Una piccola isola messicana sul lago Teshuil, fra Xochimilco e Città del Messico, è chiamata Isla de las munecas, l’Isola delle bambole. Al centro di una affascinante leggenda, è divenuta nel tempo una curiosa e suggestiva meta turistica.
Quando il visitatore sbarca sull’isola, lo accoglie un’atmosfera sospesa: migliaia e migliaia di bambole sono appese agli alberi e penzolano in ogni dove, come piccoli impiccati senz’anima.
Eppure un’anima ce l’hanno, ed è quella della leggenda. Qui, si narra, proprio nel canale che passa di fianco all’isola, tre fanciulle stavano giocando quando una di esse annegò nelle acque scure della laguna. Molti anni dopo, un recluso e solitario uomo chiamato Don Julian Santana, si istallò sull’isola. Memore del passato oscuro del luogo, decise di costruire un santuario per lo spirito della povera bambina annegata. Cominciò ad appendere alcune bambole per cercare di placare l’anima della piccola, per donarle qualcosa con cui giocare.
Nelle terre vicine, Julian appariva soltanto per rovistare tra i bidoni della spazzatura alla ricerca di nuove bambole, o per acquistarne di antiche per pochi soldi. A poco a poco, fu la gente limitrofa che cominciò a rendere visita al solitario personaggio: gli abitanti del luogo portavano le bambole che avevano in casa per barattarle con i frutti e gli ortaggi che Julian coltivava sull’isola.
Con il passare del tempo, la collezione di bambolotti divenne enorme. L’intero isolotto fu popolato da questi giocattoli talvolta semidistrutti, rotti, esposti alle intemperie. Eppure questo tributo che Julian (e, assieme a lui, gli altri abitanti di quelle zone) offrivano allo spirito della ragazzina è la testimonianza della concezione, tutta messicana, della morte e della transitorietà.
Come il Giorno dei Morti ( di cui abbiamo già parlato) è un momento di riflessione sulla nostra caducità che si riverbera nella tradizione popolare, così anche l’Isola delle Bambole altro non è se non un luogo di meditazione sulla morte e sull’impermanenza.
Quello che è comunque notevole è l’aspetto surreale, macabro e grottesco ma al tempo stesso magico che il luogo conserva: inizialmente impressionato, il visitatore coglie pian piano il senso di grande pietà e di raccoglimento dell’isola. La magia di queste bambole semidistrutte che ondeggiano nella brezza diviene un simbolo della nostra esistenza, e dell’amore che può legare persone che nemmeno si conoscono. Una bambina annegata, e un enorme santuario dedicato alla sua felicità, affinché possa giocare per sempre.
è bellissimo!!!!!!!!!!!
triste e grottesco
ohh che storia triste quella della bambina annegata…questo significa una cosa sola: menefreghismo dei genitori verso la piccola !!
AMIAMO I NOSTRI BAMBINI !!
e comunque… perchè appendere le bambole come fossero dei condannati all’ impiccagione ? piuttosto io avrei messo la bambola in un qualche posto dove potesse mai rovinarsi…così le bambole hanno solo un aspetto orribile e spaventoso !! quando andrò sull’ isola per regalare una bambola alla bambina defunta, GIURO che se la devo mettere, la lascio in una scatola SIGILLATA contro l’acqua e le intemperie varie, così non si rovinerà come le altre bambole !! sarà immacolata !! ma sopratutto bellissima a vedersi…come una fata in mezzo ai zombie !!
Ti capisco, Angelo, ma la tradizione messicana è più intrisa di morte della nostra. Credo che, anche così, proprio a causa del loro aspetto consunto, abbiano una poesia tutta loro, inarrivabile. Se fossero tutte belle nuove non avrebbero lo stesso effetto, no?
l’hai detto, se fossero belle e nuove, o meglio antiche ma non rovinate, non avrebbero lo stesso effetto…ma appendere le gambe oppure i busti o anche semplicemente le teste senza corpo, lì per lì fa anche abbastanza schifo…. almeno cercassero di ripararle…
se decido di regalare una bambola alla bimba defunta quando andrò là sarà solo per rispetto !!
cioè guarda…ci sono addirittura quelle senza braccia o testa….!!
Non dobbiamo pensare alla morte come la fine…ma come l’inizio di una nuova vita…questa bambole distrutte invece dimostrano il contrario… devono essere un segno d’amore, non un segno di violenza dai ! cioè sembra lo scenario di un film horror…dimmi tu !
E non prendertela, su! 😀
eheheheheheheheheh !!! tranquillo !! era solo una mia opinione !!
approposito…BUON ANNO !!!
Buon anno a te! 🙂
Ho visto in posto identico in una puntata del serial THE RIVER. In questa occasione il posto si trova nella foresta lungo il Ri
o delle Amazzoni.
Da anni sono un cultore della Santa Muerte messiccana – è un culto vero e proprio, sistematizzato e organizzato – e conoscevo già la storia dell’Isola delle Munequitas – la prossima volta che andrò in Messico, porterò il mio tirbuto sull’Isola, naturalmente!!
Conoscerai allora il buon libro di Fabrizio Lorusso, Santa Muerte. Patrona dell’umanità. 😉
Certamente -bellissimo testo, completo ed esatto, e soprattutto, “non-sensazionalistico” – in Italia è disponibile, comunque, anche il testo di Mauro d’Angelo, sulla Santissima, in cui la si esamina più dal punto di vista “esoterico” che da quello della cultura popolare, come avviene nel testo di Lorusso.
Ci darò un’occhiata, grazie.
A vostra disposizione – “Se ve y se siente – y la Santa ESTA PRESENTE!!” 😉
<3
Quant’è triste!!!!
T︵T