglione ( un tono cromatico tipico del Tintoretto) che subito tenta di inghiottire: fa fatica ad inghiottirla, forse per la forte emozione, e solo l’intervento di un antropoide – è un tizio che viaggia nel Tempo, qui è in anticipo sui normali avvenimenti narrati e questo condurrà poi inesorabilmente alla fine al “Giardino delle piante” e Il Museo di Storia naturale”, dobe ,si suppone, der Alter ex Dottor Faust ringiovanito da quel tirapiedi dell’alchimista Claudius Mefistofele – che lo percuote ritmicamente sulla schiena , risolve il problema, poi si carica senza sforzo apparente Raviola sul groppone e in un battibaleno giù verso il basso. Io seguo il pappagallo che volando raso terra si è infilato anche lui giù per le lignee scale en colimachon in pregiato stile art nouveau della cantina sottostante il bistrot!
Si tratta di una vasta locale con soffitto a botte di quasi certa origine romana del tempo della tarda Repubblica, con migliaia di bottiglie adagiate negli appositi scaffali e una decina di grandi botti appoggiate alla parete di fondo.Il pappagallo sale sulla prima e con il becco batte aritmicamente il ritmo di “Grazie dei fior” producendosi contemporaneamente in una pregiovole imitazione della cantante Nilla Pizzi ( divoratrice di uomini, con preferenza per i toy boys sul tipo bel moretto qual era a quei tempi il nostro Sauro), Si spalanca una apertura nella botte e una mano scimmiesca attaccata a un nerboruto avambraccio vagamente umano ci afferra e ci tira dentro alla botte che automaticamente si chiude sigillandosi in modo perfetto!! “Bravo Tumbo” bisbiglia il pappagallo! L’uomo scimmia lo zittisce e con il’alfabeto degli antropoidi sordomiti ci comunica:” presto, voi due cretini e specialmente a te Bacicin Parodi, cervello di gallina, su, seguitemi senza fiatare, se volete salvar la vostra pelle!!”.
Io corro a quattro gambe seguendo l’antropoide e dopo un tempo interminabile e infinite deviazioni si troviamo in cima della colonna della Bastiglia, dove seduto su un lussuoso tappeto afgano un tizio tutto avvolto in mantello, copricapo e sciarpa che gli copre parzialmente il muso nero come la pece ci attende fumando placidamente il narghilé. “Ciao, fessachiotti squittisce lo strano essere, preparatevi ad essere sadicamente torturati dai miei scherani, e così dicendo alza una sorta di dito artigliato e indica il cielo, dove tre aquile reali scozzesi stanno volteggiando sopra il nostro capo! Raviola apre gli occhi e guardatosi intorno strabuzza gli occhi e con un rauco sospiro si accascia svenuto!!
“Un momento” grugnisce l’antropoide, prima vorrei sentire il seguito del messaggio del qui presente pappagallo Bacicin, perché ho l’ordine tassativo di Rimmel il toporagno del deserto, di riferire poi il tutto alla commissione “Affari per l’Africa”, presieduta dal grande Califfo marinaretto D’Alema”.
Abbiate pazienza, io sono in balia della narrazione, poi mi farò valere e tenterò di far parlare Raviola rimembrando l’ultimo anno bolognese di liceo artistico, quando io andovo con raviola a casa sua solo per vedere sua cugina sedicenne dalle belle poppe!! Ah che tempi. Io a scuola ci andavo di Rado, ero sempre ai Giardini Margherita con la bella cuginetta Mariuccia che salendo su un alberto tortuoso, un vecchio cedro del Libano, si dimenava in modo tale mostrando quello che teneva fra le gambe, il famoso “pelo” che allora per me era cosa sconosciuta e che fu alla fine la causa della bocciatura a scuola: non me ne pento!!
Guido 6 Febbraio 2021, 14:00 Rispondi
incredibile sequela di commenti…li ho letti con gran piacere.Forse nn avrà avuto seguito cone fumettista, ma come scrittore potrebbe essere un Borges, anzi meglio. Il suo Ricordo di Magnus che traspare in mezzo a mille immagini, mi commuove, sul serio, e mi trasporta nel suo, nel vostro mondo meglio di una fotografia. Grazie di cuore
tomaso Prospero 3 Novembre 2016, 11:30 Rispondi
In effetti si trattava dell’anno scolastico 1956/57, quando avevo 18/19 anni e arrivai a Bologna dopo la fine degli studi a Modena all’Istituro D’Arte “Venturi”, conclusosi per me con scarsa gloria, fuorché in educazione fisica (10) e Italiano: per quanto riguardava il disegno, la materia più importante, mi piaceva solo copiare le storie a fumetti di Kinowa disegnato dalla triade EsseGesse e inventarmi storielline con tre cloni di Pippo, Pertica e Palla, personaggi amatissimi di Jacovitti. Facevo anche paginoni con panoramiche in prospettiva applicando la teoria delle ombre, dove ero veramente esperto.
Però a Bologna, sia al liceo artistico poi all’Accademia, c’erano dei geni come Raviola ed io con i miei disegni e la mie storie scritte di tipo fantastico ero solo un povero fesso illuso: non potevo competere. Me ne accorsi e partii per il servizio di volontario di leva in Marina: volevo andare al mare e non in qualche nebbiosa caserma del Veneto con i “polentoni” già allora teste di cavolo!!
E a Raviola”” a dire il vero non ci pensai più: Milady la vidi per la prima volta allìnizio degli anni 8o; “Lo Sconosciuto” su “Orient Express” , mi pare nel 1982, mi parve tortuoso a la storia involuta.
Ho sempre avuto l’impressione che Magnus sia stato un genio quasi sprecato, con quella fissazione per la figura grottesco/umoristica, realizzata con segno pesante, con tutti quei neri, non so se espressione spontanea o indotta dai datori di lavoro o dal suo socio Secchi in arte Bunker. Si, le storie di Alan Ford erano godibili per l’accozzaglia di personaggi che le componevano, ma poi i disegnatori erano più di uno , con Pifferario (?) che imitava benissimo sia storie di quel genere ma anche disegnatori realistici come, ad esempio, Renato Polese dei giorni migliori.
Non sono d’accordo con tutti coloro che hanno tirato pietre sul “Texone”, dove anche se si notano interventi di mani estranee ( ma Raviola era ammalato:::) credo che le doti e le potenzialità del Nostro si possano notare, ed anche apprezzare , a meno che ci sia chi odia il lavoro in punta di fioretto. Sauro mi pare ha sempre avuto da dire sugli sfondi tanto elaborati…. dove mai sta scritto che lo sfondo deve essere sintetico. Si sono disegnatori, Rosinsky tanto per farne uno, che negli fra gli ottanta ed inizio novanti, ha dato un esempio straordinari di integrazione fra figura e sfondo, con un tocco di pittoricità e di grottesco in certe figure umane, con quel bel tratteggio un poco “sporco”, lontano dalla meccanicità esecutiva di tanti disegnatori inchiostratori di super eroi ma anche qui in europa della “Linea chiara”!!
Va beh, il mondo è bello perché è vario: viva la diversità, viva il capitone, olè!!
Va beh, ora devo pensare a che far fare all’antropoide fuori tempo, che appare e dispare dalla trama che ho in mente creando paradossi per me totalmente assurdi.Sospetto anche che la dolce Mariuccia, che MAI me la dette, abbia avuto una tresca con quello scimmione, che era sveltissimo nell’uso del suo “aggegggo” anche se poi a ben ricordare, in genere gli antroppidi, specie i gorilla, non son molto ben attrezzati.Ma chissà, l’eterea , bionda Mariuccia forse trovava in quell’energumeno qualcosa che a me di certo mancava. Comunque non mi scorderò mai i Giardini Margherita di Bologna e i suoi cedri del Libano!!
Manu Libera 4 Novembre 2016, 12:16 Rispondi
Provo a infilarmi tra gli schiaccianti commenti di Tom Zolfanello, detto Lo svedese, che infiammano e intasano questo giornale. Voglio complimentarmi per l’articolo e le fantastiche tavole da collezione. Magnus aveva una capacità unica nel rendere le espressioni facciali, i suoi personaggi recitano. Spettacolare!
tomaso Prospero 4 Novembre 2016, 21:51 Rispondi
“Già”, sospiro io osservando il fantastico Roland, francese di origine polacca, acuto indagatore dell’inconscio che sta disegnando un bel ritratto idealizzato di Manus, ammiratrice veloce di Magnus. E il cane Ezechiel, il post ominide discendente del Sapiens Sapiens ( arriva dal 28° secolo!). De la Rue mi si si avvicina e bisbiglia:” domani arriverà in visita alll’ atelier di Manus la redazione di “Vitt & Dintorni”, accompagnata dal direttore Gorlaz e dal Grafico Bruni Maggi!o. Si tratta di Anita Garibaldi, Caesar e Pico; sono sospettosi e hanno avuto l’incarico da “Oltretevere” di portare avanti una discreta indagine su queste strane apparizioni! che sono avvenute al Museo delle arti e mestieri”. Io annuisco:” si, si, ne sono a conoscenza, la talpa che risiede in Vaticano mi tiene costantemente al corrente, monsignor Jornaes è un vecchio amico”. Stringo la mano ad ambedue, li saluto e salgo le scale pensando che la visita di questi emissari del buon Papa Francisco costituiranno certo un problema. Mah?? ci penserò fra un’oretta.. intanto esco a fare due passi per snebbiarmi il cervello. Sto sempre pensando al fatto che ho casualmente sorpreso Manus che con aria schiva si sbarbava con un rasoio elettrico a pile!! Cavolo, il dubbio che mi sorge è facile da indovinare.
Mah, va beh, giuro che questa è l’ultima volta che intaso qualcosa, poichè Sauro mi ha mandato due guardie del corpo per proteggermi proprio da Manus, che si sosspetta sia un killer a capo di una ciurma di sgherri che viaggiano su una peniche da nord a sud della Senna.
hi l’avrebbe mai detto?
Già, ma il cervello rimane confuso e le idee vagano in una sorta di pre limbo gestazionale. Ma, cammina, cammina dove sono giunto?? Sono con il naso appiccicato alla vetrina di una invitante brasserie : perché non entrare? Già, ora che dentro ci sono ho la sorpresa di trovarmi fra vecchi amici che allegramente mi invitano al loro tavolo per assaggiare un piatto della famosa “Bistecca Montparnasse!! Non abboccate, si tratta di fegato di vitello impanato e fritto!!
Manus me lo confidò alle prime luci dell’alba in un livido mattino di Gennaio l’anno scorso, mentre insieme a Harrison Ford cercava di liberare la di lui consorte rapita da tre balordi somali con passaporto britannico: un vero rebus!
Tomaso Prospero 5 Novembre 2016, 13:07 Rispondi
Mah? ehi Manus svelta, eri tu quel tipo male in arnese che questuava vendendo caldarroste all’angolo di Place des Lilas?? Alla mia vista quel tizio se la diede a gambe e correva come una lepre inseguita da un bracco!! dalle guance ispide e il naso arrossato ( faceva un freddo cane laggiù ai confini nord est della banlieu) mi parve di riconoscerti. Ma perché poi ridurti in tale guisa? anche a Parigi c’è la mensa Caritas per i poveri derelitti!! Perché di fatto tale tu sei, altrimenti perché ridursi a vendere caldarroste , fra l’altro fregate dal negozio che le vende ad un tiro di schioppo! Dai, con me che son peggio di te e travi ne ho a bizzeffe in ambedue gli occhi, ti puoi confessare: perchè scrivi quelle storie proibite ai minori, quale demonio ti ha morso ??
Vieni da padre Sberlocchia che ascolterà i tuoi lai e previa viziosa penitenza ti assolverà.
Non tentennare, poichè son io padre Sberlocchia, lavoro che faccio abusivamente e a tempo perso!! Non temere, sono ottantenne e la tentazione della carne è per me cosa remota.
tomaso Prospero 6 Novembre 2016, 12:48 Rispondi
Mi ero illuso di aver in qualche modo convinto Manus sveltina a venire qui al museo Arti e Mestieri. Quindi è per questo che son qui che aspetto da più di un’ora con le pive nel sacco: fuori piove con inusitata insistenza per il mese di Novembre, dall’Alantico insieme alla pioggia arriva un vento impetuoso che a scatti mi fa quasi volare via il berretto di tela blu con lunga visiera che calcato sulla testa mi protegge dalle intemperie.
Una voce al mio fianco mi fa sobbalzare:” ehi, pollo, sei tu quello che aspetta il fachiro diplomato??”.
Ho riconosciuto la voce:purtroppo trattasi sempre di lei, la pestifera fanciulla che mi perseguita con il suo eccitante silenzio. Ahhh, sospiro:”Manina mia bella, astuta demononessa ma che ci fai qui e che vuoi da me??”.
Manina sorride e mi porge una busta dicendo: leggi un poco qua mammalucco!!”
Apro in fretta la busta ed estraggo il foglio ivi contenuto .
Perbacco!! il solito messaggio in codice che qua non riporto per eccitare la vostra ovvia curiosità!
tomaso prospero 6 Novembre 2016, 20:02 Rispondi
Ma di chi è questo messaggio?? beh, ovviamente di Saurodan, si proprio lui, un ignobile finto fachiro da due soldi che per evadere il fisco ( guadagna milioni con il “Giornale Pop” ormai diffuso in tutto l’orbe terracqueo!!) si finge miserabile! Per campare si arrabatta con piccoli trucchi, di nuovo libero dopo aver scontato la sua ultima pena (d’amore): quale?? nei panni di Manina allegra è stato rifiutato da un noto ballerino classico, etoile della Scala e dintorni. Ahhh, che vedo?? il noto killer prezzolato dall’ignobile fachiro Saurodan alias manuzza arrapata ( cioè, Manuzza Arrapata è il killer?? ditemelo voi, poichè io a questo punto non riesco a seguir il filo del discorso di quell’alienato di T.P, già conosciuto per i suoi scritti che parlano solo di aria fritta e rifritta! Insomma, chi ne ha potere tolga di mezzo questo mezzo matto!!), è uscito or ora dalla Gare Saint Lazare seguito da una decina di girovaghi della Romania dell’est, probabilmente suoi fedeli scherani!! Che fare?
Con la coda dell’occhio vedo l’autobus della linea “S” n° 26.
Con un balzo salgo sul bus: sono salvo?? magari!! vedo seduto nell’ultima fila che un vecchio cencioso ambulante venditore di ristampe di albi a fumetti spacciate per originali anteguerra mi sta osservando. E’ proprio lui, l’inqualificabile marrano Nero la Pignatta che pur vivendo nel lusso più sfrenato puzza come un cesso come se non avesse il grisbi per acquistare un pezzo di sapone. Ma perché questi speculatori del fumetto detto di antiquariato sono anche di aspetto così ributtante??
Lo conosco dal 1943 , purtroppo! . Già alle elementari mi rubava “Il Vittorioso” approfittando del fatto che io in classe dormivo ad occhi aperti per ricuperare il sonno perso alla notte a causa delle ore passate nel rifugio antiaereo a causa di “Pippo”, un aereo inglese che ogni santa notte sganciava bombe a casaccio su Quartirolo di Carpi, dove ero sfollato con famiglia a casa si mio prozio Uggero, antifascista e pluridecorato della prima guerra mondiale. Per il fatto che sua bisnonna, Rachele Rimini, era ebrea lo volevano deportare a Fossili e poi in Germania! Maiali nazifascisti!! , Va beh, ma anche il mio compagno di classe era un criminale nazista?? Beh, lui aveva solo sette o otto anni…. forse in erba era un potenziale criminale, forse. I suoi genitori?? non lo so, non mi ricordo nemmeno il loro cognome. Comunque lui per ridarmi i Vittoriosi rubati voleva servizi in natura che io ho sempre rifiutato! Due volte l’ho spinto in inverno dentro ad un grosso canale irriguo, colmo di acqua limacciosa. Quel miserabile si è sempre salvato, inducendomi in tal modo a pensare che non esiste giustizia su questa terra e neppure in cielo.
Dopo settanta e più anni me lo ritrovo sempre fra i piedi anche qui qui a Parigi, ora nelle vesti di clochard, oppure in raffinata ed elegante tenuta di cicisbeo sempre sottobraccio a qualche gran dama imparentata con chi rappresenta il POTERE.
Dick73 23 Giugno 2021, 9:40 Rispondi
Non ho mai letto “Lo Sconosciuto”, non lo conosco granché. Ma… ehm… mi consentite una curiosità probabilmente “infantile e maschilista” che mi viene in mente scorrendo questo post? Ma questo qui… non scopa mai? Voglio dire, scopano gli altri, l’autista, ecc, ma lui no, sta lì a fare il (finto) “duro”, ma poi nisba… o mi sbaglio io conoscendo poco o niente il fumetto.
Seguito dell’ articolo “franccese” del 2018 su “Vitt & Dintorni” numero 38.
Il giardino delle piante è deserto a quest’ora di notte e solo le poche luci che filtrano dalle finestre semichiuse del Museo paleontologico e di storia naturale mi suggeriscono che c’è ancora qualcuno che si aggira in questo luogo. Mi siedo su una ferrea panchina e attendo con pazienza avvolto in una ampia pelle di guanaco dono del vecchio amico Manco Capac, che ora vive qui a Parigi dalle parti della Gotte d’or, dove vende fiori freschi arraffati nottetempo dal cimitero di Montmartre.
Devo attendere le cinque del mattino, che nono sono ovviamente della “tardes”, ma che intuisco è il momento giusto per passare dall’altra parte, nella ristretta fascia ucronica della città, spazio che si va gradualmente ma inesorabilmente restringendo. La falce di luna alta nel cielo trapuntato da qualche vago barlume mi fa sentire libero in questo mondo di sterco di cavallo Andaluso. Già, ci sarebbe anche le chien andalou, ma quella è roba troppo intellettuale per un villico come il sottoscritto.Ecco , l’ora si avvicina, sono le 04,52, ancora otto minuti!
Al mio fianco appare dal nulla la grande lupa bianca, ex gatta e di giorno bella ma algida giornalista di “Le Monde”.” Tomaso, stai accorto, hai solo cinque minuti per entrare nel covo di Der Adler, poi l’universo ucronico imploderà annullando tutto quanto contiene. Sono le cinque del mattino, dai vai!!”. Corro verso l’ingresso del Museo di Storia naturale e con un balzo entro da una sorta di porta evanescente che tremula nella prima luci del mattino, la lupa mi segue veloce come un fulmine.Ecco sono all’interno, ho tempo solo cinque minuti. Seduti su vecchie sedie stile impero, Topor, Jacovitti, Caesar in catene e il Dottor Faust in divisa di generale della Kriegen Marine con a fianco Mesfistofele Klaudius tutto in rosso, stanno disponendo sul grande tavolo da lavoro le carte colorate tratte dal mazzo disposto con ordine sul tavolo. La lupa al mio fianco si volge e guardandomi ansiosamente uggiola indecisa sul da farsi.
Ah, penso, il dottor Faust, quella carogna, è Der Adler in persona, e tutti gli altri i suoi scherani?. Manca un minuto e trenta secondi, con un balzo volo sul tavolo ed afferro il mazzo di carte, poi fra le grida e la confusione generale mi volgo verso la porta che tremula sempre di più e seguito dalla lupa bianca con tre passi e un ultimo slancio l’oltrepasso!!
Fuori brilla il sole e l’orologio della torre della Gare de Lyon segna le sue ore! Il giardino delle piante pullula di turisti, fra i quali si aggirano tranquillamente Jacovitti, Topor e Caesar in divisa di ufficiale della Wermacht, più in lontananza Zazie con accanto lo zio Gabriel che sta malmenando un importuno, mentre Alice stupefatta mi ha visto e agita la mano per richiamare la mia attenzione! l’aria è calda, un lieve vento giunge dalla Senna facendo fremere steli e foglie. I rami invece non si muovono di un millimetro e il gatto dello Chescire. Ora invisibile mostra il suo sorriso e denti splendenti!! La gattina bianca, Micia per gli intimi, mi guarda arrotolando la coda per la gioia di trovarsi all’aperto. Mi siedo su una panchina e guardando in lontananza guardando in alto intravedo l’idrovolante degli Amici del Vittorioso che volteggia proprio su dinoi: ben visibile è Santi con in mano un paio di bombe deflagranti che osserva bene il punto dove ci troviamo!! Ahh, anche loro al soldo di Der Alter e Faust con lo scherano Claudius Mefistofel in agguato!! Roba da Pazzi e venduti al nemico ucronico!! intuisco che l’universo ucronico si è ristretto fino a scomparire, anche se per il noto paradosso temporale conosciuto con il nome di “Ulisse ( o la Lepre,se preferite) e la tartaruga”, il tempo che mancava all’implosione non è finito e continua a dividersi nella misura di miliardi di microsecondi. Mah, che ci volete fare, qui, in questo istante per me corre l’anno di grazia 2016, mentre voi leggete nel 2023!!
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Tomaso Prospero Turchi
9 Febbraio 2023 at 19:36
VERSIONE NUMERO DUE: corro verso l’ingresso del Museo di Storia naturale e con un balzo entro da una sorta di porta evanescente che tremula nella prima luci del mattino, la lupa mi segue veloce come un fulmine.Ecco sono all’interno, ho tempo solo cinque minuti. Seduti su vecchie sedie stile impero, Topor, Jacovitti, Caesar in catene sono ammutoliti e il Dottor Faust in divisa di generale della Kriegen Marinee scherani stanno disponendo sul grande tavolo da lavoro le carte colorate tratte dal mazzo disposto con ordine sul tavolo: che cosa stanno progettando:si voltano, mi vedono e sogghignano! . La lupa al mio fianco si volge e guardandomi ansiosamente uggiola indecisa sul da farsi,vede Mefistofel lo Klaudius e con un balzo gli è addosso e lo azzanna con diletto alla carotide!!
Ah, penso, peggio per lui creatura degli inferi, e il dottor Faust, quella carogna, è Der Adler in persona, e tutti gli altri i suoi scherani?. Manca un minuto e trenta secondi, con un balzo volo sul tavolo scompigliando la carte disposte per creare un aspetto differente del prossimo futuro, i tarocchi secondo il metodo Calvino progettano la mia fine all’isola di Jersey perennemente in mano nazista per un tempo praticamente infinito!! Lo capisco dalla loro disposizione! Un piano diabolico??’ afferro il mazzo di carte ancora da essere usate e le infilo in saccoccia, poi fra le grida e la confusione generale mi volgo verso la porta che tremula sempre di più e seguito dalla lupa bianca con tre passi e un ultimo slancio l’oltrepasso!!
Fuori brilla il sole e l’orologio della torre della Gare de Lyon segna le sue ore! Il giardino delle piante pullula di turisti, fra di loro attoniti Jacovitti, Topor e Caesar si guardano intorno stupefatti, al loro lato Gabriel con Zazie e il Dodo con Alice non attualmente nel paese meraviglioso, si dirigono verso il bateau mouche che sta per partire destinazione Le Havre, poi Cherburg, poi coincidenza con la nave diretta in Irlanda!! Arrivo l’indomani vicino a Dublino alle ore 15, 30 circa!!La tratta Cherbourg Rosslare è servita da 2 operatori navali (Brittany Ferries e Stena) che propongono 7 itinerari settimanali, con durata massima di 18 h 30 min, e partenze prevalentemente di pomeriggio e di sera. Le compagnie in navigazione su questa tratta dispongono di navi in grado di trasportare anche auto, moto, camper e autocarri. Nonostante i lunghi tempi di traversata, sarete comunque a vostro agio grazie a tutti i servizi di bordo – ristorante self-service, bar e negozi – che vi consentiranno ti trascorre il tempo in spensieratezza e con il maggior comfort possibile. In fase d’acquisto biglietto potrete anche scegliere la sistemazione più comoda per le vostre necessità considerando tutte le diverse opzioni possibili su queste navi.
Cosa state aspettando? Scegliete ora il vostro traghetto in pochissimi passaggi e con la massima semplicità. Ma potreste anche rimanere nel sicuro e non partire, restare a Parigi o ritornare a casa vostra e riposare!! Guardo Topor che avendo sempre dormito in piedi non si rende conto di cosa succede! Sospirando ripone il bel volume or ora uscito nelle librerie francesi “ Topor Voyageue du livre”, parte seconda 1981/88, edizione “ Les cahiers/Dessiés. Topor Fuma con voluttà, sorride, ridacchia. ” Il cacavatappi dello spazio-tempo. storia di fantascienza con profumo di vaga ucronia, è un poneroso libro che tiene fra le sue mani!! Le cose si complcano, gli Universi di Azimov e Dick fi stanni intersecando!!
Beh, “si stanno intersecando”!!
Cambio registro, ma alle mie spalle sta arrivando la tempesta del secolo, per questo mi rilasso parlando di altro!!! Nella primavera del 1980 il disegnatore poco più che trentenne Jacques Tardi, che da oltre dieci anni disegna fumetti nei vari ambiti della bédé francese con crescente successo, incontra in un bar di Place d’Italie, a Parigi, il più maturo (1909-1996) scrittore Léo Malet, che dagli inizi degli anni quaranta si cimenta con alterna fortuna nello sfornare romanzi polizieschi: il suo personaggio Nestor Burma è considerato fin dal suo esordio, avvenuto nel 1943 (quindi in piena occupazione tedesca), l’esponente del noir francese.
Con i suoi rimandi al poliziesco americano d’azione, inseriti in storie ambientate soprattutto a Parigi, ha dato il via a una nuova corrente narrativa che ha raccolto consensi discontinui di critica e pubblico, portando anche nel panorama generale del polar (giallo) francese il coinvolgimento del medium cinematografico. Pensiamo, solo per fare qualche esempio, alla zona di Bercy occupata, nel tempo che fu, dagli edifici dell’enorme deposito generale del vino (Les Halles aux Vins), ora sostituiti da riposanti giardini…
Tardi già dalle prime tavole ci incanta con la visione notturna della zona prospiciente la Gare de Lyon.
Poi, alla Place de la Nation che ospita un luna park, viene commessa una brutale aggressione ai danni di una ragazza: Nestor Burma la difende e l’uomo aggressore cade dall’alto di un ottovolante morendo sul colpo. Di qui parte una indagine che si complica strada facendo, l’ultima fatica di Tardi relativa al suo sodalizio con Léo Malet: “Un cadavere in mostra” (M’as –tu vu en cadavre?), datata 2000, quando ormai da quattro anni lo scrittore Malet riposava nella tomba.
Bella storia ambientata nel decimo arrondissement, inizia il 4 ottobre 1956 fuori dal distretto parigino in questione, ovvero nei pressi di Place de l’Opera dove Nestor Burma, in una stradina laterale, ha la sede dell’agenzia investigativa “Fiat Lux”: io ci sono stato più volte a Parigi, sempre di estate, e non ho quasi mai mancato di rivisitare questa zona adiacente all’ Operà Garnier , anche perché una parte della stessa zona fu usata come set per il film veramente “triller”di Hitcock mai terminato, con attori importanti come Harrison Ford non ancora inghiottito da “Blade runner”, che mi pare sia del 1982! Ma tornando al “noir”, nel 1954, di questo nuovo genere poliziesco, sono usciti i film “Rififi” tratto da un romanzo di Auguste Le Breton (ne ricorderete il motivo musicale omonimo cantato dalla affascinante Magali Noel) e “Ne touchez pas le grisbi” di Simonin, con Jean Gabin nella parte del duro, diretto dal grande Jacques Becker che qualche anno prima aveva dato alla luce il famoso “Casco d’oro”, film sulla mala ambientato nel quartiere di Belleville.
Pasquale, Pasqualino, Pasqualone, un nome usato comunemente da Jacovitti nelle sue abituali declinazioni qualificative di grandezza, perché molto comune nella sua terra di origine; per giustificarne l’uso da parte del Nostro anche su “Il Vittorioso”( ricordate la bella storia per bimbi “Pasqualino e Pasqualone” risalente al 1950?) non c’é bisogno di tirare in ballo chi dopo di lui l’ha usato per cantare Pasqualino Maragià! Mi guardo intorno e indosso gli occhiali donatemi dalla fata Porporina che di solito mi ferma a chiacchierare ogni mattina nel mio giardino di 3 per 12 metri di lunghessa, luogo magico anche per la gatta Micia che spesso si arrampica sull’albero di albicocche co veocità incredibile ,finoa restare in alto sospesa su esili rametti terminali! !!
I salamini e l’immancabile lisca di pesce che a lungo fu anche la sua firma, insieme ai personaggi colorati, pesanti e un po’ volgari.
Un tratto inconfondibile per raccontare l’Italia popolare con disincanto ironico.
Con Tomaso Prospero e Gianni Ferrari classe 1938,Ferrari 296 GTS emozioni di guida a cielo aperto
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E’ quello del disegnatore Jacovitti, protagonista dello speciale di Simona Fasulo, con la regia di Nicoletta Nesler, in onda domani giovedì 9 marzo alle 17 su Rai Storia per “Italiani”, a cento anni dalla nascita, con l’introduzione di Paolo Mieli Jacovitti, il cui nome di battesimo – essendo nato l’anno dopo la marcia su Roma – è Benito, ai suoi tempi era considerato di destra dalla sinistra e di sinistra dalla destra, ma l’essenziale per lui era sentirsi libero di esprimere quel che sentiva.
Nel documentario è lui stesso a raccontare il suo percorso di vita e d’arte, attraverso le sue apparizioni in TV dal 1962 al 1997 e le interviste radiofoniche, mentre la narrazione di episodi realmente vissuti dal disegnatore molisano è affidata all’attore Giovanni Sorenti. Per la figlia Silvia, che sorridendo lo definisce “un fratello minore dispettoso”, Jac aveva un lato molto oscuro, ma esorcizzava la sua depressione e le sue manie le lavorando ore e ore alle tavole che hanno segnato il tempo del nostro Paese. Una lettura critica dei suoi fumetti la dà, invece, lo scrittore e giornalista Goffredo Fofi, accanito lettore fin da bambino del Vittorioso, la rivista dove Jacovitti era la penna più illustre.
Il critico letterario Gianni Brunoro – analizzando i suoi fumetti più noti – spiega, invece, quanto sia stato importante per Jac il rapporto con il cinema, a partire dall’amicizia con Fellini e il colorista di Jacovitti, l’illustratore Luca Salvagno, lo descrive come una persona affettuosa e dolce, nonostante il suo aspetto burbero, e con un enorme rispetto per i suoi lettori. Edgardo Colabelli, infine, che per amore dei fumetti di Jac ha aperto il Museo Jacovitti a Roma, ricorda il suo incontro col disegnatore ed è convinto che, con il suo celeberrimo Diario Vitt, “l’umorismo di Jacovitti ha fatto crescere diverse generazioni”. (ANSA).
Ma dove mi trovo? Nelle viscere lunari?? Incredibile il sottosuolo che vedo e la sua somiglianza con quello di Parigi!! Non ci credete, pensate che spari balle?’ Sotto le strade di Parigi, c’è un altro lato più oscuro dove Sauro Penn Acchio impera nella città che pochi riescono a vedere. Venti metri (e più) sotto il livello stradale, le gallerie delle Catacombe di Parigi son tali e quali quella della Luna, me lo confidò Jacovitti al Bistrot dopo aver bevuto un a decina di aperitivi corretti al Gin!! La figlia era di fronte a lui e confidò tutto al gesuita Pani di “La cultura cattolica”, che anche di catacombe sebbene romane, se ne intende assai!!Si estendono, quelle di Parigi e lunari, per oltre 200 miglia, circa 3200 chilometri!!: un labirinto sotterraneo di cui molti non si rendono conto mentre passeggiano lungo le strade soprastanti.
Inizialmente estratte per fornire calcare per la costruzione dei famosi edifici e ponti parigini e passaggi sospese nel sottosuolo lunare, le Catacombe di Parigi ospitano ora le ossa di oltre 6 milioni di ex parigini. Ahh, sono risalito di corsa e ora guardandomi intorno che vedo oltre al sogno di Jacovitti in forma di estoplasmo e il ciarlatano astronomo con Pippo, Pertica, Palla e il cane Tom??: !Il paesaggio parigino è cambiato, sembra tale quello selenita, si distorce sotto ai miei occhi, Pippo, Pertica e Palla vagano fra scenografie metafisiche. In lontananza scorgo papà Craveri che sta conducendo i suoi animali dello zoo verso il cometino utilitario in partenza per non si sa bene dove. Anche il bestiario zoolandino sulla Luna!! Incredibile? Beh, non poi tanto, pensando a quanti personaggi del mondo della finzione letteraria ( e dei comics) fino dall’antichità hanno calcato il suolo della pallida Selene. Jacovitti in forma di spettro ora mi ha riconosciuto, mi sorride bonario: “e beh, sai, se l’Ego è fortemente “centrico”, tende per sua naturale essenza ad essere nello stesso tempo il centro di tutto e il tutto di ogni cosa”. “Maestro, Maestro, imploro, cerchi di stringere e venire al sodo, provi una volta tanto a non essere inconcludente e confusamente comunicativo come spesso faccio io”. Niente da fare, il sogno di Jac, detto “Lisca di pesce”, sta distribuendo ad una torma di seleniti curiosi e festanti centinaia di copie di ” Il Vittorioso & dintorni” fresco di stampa e datato Giugno 2023 ”, non ha più tempo da perdere con me. Quindi a passo svelto mi dirigo verso il monumentale ingresso della “Moon Railways Station”: la Terra sta per apparire all’orizzonte e non posso più aspettare, perché il mio biglietto a tempo, dopo, non avrebbe più valore.”Presto, presto”, mi incita Bruno Arceri ( Alias Brick Bradford). Al suo fianco Bellaccious e Zazie, sudati e trafelati mi incitano:” fra tre secondi, parte l’ultimo vagone della metro della linea 7, “Cratere di Copernico – Porte des Lilas”. Guardo esterrefatto la piccola Zazie:” ma Bartezzaghi mi aveva assicurato che eri in vacanza in Normandia insieme a tua cugina, che fai qui sulla Luna??”. Zazie, che sta sorbendo un enorme cono gelato borbotta qualcosa di inintelligibile ( forse è meglio non aver capito). Bellacci non dice nulla, mi osserva serio serio e scuote la testa: Mah?? Da tempo Franco è così, poco comunicativo. Bat Star mi osserva con curiosità:” ah, saresti tu il fanatico di quel mezzo matto di Roland Topor e Raymond Queneau, quel bel tipo di scrittore francese che ficca la povera Zazie nei posti più strani e disagiati??” Io alzo le spalle: ” che hai da dire tu che con quell’ impossibile cronosfera sei stato avanti ed indietro nel tempo; ricordo che sul settimanale “L’Avventura”del 1947, io che allora avevo solo 10 anni, già avevo intuito che era tutto un imbroglio, uno stratagemma per tirare di lungo, all’infinito, le tue strampalate avventure”. Arceri ride:” ma quello ero io di domenica, giorno di festa, tutto a colori per la gioia di grandi e piccini”.”Ma che cosa è questa discussione?” Bellaccious è corrucciato e palesemente nervoso, “su andiamo, che altrimenti perdiamo il métro”. Ahh, ce l’abbiamo fatta, siamo in viaggio!! Chiusi nel vagone interplanetario che in questo caso è strettamente utilitario ( con buona pace degli animali zoolandini [ Vedere “Il Vittorioso” 1946]) tiriamo tutti un sospiro di sollievo. Con uno stridore prolungato di freni il metro ormai non più interplanetario utilmente si arresta. Ahh, eccomi qua, di nuovo con i piedi per terra, si fa per dire. In realtà Zazie mi prende per mano e appena il metrò si ferma mi trascina fuori dal vagone. “Tomaso, dai andiamo, fuori splende il sole e a Porte des Lilas cinguettano gli usignoli: siamo in primavera, usciamo all’aperto e andiamo a passeggiare. Lascia perdere fantasmi e sogni bizzarri, pensa un poco a divertirti, lo zio Gabriel ci aspetta nel suo locale! Beh, per arrivare a Pigalle dove Gabriel si esibisce di notte travestito da ballerina, abbiamo impiegato tre ore di pedibus calcantibus, poiché Zazie si voleva a tutti costi per prima cosa sgranchirsi i piedini!! Di fronte al locale notturno di Gabril scorgo con somma sorpresa Jacovitti ritornato in carne e ossa e il gesuita padre Pani che sorridendo all’unisono ci salutano!! Tomaso, Tomaso, Gabriel se l’è data a gambe con il metro. Ha ricevuto un appello urgentissimo da Sauro Pennacchioli che ha impellente necessità di alcune lezioni di flamenco!! Zazie sputa per terra e entra nel locale, si avvicina alla zona Bar e arraffa meringhe al burro di arachidi!! Che fa, la mangia tutte?? Macchè, le infila in una capace bisaccia e facendomi segno di seguirlo mi dice ringhiando:” Tomaso, Sauro Pennacchioli mi ha rotto gli zebedei con la sua smania di spadroneggiare, non posso dimenticare che ha fatto sparire almeno tre tuoi interventi scritti su Craveri, Walter Faccini e , mon cul, “Pippo e il Dittatore”!!!!!! Quindici minuti dopo sbuffando per la salita siamo tutti riuniti ad Abbesesse,mentre una marmaglia di studenti vocianti entrano nel metro scansando Topor e Gandini appena giunti che, scorgendomi, agitano con le mani in aria l’albo di vecchia data “Caccia grossissima” a colori nella trasposizione in francese voluta da Hachette!! Insieme a Jacovitti e ora anche Topor sono alla fermata del metro Abbesesse su a Montmartre e sto per essere travolto dallo scontro fra un migliaio di Flics e altrettanti studenti inviperiti per la contestazione sul decreto Macron che li costringerà a lavorare cento anni per poter andare in pensione!! Con la coda scodinzolante dell’occhio destro, mi giro appena in tempo per ricevere una scarica di manganellate che mi mandano KO!! Buio totale!! Apro l’occhio destro e n mi ritrovo all’interno delle Catacombe!! Devo rifare lo stesso percorso, sono condannato a vivere in questo cupo labirinto e poi uscire sulla Luna!! Chiedo aiuto sall redazione di “Vitt & Dintorni, se voglio sperare di uscire sano e salvo, help. Help, help!!
lo straordinario Pasqualino Rififì, disegnato in effetti fra la fine del 1958 e l inizio del 1959! proiettato verso il divenire dello stile jacovittesco? Non mi pare proprio, specialmente per l’ambientazione della storia, che il Nostro scelse per poter mostrare qualche barlume di nudità femminile, che il direttore Guasta tollerava logicamente in un ambito che traeva linfa da questi aspetti considerati allora “trasgressivi”!! Storia a fumetti ritornata alla ribalta dopo più di 50 anni di oblio, della quale ho parlato su “Vitt&Dintorni di Marzo 2011”. L’ autore definisce questa storia a fumetti una satira di certa imperante letteratura giallonera d’ oltralpe. Da dove prende le mosse Jacovitti per disegnare questa canizza parisienne? Dal romanzo di Auguste le Breton ( nome anagrafico Auguste Montfort) “Du Rififì ches les homme”s edito dalla francese Gallimard nella sua collana noir e risalente al 1953 ? Mi pare poco probabile! l ‘anno seguente ne venne tratto un film, per la regia Jules Dassin – Rififì – che nel 1955 vinse la palma d oro al festival di Cannes. Il romanzo tradotto in Italia nel 1958 da Garzanti, letto ora denuncia la sua età e una visione irreale di Parigi tenuta in pugno da bande di algerini, corsi e dalla mala di Pigalle e zone limitrofe! Alla fine emerge la solidarietà di tutte le etnie malavitose di Parigi di fronte al rapimento di un bambino- ritenuta cosa inaudita e mai vista- da parte di due algerini “Terracotta”! il film, per chi come me, l’ ha visto molte volte, rimane un capolavoro di tecnica e di espressività girato nell’orbita del neorealismo con riprese all’aperto della realtà parigina come si presentava nella metà degli anni cinquanta!! Circa dieci anni dopo , nel 1965/66, Gino Landi girando a Parigi “Maigret a Pigalle” con Gino Cervi e troupe al seguito, tratto dal romanzo “Maigret au Picratt’s, girerà con subdola arte manipolatoria all’aperto, ma con il metodo del “taglia e incolla”, scene parigine dove sullo sfondo di piazza della Bastiglia si intravedono scenari delle scalinate di Montmartre, ed altri “imbrogli visivi” degni di un visionario senza freni!! Probabilmente Jacovitti vide il film originale di Dassin? canticchiò forse anche la canzone motivo conduttore della pellicola, quel Rififi che da noi in Italia il cantante Fred Buscaglione rese famoso. “Io ve lo dico, sono un dritto, A me nessuno fa dispetto, Lo sanno tutti che è così, perché mi garba il rififì”. Musica di Philippe-Gèrard, parole italiane di Buscaglione-Chiosso. Rififi, era una parola in Argot? Secondo Andrea G. Pinketts il nome era quello del cane di Le Breton: ci dobbiamo credere??? Per i curiosi e i dubbiosi esiste il vocabolario Larousse Du français argotique et populaire. Va beh, son cose che forse se non tutti, molti conoscono. Comunque io le ho scritte e riscritte per i pochi che cercandole sui saggi dedicati a Jac non le hanno trovate. In pratica gli anni sessanta vengono elusi ( si sarebbe potuto includere una storia come Pippo zumparapappà, ancora inedita dopo la prima ed unica pubblicazione su Il Vittorioso del 1962, ma……. ). Alla fine mi sono deciso: ho impacchettato il mio lungo articolo su Pasqualino Rifif’ì storia a fumetti di Jac, iniziato a scrivere nel corso del 2011, che appare all’nterno di“Autobiografia di Jacovitti, 60 anni di surrealismo a fumetti”, Pasqualino Rififì”( poi questo fumetto riappare nel 2018 sul volume numero trenta della collana edita da Hachette , dedicata a Jacovitti e curata dal fenomenale Luca Boschi!! Mi sto dirigendo verso l ‘ufficio postale di Atene 1( un quartiere parigino) per spedire il tutto a chi?? Forse alla Redazione de Gli Amici del Vitt?? Mah, non ne vale la pena! Ho sudato sette camicie, in dieci anni di fatica e sudore ho dovuto superare mille ostacoli, ma alla fine ce l’ ho fatta! Poi l’ineffabile fato la userà come meglio crederà!
Ciao a tutti!
Tomaso
Sauro Pennacchioli 29 Maggio 2021, 12:48
Rispondi
Scrivimi sulla rubrica della posta…
Tomaso Prospero Turchi 29 Maggio 2021, 18:22
Rispondi
Non uso facebook, quindi come fare?
Sauro Pennacchioli 29 Maggio 2021, 19:17
Rispondi
La mia rubrica della posta non è su Facebook, esce ogni domenica qui su Giornale POP: https://www.giornalepop.it/tag/la-posta/
McBett 5 Marzo 2023, 4:29
Rispondi
Ciao Sauro, ciao Tomaso.
Sono qua per riprendere le fila della storia di Wälti in coincidenza sia con la pubblicazione del libro su Jacovitti e sia certe celebrazioni di Supergulp/Guido De Maria.
Recentemente sono venuta a sapere della scomparsa di Luca Boschi e mi sono molto dispiaciuta, perché anche lui aveva a suo tempo stimolato una conversazione si Wälti.
Comunque mi trovo a commentare questo articolo, perché centra a mio parere diversi punti che potrebbero essere molto utili per esplorare le ragioni che hanno portato anche W all’ostracismo, e confermo dai documenti che ne abbia estremamente sofferto in varie situazioni e per vari motivi.
La differenza é non dissimile, essendo W stato antifascista doc, mai iscritto al pa(r)tito (s)fascista, in confino dichiaratosi comunista in lettere del tempo, ma poi evidentemente forzato dal clima del dopoguerra a dover ricevere l’approvazione delle varie rappresentanze di potere e dunque portato a mediare: cosa che no fará, fará male, nons ará ascoltato e dunque prima ostracizzato e poi, anche lui malato, morirá abbastanza presto. La figura di Jac credo che sia stata per lui a quel punto abbastanza ingombrante, data la sua prolifica e vasta produzione e degenerazione e politicizzazione dei temi (ricordo che allora si politicizzava in qualche modo anche topolino), cosa che lui invece non aveva MAI fatto se ben ricordo nepppure – e soprattutto – durante il fascismo quando le sue vignette coprivano o la pagna sportiva oppure erano la rpolifica serie delle Ciccioni Volanti, parecchio surrealiste e alquanto denigratori degli eroi, dato che Tomaso accenna a Caccia Grossa e Leone Bianco, vicine anche queste al mondo dei piccoli, ma in maniera al massimo maliziosa mai degenerata.
Ovvio che anche l’horror vacui di Jac e il pullulare di ogni cosa ed essere possibile viene da Wälti, e anche da chi prima di lui aveva fatto scuola fino a Jeronimous Bosh, ma la violenza di Jac di immagini e contenuti, atti a provocare reazione e ad estremizzare le emozioni – e quindi esasperando, contrasta con l’armonia giocosa di W, che nel suo riempire gli spazi da comunque a mio avviso solo adito a un percorso piú ampio e piú curioso intrattenendo maggiormente.
Ovviamente una volta pubblicato l’eccesso Jacovittiano – al di la delle stravaganze tematiche – temo che per la poesia di W no ci fosse alcuna competizione, seppur a mio parere di parte- di livello totalmente altro.
Inoltre, nonostante le condizioni economiche sempre precarie, é certo che a W di disegnare non andasse per niente da sempre e – seppure gli riuscisse moto bene e fosse evidentemente capace di grande concentrazione -se si vedono gli originali acquarelli fatti colorati con il pennello ad un filo solo o qualcosa del genere, ricchissimi di sfumature di colori si capisce che laddove non era sotto pressione per una commissione W amava la sua arte – ma certamente odiava dover mediare e – come diceva lui – l’ipocrisia. Cosa che una volta incastrato in Svizzera (W. é Italiano, non Svizzero – non rientra ufficialmente piú soprattutto per motivi di incompatibilitá morale e cattiva saute fisica) spiega di dover per forza imparare.
Pur lavorando a lungo al Nebelspalter la sua chiusura con il giornale fu subitanea e brusca. Forse per semplice chissá che tipo di gerontofobia, cosa molto probabile e perdita di contatti, o semplici pregiudizi per essere stato famoso durante il fascismo, seppure di fatto un antifascista a differenza di altri meno ‘opinionati, ma i cui disegni sono stati piú policizzati.
In certi film di Fellini trovo piú contenuti älteriani, surreali, umani e sognantri, che nell’esasperazione Jacovittiana. Comunque confermo che anche io ho avuto – ed ancora conservo- i miei diari Jacovittiani per diversi anni, coetanea di Tiziana…
Per Tomaso: ben ritrovato con il tuo fiume in piena… non riesco a leggere, ma con calma proveró ad estrapolare informazioni dalle tue storie surrealiste.
ciao e grazie
Tomaso Prospero 7 Marzo 2023, 18:09
Rispondi
1.
Mc Bett, ben tornata qui in fondo dove solo Sauro ci può trovare!! Io scrivo quasi solo per me stesso, un ghiribizzo senile, una mania che i realtà non ha scopi! Ma a proposito i nostri amici che stanno combinando!!??? Jacovitti, con Topor che ridacchia spesso mentre é sempre silenzioso invece Walty! Tutti si aggirano nel garage ermetico che non è affatto un labirinto come si potrebbe pensare, e si smarriscono tra la folla di Alieni che al mercato delle pulci di Saint Ouan cercano “L’affare”!! Dietro al suo Banco di articoli in vendita Lupus denari (Scritto con la minuscola) scruta Jacovitti e sorride furbescamente!! Son tempi cupi questi, Io piango per le innumerevoli morti dei migranti che via mare cercano una nuova vita per loro adulti e per i loro figlioletti, trovano poi invece una morte orripilante fra le acque gelide! Qui non si tratta di politica, ma l’amore per il prossimo tanto predicato ma mi pare poco praticato!! E scusate il bisticcio dei due verbi.
Tomaso Prospero 9 Marzo 2023, 9:36
Rispondi
Denari con Topor , Jacovitti insieme fraternamente al grandeWalter Faccini , e Ezechiel, sono tutti seduti al Bistrot “ Chez lupo in fabula” , qui in place “Contrescarpe”, ospiti della linea letteraria inaugurata nel saggio commemorativo di”100 anni con Jacovitti”, già bestseller nel “Grande Circo fratelli Zvanzicher”in Cappadocia. Molto verboso il contenuto scritto dal diabolico Denari certo influenzato da Mefistofele in persona, ma tutto non si può scrivere per questione di spazio, manca ad esempio il capitolo di vita vissuta seguente: “ Già, il grande Jacovitti e Topor, ora capo del gruppo dei clowns del circo prima citato e contemporaneamente domatori ed addestratori di gorilla d’ ambo i sessi coadiuvati dalle esperte spalle Craveri e Landolfi, sta or ora discutendo con la scatenata Yayoi Kusama (donna giunta dal paese del sol levante e dalle imprevedibili performances) che lo vorrebbe completamente ignudo per dipingere la sua epidermide di bolle rosse e gialle cadmio scuro, per poi esporlo alla mostra in atto al centro Pompidou di rue Beaubourg . La più divertita è Zazie che applaude battendo vigorosamente le mani, mentre la vittoriana Alice pudicamente si è allontanata scortata dal barcollante Dodo in tuba e ghette, che ansiosamente le copre gli occhi con le asfittiche ali. E Pinocchio ?? acquista castagnacci bollenti dal caldarrostaio Mangiafuoco, in attesa di partire per Prato dove sarà ospite d’onore di non so quale tenda della tribù beduina delle Teste ultradure.
Il gatto e la volpe si guardano intorno in cerca di polli da spennare. Scocca dal vicino campanile il primo dei rintocchi della campana che ricorda a tutti che è l’ora del rancio e che il locale Pub- o Brasserie, come meglio vi aggrada- ha aperto i battenti. Eli Macbett sta mescendo una pinta di Guiness dal colore ambrato mentre al suo fianco Albert Dubout scuote la testa leggendo la sua monumentale biografia scritta da Italo Calvino con una premessa nell’ambito della quale lo scrittore ligure afferma che le biografie non contano nulla, ma solo quello che si produce concretamente ha valore . Dietro al bancone un ometto dai capelli rossi schiacciati sotto un lungo berretto verde trifoglio, dalle lunghe orecchie con una vistosa gamba di legno suona la fisarmonica cantando una nenia in gaelico. Perbacco, riconosco il lui il protagonista di un’avventura “topolinesca” E’ di certo un leprecauno, si chiama, si chiama….ahhh, ecco, Gilhooley!!
Dove??? dove mai l’ho visto anni or sono insieme a Jacovitti??nel monastero dei frati sordomuti che hanno fatto anche il voto di non esprimere mai un parere al di fuori dei fioretti di San. Francesco, all’interno di una storia straordinaria di Franco Caprioli quale è “Rose fra le torri” risalente al 1944!!!Denari e sterline, forse euro e copechi e sesterzi, chissà mai che giro internazionale c’è sotto!!La storia da riassumere sarebbe piuttosto lunga, quindi mi limiterò a fare una premessa di tipo cronologico partendo dalla lontana, per spiegare la fuga in Irlanda, braccati ( io, Luca Boschi, Leonardo Gori e Denari legato e imbavagliato dentro ad un voluminoso portmantou accompagnato dal suo mentore in fatto di avvenimenti di genere poliziesco, mister Sherlock Holmes, “retired” da decenni, dedito all’allevamento di api nel suo eremo ubicato in una landa quasi irraggiungibile del Sussex e tornato in attività per supportare una strana indagine dell’alter – ego di Gori, un certo Arcieri……che spesso si può contattare nei panni di maitre cuoco a Parigi in rue Guisarde nel ristorante situato al n°13, Chez Fernand.
“Roland, ehi, Roland!!” Scuoto l’amico che dorme beatamente sul divano di velluto rosso pompeiano, proprio sotto alla grande finestra che completamente aperta lascia entrare il rumore continuo del traffico che sfreccia sul boulevard sottostante, a due passi da porte Saint Cloud. Roland Topor apre gli occhi e guardandomi sorpreso sbadiglia e chiede:” ma che ore sono?”. Io indico il grande orologio a pendolo che sulla parete di fronte segna le 16,18. Ride sommessamente l’amico Roland e stirandosi un poco si mette a sedere sul divano, io subito prevengo le sue domande e dico in fretta:” ascolta bene questa storia che narrerò al presente, non in corsivo e in prima persona! Ecco si va ad incominciare! Mi schiarisco la gola e attacco: Denari è stato rapito e portato in Irlanda alla ricerca della tomba del Poeta Yeats”. Al sentire tali parole di speranza, Hugo Pratt si toglie la pipa di bocca, la osserva un poco e poi la batte per farne uscire la cenere ancora fumante. Guarda con aria quasi corrucciata Luca Boschi e Leonardo Gori che leggono alcune pagine del prima citato saggio di “ Cento anni con Jacovitti” e stanno contemporaneamente sorseggiando il famoso caffè irlandese che il Nostro ha imparato a fare con l’aiuto del fido maggiordomo O’ Gally compagno di studi di Denari, reclutato nella contea di Clare dopo il famoso caso dei delitti delle scogliere di Moher, dove un centinaio di turisti finirono al cimitero per aver bevuto tazze di caffè alla panna con stricnina al posto del liquore; non si alza dalla comoda poltrona e si avvicina alla grande portafinestra, scosta la tenda di pizzo e guardando fuori sospira dicendo:” Tomaso mio carissimo, qui al n°42 de Lancry, un posto tranquillo di questo quartiere parigino a due passi dal famoso canale di San Martin, mi trovo bene, sento un’aura positiva che mi circonda, che mi rimanda alla mente ricordi di posti lontani da me visitati innumerevoli volte. Uno di questi è sicuramente l’Irlanda”.
Naturalmente si potrebbe continuare… ma sento puzza di guai, meglio riaddormentarsi e cancellare dalla memoria il mio strano sogno!! Ma ecco, inaspettato sento che qualcuno bussa alla porta del Museo parigino“Arti e Mestieri”, dove a tempo perso svolgo la mansione di spazzacamino e ripulitore di vecchie cantine obsolete!! Chi sarà mai l’inaspettato visitatore?’ Spero che non si tratti di Klaudius Von Mefistofele, creatura delle tenebre che cerca adepti per la sua “crociata” a fovore di don Faust ringiovanito !! Stai attento Sauro, Mefistofele è un fellone che vende aria fritta!!
Tomaso Prospero 10 Marzo 2023, 19:51
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Finalmente ho ripescato “Linus” numero 4 (229) di Aprile 1984 dopo solerti ricerche avvenute nel garage di casa che mai ha ospitato auto in ventidue anno che io e mia moglie abitiamo qui! Comunque la sorpresa l’ho avuta perchè la memoria era stata dilavata da quasi 40 anni di tempo passato! Questa “famosa intervista a Gandini” non è tale quale la si di solito definisce, ma trattasi di “due paginette2 “intitolate “C’era una volta. Storia a puntate di un giornale e di qualcuno” , di Giovanni Gandini. Un leggero e gradevole perché in tale modo è stato scritto, discorso ad una voce di Gandini! Non è di certo una intervista!! Ma più volte e in diversi contesti ho letto questa definizione, quindi io rimango sospeso nell’incertezza: ma questa intervista fatta perché era in arrivo( dipende da come si contano gli anni)il ventennale della nascita di “Linus”
, esiste forse ma da un’altra parte?
Spero che qualcuno legga e mi possa dare una liberatoria risposta! provo a riataccare qui il commento ritenuto un doppione??
Finalmente ho ripescato “Linus” numero 4 (229) di Aprile 1984 dopo solerti ricerche avvenute nel garage di casa che mai ha ospitato auto in ventidue anno che io e mia moglie abitiamo qui! Comunque la sorpresa l’ho avuta perchè la memoria era stata dilavata da quasi 40 anni di tempo passato! Questa “famosa intervista a Gandini” non è tale quale la si di solito definisce, ma trattasi di “due paginette2 “intitolate “C’era una volta. Storia a puntate di un giornale e di qualcuno” , di Giovanni Gandini. Un leggero e gradevole perchè in tale modo è stato scritto, discorso ad una voce di Gandini! Non è di certo una intervista!! Ma più volte e in diversi contesti ho letto questa definizione, quindi io rimango sospeso nell’incertezza: ma questa intervista fatta perchè era in arrivo ( dipende da come si contano gli anni) il 55° della nascita di “Linus”, esiste forse ma da un’altra parte?
Spero che qualcuno legga e mi possa dare una liberatoria risposta!
Tomaso Prospero 11 Marzo 2023, 10:24
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Corrono nel 2023 anche i cento anni della nascita di Italo Calvino , autore di tantissimi romanzi che virano al surreale, corrono questi instancabili anni fra i queali non solo quelli di Jacovitti e chissà di quanti altri sconosciuti! Volendo fare pe
VERSIONE NUMERO DUE: corro verso l’ingresso del Museo di Storia naturale e con un balzo entro da una sorta di porta evanescente che tremula nella prima luci del mattino, la lupa mi segue veloce come un fulmine.Ecco sono all’interno, ho tempo solo cinque minuti. Seduti su vecchie sedie stile impero, Topor, Jacovitti, Caesar in catene sono ammutoliti e il Dottor Faust in divisa di generale della Kriegen Marinee scherani stanno disponendo sul grande tavolo da lavoro le carte colorate tratte dal mazzo disposto con ordine sul tavolo: che cosa stanno progettando:si voltano, mi vedono e sogghignano! . La lupa al mio fianco si volge e guardandomi ansiosamente uggiola indecisa sul da farsi.
Ah, penso, il dottor Faust, quella carogna, è Der Adler in persona, e tutti gli altri i suoi scherani?. Manca un minuto e trenta secondi, con un balzo volo sul tavolo scompigliando la carte disposte per creare un aspetto differente del prossimo futuro, i tarocchi secondo il metodo Calvino progettano la mia fine all’isola di Jersey perennemente in mano nazista per un tempo praticamente infinito!! Lo capisco dalla loro disposizione! Un piano diabolico??’ afferro il mazzo di carte ancora da essere usate e le infilo in saccoccia, poi fra le grida e la confusione generale mi volgo verso la porta che tremula sempre di più e seguito dalla lupa bianca con tre passi e un ultimo slancio l’oltrepasso!!
Fuori brilla il sole e l’orologio della torre della Gare de Lyon segna le sue ore! Il giardino delle piante pullula di turisti, fra di loro attoniti Jacovitti, Topor e Caesar si guardano intorno stupefatti, al loro lato Gabriel con Zazie e il Dodo con Alice non attualmente nel paese meraviglioso, si dirigono verso il bateau mouche che sta per partire destinazione Le Havre, poi Cherburg, poi coincidenza con la nave diretta in Irlanda!! Arrivo l’indomani vicino a Dublino alle ore 15, 30 circa!!La tratta Cherbourg Rosslare è servita da 2 operatori navali (Brittany Ferries e Stena) che propongono 7 itinerari settimanali, con durata massima di 18 h 30 min, e partenze prevalentemente di pomeriggio e di sera. Le compagnie in navigazione su questa tratta dispongono di navi in grado di trasportare anche auto, moto, camper e autocarri. Nonostante i lunghi tempi di traversata, sarete comunque a vostro agio grazie a tutti i servizi di bordo – ristorante self-service, bar e negozi – che vi consentiranno ti trascorre il tempo in spensieratezza e con il maggior comfort possibile. In fase d’acquisto biglietto potrete anche scegliere la sistemazione più comoda per le vostre necessità considerando tutte le diverse opzioni possibili su queste navi.
Cosa state aspettando? Scegliete ora il vostro traghetto in pochissimi passaggi e con la massima semplicità.
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tomaso prospero
18 Febbraio 2023 at 11:44
Già, il grande Jacovittie Topor, ora capo del gruppo dei clowns del circo prima citato e contemporaneamente domatori ed addestratori di gorilla d’ ambo i sessi coadiuvati dalle esperte spalle Craveri e Landolfi, sta or ora discutendo con la scatenata Yayoi Kusama (donna giunta dal paese del sol levante e dalle imprevedibili performances) che lo vorrebbe completamente ignudo per dipingere la sua epidermide di bolle rosse e gialle cadmio scuro, per poi esporlo alla mostra in atto al centro Pompidou di rue Beaubourg . La più divertita è Zazie che applaude battendo vigorosamente le mani, mentre la vittoriana Alice pudicamente si è allontanata scortata dal barcollante Dodo in tuba e ghette, che ansiosamente le copre gli occhi con le asfittiche ali. E Pinocchio ?? acquista castagnacci bollenti dal caldarrostaio Mangiafuoco, in attesa di partire per Prato dove sarà ospite d’onore di non so quale tenda della tribù beduina delle Teste ultradure.
Il gatto e la volpe si guardano intorno in cerca di polli da spennare. Scocca dal vicino campanile il primo dei rintocchi della campana che ricorda a tutti che è l’ora del rancio e che il locale Pub- o Brasserie, come meglio vi aggrada- ha aperto i battenti. Eli Macbett sta mescendo una pinta di Guiness dal colore ambrato mentre al suo fianco Albert Dubout scuote la testa leggendo la sua monumentale biografia scritta da Italo Calvino con una premessa nell’ambito della quale lo scrittore ligure afferma che le biografie non contano nulla, ma solo quello che si produce concretamente ha valore . Dietro al bancone un ometto dai capelli rossi schiacciati sotto un lungo berretto verde trifoglio, dalle lunghe orecchie con una vistosa gamba di legno suona la fisarmonica cantando una nenia in gaelico. Perbacco, riconosco il lui il protagonista di un’avventura “topolinesca” E’ di certo un leprecauno, si chiama, si chiama….ahhh, ecco, Gilhooley!!
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È il 1959 quando Raymond Queneau pubblica Zazie dans le métro, romanzo che l’ha reso per sempre «le Pére de Zazie» [1]. Ambientato nella Parigi a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta, Zazie dans le métro rappresenta, grazie alla delineazione di un cronotopo urbano di grande efficacia, una città all’indomani dell’Occupazione e alle soglie di un boom che ne cambierà irreversibilmente il volto.
Il marché aux puces de Saint-Ouen, situato nel XVIIIe arrondissement, è diventato un luogo in cui emerge il consumismo americano di quegli anni, emblema di una contraddizione che sta attraversando la città: sviluppo economico, certo, il famoso miracolo, ma anche il segno di una perdita d’identità. Non c’è più spazio per la cultura parigina, per la tradizione culinaria, per il grande significato che il mercato assumeva nella poetica surrealista degli anni Venti. Il luogo, collocato alle porte della città, è visitato con grande interesse da Zazie che, scappata da casa dello zio, è ora alla ricerca di «bloudjinzes» [2] e occhiali da sole all’ultima moda, oggetti cult di un’epoca non troppo lontana. Ma poi, ancora, riferimenti al «cinémascope», alle lavatrici importate dall’America, alle luci elettriche al neon dei locali e al turismo di massa, che proprio in quegli anni iniziava a diffondersi in tutta Europa e non solo.
L’elemento su cui occorre però concentrarsi è proprio nel titolo, poiché la modernità emerge fin dal paratesto del romanzo: «le métro». Zazie è arrivata a Parigi per fare esperienza della modernità, e ciò equivale ad un bel viaggio sul métro, poiché in provincia non esiste. È quello, infatti. il suo unico desiderio. La madre, Jeanne Lalochère, arrivata a Parigi per incontrare «un jules» [3] qualunque, lascia Zazie dallo zio Gabriel e, una volta uscita dalla Gare d’Austerlitz, subito chiede quando prenderanno il métro. C’è però un problema: a causa di uno sciopero le stazioni metropolitane sono chiuse, quindi Zazie non può essere accontentata. Ribelle, impertinente e anche un po’ sboccata, la ragazzina si arrabbia con tutti, mostrando un atteggiamento che la caratterizzerà per tutto il romanzo e che la renderà uno dei personaggi più memorabili nella storia della letteratura francese del secondo Novecento [4].
La metropolitana alla fine Zazie la prenderà, ma in uno stato di sonno profondo, e ciò fa sì che la protagonista non si sia resa conto del viaggio tanto desiderato. Alla domanda della madre, infatti, la ragazzina dirà di non aver preso il métro, in un explicit ambiguo e proprio per questo di gran fascino:
Alors, qu’est-ce que t’as fait?
J’ai vielli [5]
Al termine di un romanzo ricco di avventure e di incontri con personaggi ambigui e stravaganti, Zazie dichiara di essere invecchiata: è passato del tempo, certo, ma la ragazzina proveniente dalla provincia non è cresciuta. Affrancandosi dal paradigma costitutivo del Bildungsroman e del «principio di classificazione» teorizzato da Franco Moretti [6], Zazie dans le métro di Raymond Queneau mette in discussione la tradizione, sottolineando non solo l’instabilità e il trasformismo dei personaggi – si pensi a Trouscaillon o al personaggio di Marceline -, ma anche del linguaggio e del romanzo stesso, sottolineando come un percorso di formazione sia ormai praticamente impossibile in pieno Novecento.
Avvalendosi di una struttura tradizionale, un’unità di luogo e delle coordinate spazio-temporale verosimili – Zazie arriva a Parigi alla Gare d’Austerlitz ed esattamente trentasei ore dopo ha il treno di ritorno nello stesso punto d’arrivo – il romanzo di Queneau in realtà mette in discussione quella stessa struttura romanzesca che per anni ha caratterizzato la tradizione. Non è un caso che l’anno successivo alla pubblicazione di Zazie, l’autore nato a Le Havre a inizio ‘900 decida di fondare, insieme a François Le Lionnais, l’OuLiPo, le cui tematiche si riverberarono in Italia anche grazie a Italo Calvino. Queneau destruttura la forma romanzo, mettendo in discussione soprattutto la qualità formativa della morfologia di genere.
Sono davvero tanti i discorsi possibili sulla lingua di Queneau e sul suo sperimentalismo, soprattutto in seguito ad una lettura complementare e contrastiva con il Surrealismo, che Queneau conosce – e da cui, poi, si distacca – appena arriva a Parigi negli anni ’20. Fiumi e fiumi di inchiostro sono stati scritti su questi aspetti, insieme ad ampie riflessioni sullo stile di Queneau e sulle sue scelte linguistiche.
Un aspetto su cui non ci si è concentrati molto, però, forse è proprio la possibilità o meno di leggere Zazie dans le métro come un romanzo di formazione. Innanzitutto, occorre sottolineare come Zazie incarni fin da subito il personaggio-tipo del Bildungsroman: giovane, priva di conoscenze pregresse e desiderosa di lanciarsi verso l’ignoto, arriva a Parigi per fare esperienza della modernità del mondo. C’è la mobilità, la giovinezza e l’attesa di trasformazione, di comprensione, di cogliere la novità del tempo con quell’urgenza che caratterizza i personaggi di formazione. Inoltre, la piccola impertinente è la cassa di risonanza di una trasformazione che sta avvenendo nella Parigi del tempo, una città attraversata dalle ferite della guerra ma pronta a rinnovarsi, a imborghesirsi al ritmo del consumismo americano con con i suoi vantaggi e con le sue contraddizioni.
Tuttavia, ritornando all’explicit del romanzo, Zazie si dice invecchiata, non cresciuta. Lei, che sembra sottrarsi a qualunque regola, a qualunque «contrainte» [7] mettendo in discussione, rompendo in maniera fragorosa qualunque elemento autoritario e autorevole all’interno del romanzo, non può sottrarsi al tempo, è nel suo flusso. Nulla, nel romanzo, si sottrae al tempo che inesorabilmente passa. Nulla resiste a questa trasformazione che attraversa il romanzo, nulla resta uguale, neanche i monumenti di Parigi: emblematica è a riguardo la scena del primo viaggio in taxi, nel quale i monumenti di Parigi assumono posizioni differenti in base al punto di vista dei protagonisti.
Invecchiare significa per Zazie subire il passaggio del tempo ma non maturare, visto che nel caso avrebbe potuto utilizzare il verbo grandir. La sua è una constatazione biografica, biologica e che non concerne la maturità del personaggio. La formazione di Zazie non avviene, invecchia, subisce una trasformazione data dal tempo e ciò appare un po’ come una minaccia. Il passaggio dall’adolescenza alla maturità, elemento fondativo del Bildunsgroman, appare ora, nella Parigi degli anni ’60 e alla vigilia della contestazione giovanile, come la riduzione ad un mero passaggio temporale privo di maturazione.
Nel corso del romanzo Zazie martella di domande gli adulti: essendo inesperta del mondo vuole conoscere. Ed ecco le continue domande sulla presunta omosessualità dello zio Gabriel, sulla vita sessuale di Charles e della vedova Mouaque, ecc. Zazie vuole fare esperienza e conoscenza del mondo, ma gli adulti si sottraggono alle sue domande e ciò impedisce non solo la comunicazione – si veda, a tal proposito, il saggio ormai incountornable di Roland Barthes dal titolo Zazie e la letteratura [8] – ma anche la formazione della stessa Zazie. È tutto il mondo adulto che Zazie tampina per avere risposte e indicazioni, ma che invece si sottrae a questo ruolo esemplare e paradigmatico di guida. Emerge una questione che da lì a pochi anni sarà fondamentale, nevralgica. Il mondo adulto degli anni Sessanta si è sottratto al ruolo formativo nei confronti della gioventù del tempo, oppure assume un ruolo che la gioventù del tempo non riconosce più: a breve si avrà il ’68 e una rottura che sarà traumatica. E non è difficile immaginarci Zazie, ormai ventenne, tra le fila degli studenti della Sorbonne Université.
Il percorso di Zazie nella Parigi del tempo si identifica come un’erranza nella quale nulla si rivela, ma tutto passa, tutto trascorre. Questa sorta di discesa – elemento caro ai surrealisti, ma depauperato e parodiato da Queneau nel romanzo del ‘59 – nelle profondità dei locali, tutti situati nel sottosuolo, e, ovviamente, il viaggio con il métro, non provoca in Zazie nessun momento di rivelazione: la piccola non apprende, non cresce. E se il mondo degli adulti è impermeabile alle continue domande di Zazie, la stessa ragazzina rende impossibile ogni tipo di comunicazione, rispondendo sempre con il suo geniale «mon cul». Il linguaggio non è comunicativo; Michel Bigot parla di dialoghi come duelli, susseguirsi di battute che non portano a nessun tipo di comunicazione e, di conseguenza, di crescita formativa. In Zazie non c’è nessun cambiamento profondo che le permetta una maturazione, una consapevolezza.
Nel romanzo di Queneau sono presentate in nuce alcune questioni sociali di grande rilevanza storica: l’omosessualità, la pedofilia, l’alcolismo, la rivolta contro le figure adulte, ecc. Sono temi che proprio le scelte stilistiche, linguistiche, espressive di Queneau rendono leggeri, poiché non vengono indagati profondamente, in virtù di quella «leggerezza» che sarà elemento fondamentale dell’esperienza OuLiPo. Zazie incarna benissimo la quasi gioventù di quegli anni, in un modo anche abbastanza contraddittorio: da una parte è attrice del suo agire che, fuori da qualunque autorità famigliare, zigzaga continuamente nella città. Esprime quindi un’esigenza di libertà e in parte la rappresenta, ma vive anche passivamente la mancanza di attenzione del mondo adulto che non la controlla, a partire dalla madre, che la lascia a Parigi per una storiella di serie B destinata a concludersi subito, ma anche dallo zio Gabriel, il quale preferisce dormire piuttosto che cercare Zazie che, nel III capitolo del romanzo, si perde per le strade di Parigi. Da una parte Zazie quindi rappresenta la libertà – il romanzo, come si è detto, prefigura il movimento liberale degli anni Sessanta – e al tempo stesso c’è però la consapevolezza che questo movimento tagli definitivamente con un accudimento, una cura che era rappresentata tanto dalla famiglia quanto dalla società stessa.
L’unico personaggio che sembra tenerci alla sua educazione è la vedova Mouaque, peccato rappresenti l’ipocrisia di un mondo borghese dal quale Zazie vuole decisamente affrancarsi polemicamente.
In conclusione, Zazie invecchia e ne prende atto. E l’unico insegnamento che può offrire il capolavoro di Queneau è forse l’impossibilità della formazione, o meglio, la presa di consapevolezza di un’infinita formazione di cui possiamo essere soggetti: infinita perché non ha fine, non si definisce, non si conclude, non si risolve e non ci risolve. In un mondo caotico, in trasformazione e in continuo divenire, è impossibile definire, classificare: non esiste uomo e donna, e il personaggio di Marceline-Marcel lo insegna bene, ma occorre prendere consapevolezza della complessità del reale e imparare a conviverci.
Alessandro Creatura detto Prospero quando dorme sognando di essere un altro!
È il 1959 quando Raymond Queneau pubblica Zazie dans le métro, romanzo che l’ha reso per sempre «le Pére de Zazie» [1]. Ambientato nella Parigi a cavallo tra anni Cinquanta e Sessanta, Zazie dans le métro rappresenta, grazie alla delineazione di un cronotopo urbano di grande efficacia, una città all’indomani dell’Occupazione e alle soglie di un boom che ne cambierà irreversibilmente il volto.
Il marché aux puces de Saint-Ouen, situato nel XVIIIe arrondissement, è diventato un luogo in cui emerge il consumismo americano di quegli anni, emblema di una contraddizione che sta attraversando la città: sviluppo economico, certo, il famoso miracolo, ma anche il segno di una perdita d’identità. Non c’è più spazio per la cultura parigina, per la tradizione culinaria, per il grande significato che il mercato assumeva nella poetica surrealista degli anni Venti. Il luogo, collocato alle porte della città, è visitato con grande interesse da Zazie che, scappata da casa dello zio, è ora alla ricerca di «bloudjinzes» [2] e occhiali da sole all’ultima moda, oggetti cult di un’epoca non troppo lontana. Ma poi, ancora, riferimenti al «cinémascope», alle lavatrici importate dall’America, alle luci elettriche al neon dei locali e al turismo di massa, che proprio in quegli anni iniziava a diffondersi in tutta Europa e non solo.
L’elemento su cui occorre però concentrarsi è proprio nel titolo, poiché la modernità emerge fin dal paratesto del romanzo: «le métro». Zazie è arrivata a Parigi per fare esperienza della modernità, e ciò equivale ad un bel viaggio sul métro, poiché in provincia non esiste. È quello, infatti. il suo unico desiderio. La madre, Jeanne Lalochère, arrivata a Parigi per incontrare «un jules» [3] qualunque, lascia Zazie dallo zio Gabriel e, una volta uscita dalla Gare d’Austerlitz, subito chiede quando prenderanno il métro. C’è però un problema: a causa di uno sciopero le stazioni metropolitane sono chiuse, quindi Zazie non può essere accontentata. Ribelle, impertinente e anche un po’ sboccata, la ragazzina si arrabbia con tutti, mostrando un atteggiamento che la caratterizzerà per tutto il romanzo e che la renderà uno dei personaggi più memorabili nella storia della letteratura francese del secondo Novecento [4].
La metropolitana alla fine Zazie la prenderà, ma in uno stato di sonno profondo, e ciò fa sì che la protagonista non si sia resa conto del viaggio tanto desiderato. Alla domanda della madre, infatti, la ragazzina dirà di non aver preso il métro, in un explicit ambiguo e proprio per questo di gran fascino:
Alors, qu’est-ce que t’as fait?
J’ai vielli [5]
Al termine di un romanzo ricco di avventure e di incontri con personaggi ambigui e stravaganti, Zazie dichiara di essere invecchiata: è passato del tempo, certo, ma la ragazzina proveniente dalla provincia non è cresciuta. Affrancandosi dal paradigma costitutivo del Bildungsroman e del «principio di classificazione» teorizzato da Franco Moretti [6], Zazie dans le métro di Raymond Queneau mette in discussione la tradizione, sottolineando non solo l’instabilità e il trasformismo dei personaggi – si pensi a Trouscaillon o al personaggio di Marceline -, ma anche del linguaggio e del romanzo stesso, sottolineando come un percorso di formazione sia ormai praticamente impossibile in pieno Novecento.
Avvalendosi di una struttura tradizionale, un’unità di luogo e delle coordinate spazio-temporale verosimili – Zazie arriva a Parigi alla Gare d’Austerlitz ed esattamente trentasei ore dopo ha il treno di ritorno nello stesso punto d’arrivo – il romanzo di Queneau in realtà mette in discussione quella stessa struttura romanzesca che per anni ha caratterizzato la tradizione. Non è un caso che l’anno successivo alla pubblicazione di Zazie, l’autore nato a Le Havre a inizio ‘900 decida di fondare, insieme a François Le Lionnais, l’OuLiPo, le cui tematiche si riverberarono in Italia anche grazie a Italo Calvino. Queneau destruttura la forma romanzo, mettendo in discussione soprattutto la qualità formativa della morfologia di genere.
Sono davvero tanti i discorsi possibili sulla lingua di Queneau e sul suo sperimentalismo, soprattutto in seguito ad una lettura complementare e contrastiva con il Surrealismo, che Queneau conosce – e da cui, poi, si distacca – appena arriva a Parigi negli anni ’20. Fiumi e fiumi di inchiostro sono stati scritti su questi aspetti, insieme ad ampie riflessioni sullo stile di Queneau e sulle sue scelte linguistiche.
Un aspetto su cui non ci si è concentrati molto, però, forse è proprio la possibilità o meno di leggere Zazie dans le métro come un romanzo di formazione. Innanzitutto, occorre sottolineare come Zazie incarni fin da subito il personaggio-tipo del Bildungsroman: giovane, priva di conoscenze pregresse e desiderosa di lanciarsi verso l’ignoto, arriva a Parigi per fare esperienza della modernità del mondo. C’è la mobilità, la giovinezza e l’attesa di trasformazione, di comprensione, di cogliere la novità del tempo con quell’urgenza che caratterizza i personaggi di formazione. Inoltre, la piccola impertinente è la cassa di risonanza di una trasformazione che sta avvenendo nella Parigi del tempo, una città attraversata dalle ferite della guerra ma pronta a rinnovarsi, a imborghesirsi al ritmo del consumismo americano con con i suoi vantaggi e con le sue contraddizioni.
Tuttavia, ritornando all’explicit del romanzo, Zazie si dice invecchiata, non cresciuta. Lei, che sembra sottrarsi a qualunque regola, a qualunque «contrainte» [7] mettendo in discussione, rompendo in maniera fragorosa qualunque elemento autoritario e autorevole all’interno del romanzo, non può sottrarsi al tempo, è nel suo flusso. Nulla, nel romanzo, si sottrae al tempo che inesorabilmente passa. Nulla resiste a questa trasformazione che attraversa il romanzo, nulla resta uguale, neanche i monumenti di Parigi: emblematica è a riguardo la scena del primo viaggio in taxi, nel quale i monumenti di Parigi assumono posizioni differenti in base al punto di vista dei protagonisti.
Invecchiare significa per Zazie subire il passaggio del tempo ma non maturare, visto che nel caso avrebbe potuto utilizzare il verbo grandir. La sua è una constatazione biografica, biologica e che non concerne la maturità del personaggio. La formazione di Zazie non avviene, invecchia, subisce una trasformazione data dal tempo e ciò appare un po’ come una minaccia. Il passaggio dall’adolescenza alla maturità, elemento fondativo del Bildunsgroman, appare ora, nella Parigi degli anni ’60 e alla vigilia della contestazione giovanile, come la riduzione ad un mero passaggio temporale privo di maturazione.
Nel corso del romanzo Zazie martella di domande gli adulti: essendo inesperta del mondo vuole conoscere. Ed ecco le continue domande sulla presunta omosessualità dello zio Gabriel, sulla vita sessuale di Charles e della vedova Mouaque, ecc. Zazie vuole fare esperienza e conoscenza del mondo, ma gli adulti si sottraggono alle sue domande e ciò impedisce non solo la comunicazione – si veda, a tal proposito, il saggio ormai incountornable di Roland Barthes dal titolo Zazie e la letteratura [8] – ma anche la formazione della stessa Zazie. È tutto il mondo adulto che Zazie tampina per avere risposte e indicazioni, ma che invece si sottrae a questo ruolo esemplare e paradigmatico di guida. Emerge una questione che da lì a pochi anni sarà fondamentale, nevralgica. Il mondo adulto degli anni Sessanta si è sottratto al ruolo formativo nei confronti della gioventù del tempo, oppure assume un ruolo che la gioventù del tempo non riconosce più: a breve si avrà il ’68 e una rottura che sarà traumatica. E non è difficile immaginarci Zazie, ormai ventenne, tra le fila degli studenti della Sorbonne Université.
Il percorso di Zazie nella Parigi del tempo si identifica come un’erranza nella quale nulla si rivela, ma tutto passa, tutto trascorre. Questa sorta di discesa – elemento caro ai surrealisti, ma depauperato e parodiato da Queneau nel romanzo del ‘59 – nelle profondità dei locali, tutti situati nel sottosuolo, e, ovviamente, il viaggio con il métro, non provoca in Zazie nessun momento di rivelazione: la piccola non apprende, non cresce. E se il mondo degli adulti è impermeabile alle continue domande di Zazie, la stessa ragazzina rende impossibile ogni tipo di comunicazione, rispondendo sempre con il suo geniale «mon cul». Il linguaggio non è comunicativo; Michel Bigot parla di dialoghi come duelli, susseguirsi di battute che non portano a nessun tipo di comunicazione e, di conseguenza, di crescita formativa. In Zazie non c’è nessun cambiamento profondo che le permetta una maturazione, una consapevolezza.
Nel romanzo di Queneau sono presentate in nuce alcune questioni sociali di grande rilevanza storica: l’omosessualità, la pedofilia, l’alcolismo, la rivolta contro le figure adulte, ecc. Sono temi che proprio le scelte stilistiche, linguistiche, espressive di Queneau rendono leggeri, poiché non vengono indagati profondamente, in virtù di quella «leggerezza» che sarà elemento fondamentale dell’esperienza OuLiPo. Zazie incarna benissimo la quasi gioventù di quegli anni, in un modo anche abbastanza contraddittorio: da una parte è attrice del suo agire che, fuori da qualunque autorità famigliare, zigzaga continuamente nella città. Esprime quindi un’esigenza di libertà e in parte la rappresenta, ma vive anche passivamente la mancanza di attenzione del mondo adulto che non la controlla, a partire dalla madre, che la lascia a Parigi per una storiella di serie B destinata a concludersi subito, ma anche dallo zio Gabriel, il quale preferisce dormire piuttosto che cercare Zazie che, nel III capitolo del romanzo, si perde per le strade di Parigi. Da una parte Zazie quindi rappresenta la libertà – il romanzo, come si è detto, prefigura il movimento liberale degli anni Sessanta – e al tempo stesso c’è però la consapevolezza che questo movimento tagli definitivamente con un accudimento, una cura che era rappresentata tanto dalla famiglia quanto dalla società stessa.
L’unico personaggio che sembra tenerci alla sua educazione è la vedova Mouaque, peccato rappresenti l’ipocrisia di un mondo borghese dal quale Zazie vuole decisamente affrancarsi polemicamente.
In conclusione, Zazie invecchia e ne prende atto. E l’unico insegnamento che può offrire il capolavoro di Queneau è forse l’impossibilità della formazione, o meglio, la presa di consapevolezza di un’infinita formazione di cui possiamo essere soggetti: infinita perché non ha fine, non si definisce, non si conclude, non si risolve e non ci risolve. In un mondo caotico, in trasformazione e in continuo divenire, è impossibile definire, classificare: non esiste uomo e donna, e il personaggio di Marceline-Marcel lo insegna bene, ma occorre prendere consapevolezza della complessità del reale e imparare a conviverci.
Alessandro Crea
Purtoppo per errore ho postato un pezzo per distrazione che non è stato scrittotutto me v Ma nemmeno da Alessandro Crea che non ha nessua responsabilità
Come fare??? Se l’autore , del pezzo originale, mi perdona tutto finisce qui! In caso contrario chiedo al proprietario del blog di rimuoverlo”” Grazie a tutti e scuse cento volte!! Tomaso rospero Turchi