Qualche tempo fa Lidia, una nostra lettrice, ci segnalava la presenza della statua di un écorché (“scorticato”, una delle raffigurazioni classiche dell’anatomia umana) proprio all’interno del Duomo di Milano: si tratta del celebre San Bartolomeo di Marco D’Agrate. Eccolo qui sotto.
Lidia si chiedeva: com’è possibile che una statua simile venisse posta all’interno di un Duomo, proprio in un periodo (il XVI secolo) in cui l’utilizzo di cadaveri per la dissezione comportava la scomunica?
Questo apparente paradosso ci dà la possibilità di fare luce su alcuni miti relativi al Medioevo, in particolare riguardo ai rapporti fra la Chiesa cattolica e lo studio dell’anatomia.
L’idea che molti hanno degli albori degli studi anatomici e chirurgici si ricollega all’idea di Medioevo come di un’epoca buia, pervasa da ignoranza e superstizione; in questo contesto, i primi studiosi dell’anatomia sarebbero stati dei pionieri “fuorilegge”, che riesumavano cadaveri ed eseguivano le loro dissezioni di nascosto, perché su queste azioni gravava la pena della scomunica o, ancora peggio, la reclusione. Leonardo da Vinci, responsabile delle prime dettagliate illustrazioni dell’interno del corpo umano, e inventore del moderno disegno anatomico (quello “esploso”, che mostra come gli organi siano posizionati e si rapportino l’uno all’altro), effettuò le sue dissezioni in gran segreto, o almeno così ci hanno sempre raccontato, per evitare ritorsioni dalla Chiesa.
Preparatevi però a una sorpresa: queste idee sono state grandemente ridimensionate dagli studiosi a partire dagli anni ’70, fino ad arrivare a sostenere che la Chiesa cattolica non abbia mai condannato né le dissezioni, né lo studio dell’anatomia, né tantomeno la chirurgia.
Da cosa nasce allora questa confusione? Principalmente dalla cosiddetta “tesi del conflitto”, nata in ambito positivista nel XIX secolo: alcuni studiosi di storia infatti (White e Draper in particolare) sostennero che la Chiesa fosse da sempre stata in conflitto con la scienza, perché quest’ultima contraddice i miracoli; lo sviluppo delle materie scientifiche, quindi, sarebbe andato contro gli interessi del Pontefice e della comunità ecclesiastica, entrambi intenti a mantenere salvi i proventi della loro “vendita dell’Agnus Dei”. Quest’idea godette subito di grande popolarità, benché le fonti coeve non riportassero esplicitamente traccia di questa lotta acerrima fra scienza e religione. Gran parte degli autori, a dir la verità, non citava e spesso non si prendeva nemmeno la briga di verificare e studiare approfonditamente il diritto canonico e gli atti dei concili.
A complicare le cose, ci furono un paio di canoni e bolle papali che vennero interpretati in maniera errata o parziale. È vero infatti che alcune restrizioni erano state decise dalla Chiesa per vietare a parte del clero di studiare l’anatomia. Ad esempio, un canone approvato in diversi concili ecclesiastici prevedeva che fosse proibito a monaci e canonici regolari lo studio della medicina. Ma se si leggono approfonditamente le motivazioni di questa proibizione, si scopre che essa veniva messa in atto per limitare quella “prava e detestabile consuetudine” che alcuni monaci avevano preso di studiare “giurisprudenza e medicina al fine di ricavarne un guadagno temporale”. Un monaco avrebbe dovuto dedicarsi alla preghiera e al conforto delle anime – ma al tempo molti si dedicavano invece alla medicina e alla giurisprudenza come secondo lavoro; ed era questa sete di guadagno che, secondo il canone, male si addiceva a degli uomini di fede. D’altronde il canone è tutto incentrato sul problema dell’avidità, e vi si proibiscono anche simonia e usura: il fatto che ai monaci venisse vietato anche lo studio della giurisprudenza fa capire bene come non fosse la medicina il problema essenziale.
Un altro canone si scagliava contro quei membri della Chiesa che erano soliti “lasciare i loro chiostri per studiare le leggi e preparare medicine, con il pretesto di aiutare i corpi dei loro fratelli malati […] stabiliamo allora, con il consenso del presente concilio, che a nessuno sia permesso di partire per studiare medicina o le leggi secolari dopo aver preso i voti ed aver fatto professione di fede in un certo luogo di religione”. Anche in questo caso non viene mai proibita la pratica della medicina; vengono accusati quei ministri di Dio che abbandonano il loro chiostro per perseguire scopi differenti. Come a dire, una volta che hai preso i voti, la tua strada deve essere quella del Signore, a quello devi dedicarti, senza che altre discipline ti distraggano dai tuoi compiti.
Un altro dilemma morale era che la chirurgia curava di certo molti malati, ma spesso portava alla morte del paziente. Questo mal si conciliava con l’assunzione ad alte cariche nella Chiesa, e pertanto praticare la chirurgia fu proibito agli Ordini Maggiori (insieme, per esempio, al divieto di pronunciare sentenze di morte o di essere a capo di uomini che spargono sangue). Ancora una volta, nessuna traccia della proibizione della pratica chirurgica in sé; e ancora una volta questi divieti erano limitati soltanto a una specifica parte del clero.
Ma forse il più incredibile fra i miti relativi alla Chiesa è l’editto denominato Ecclesia abhorret a sanguine (“La Chiesa aborre dal sangue”). Questa frase, citata e ricitata nei secoli a riprova della distanza fra Chiesa e chirurgia, venne attribuita a un fantomatico editto: eppure esso non è presente in alcun canone di alcun concilio! Pare che uno storico del XVIII secolo, citando un passo delle Recherches de la France di Étienne Pasquier, abbia deciso di tradurlo in latino e di scriverlo in corsivo. Da quel momento, tutti gli storici successivi presero il motto come una citazione diretta da qualche canone, senza controllarne l’effettiva provenienza.
E le dissezioni? Anche qui, ben poco che ci confermi una presunta presa di distanza della Chiesa. Ci fu, è vero, la bolla De sepulturis, nata con l’intento di combattere l’usanza, fiorita in Terra Santa durante le Crociate, di tagliare a pezzi il corpo dei nobili e di bollirli per separare la carne dalle ossa e riportare più agevolmente le spoglie a casa, oppure per seppellirle in diversi luoghi ritenuti sacri. Nella bolla non si proibiva di fare a pezzi un corpo per scopi scientifici (la preoccupazione era rivolta appunto a quella pratica di sepoltura definita “abominevole”), ma forse la bolla poté essere liberamente interpretata e usata per limitare in alcuni rari casi anche le dissezioni anatomiche.
Quello che è certo è che i monasteri erano da sempre i depositari dei maggiori testi di anatomia e medicina, che una buona parte del clero studiava queste discipline, e che le dissezioni vennero praticate durante tutto il Medioevo senza particolari problemi. Già nel XIII secolo le autopsie erano utilizzate e legalmente permesse come pratiche sperimentali per accertare le cause di un decesso e prevenire eventuali epidemie. È proprio dal XIV secolo che la pratica della dissezione, partendo da Bologna, iniziò a diffondersi gradualmente in tutte le altre università italiane ed europee, senza trovare alcun ostacolo.
E, se ancora non siete proprio convinti che la Chiesa non avesse problemi con la dissezione di un cadavere, pensate a quello che succedeva ai corpi dei santi, spesso letteralmente smembrati appena morti, ad opera degli stessi ecclesiastici… per farne reliquie.
Semplice e chiaro. Ben scritto, anche.
Vorrei averlo avuto sottomano quando la mia docente di Sociologia, sull’onda della fiction I pilastri della terra, ha definito il Medioevo un’epoca buia dominata dal potere oscurantista della Chiesa (quasi letteralmente).
Ma forse non sarebbe servito: soltanto mi ‘ruga’, cioè mi rode ancora il non essere stata abbastanza svelta e decisa da ribattere che quest’idea è uno stereotipo-bufala ormai smentito che persino un’ignorante di storia come me sa essere tale. Uff.
È un’idea difficile da scrollarsi di dosso, perché ha un suo innegabile fascino (l’epoca tenebrosa, intendo dire) che ha nel tempo contaminato romanzi, film e fumetti.
Ah, sì. E giochi di ruolo! (Ecco, adesso mi sono illuminata 😉 )
il medioevo è un periodo storico estremamente interessante, un mio grande rammarico è non averlo studiato più approfonditamente all’ università. la cosa che più mi affascina sono le numerose cotraddizioni (spesso create da una nostra errata interpretazione dei fatti) che lo caratterizzano!
articolo davvero, davvero molto interessante, grazie :)!!!
È vero, il Medioevo è estremamente affascinante – ma quale epoca è priva di contraddizioni? 😉
Il problema forse non è tanto il fatto che la Chiesa permettesse o meno un’ analisi dell’anatomia interna dei cadaveri, quanto di come la religione cristiana abbia influenzato in modo diretto e indiretto l’interpretazione di queste osservazioni. Specie per quanto riguarda il corpo della donna, all’epoca assoggettato in tutto e per tutto al modello del corpo maschile. A rendere ancora meno obiettiva questa ricerca sulla fisiologia della donna si aggiungeva il fatto che la donne fosse del tutto sottomessa all’autorità e il “finalismo teologico” di allora che la voleva esclusivamente come essere asservito all’uomo utile solo alla procreazione.
Chiaramente questa visione non si ripercuoteva esclusivamente nelle osservazioni dell’anatomia interna, ma anche di quella esterna, basti pensare al dibattito sull’utilità della clitoride. Nessuno era mai arrischiato a supporre che quell’organo desse la possibilità di una capacità di piacere autonoma, il principio finalista sarebbe stato messo in discussione (c’era chi, arrampicandosi sugli specchi, ne faceva un’analogia con l’ugola); così pure i seni, trascurati almeno fino al XIV sec e utili, a detta dei manuali, per fare uscire il latte, all’epoca considerato addirittura sangue mestruale sbiancato.
Questo processo di svilimento della fisiologia della donna aveva portato per secoli a ritenere assolutamente affidabili alcuni trattati della scuola di Salerno dove si studiava l’anatomia femminile a partire da quella delle scrofe (Anatomia di Cophon). Ancora nel XIII secolo, quando vennero praticate le prime dissezioni, si continuavano a cercare gli segni osservati nella fisiologia del maiale, che confermassero la visione finalistica e sottomessa della donna.
Questa “trasposizione” della fisiologia e anatomia animali sull’uomo, senza correzioni, in realtà si applicava anche ai maschi. Si trattava della grande e lunga tradizione galenica.
Pensa che verrà soppiantata soltanto da Andrea Vesalio nel XVI secolo, che per primo osò mettere in dubbio alcuni concetti di Galeno, come ad esempio lo pneuma. 🙂
Relativamente alla concezione che il corpo femminile veniva studiato in anatomia esclusivamente per la sua funzione procreativa lo si vede in tutti i modelli di cere anatomiche sua della scuola fiorentina che di quella bolognese.
Il corpo della donna in generale o anche solo i dettagli delle sue parti intime vengono sempre rappresentati in stato di gravidanza.
Uh, ho appena finito di leggere un romanzo storico che dava un’interpretazione totalmente diversa del rapporto tra medicina e chiesa… Il libro in questione è Medicus (The physician) di Noah Gordon, ambientato intorno all’anno mille.
Praticamente, lì si diceva che i preti intralciavano l’operato dei medici definendosi “tutori” dell’uomo sia nel corpo che nello spirito, e che pretendevano di risolvere ogni malanno con le preghiere. La medicina veniva esercitata dai medici veri e propri, scarsamente istruiti e grandi amanti dei salassi, e dai cerusici itineranti che erano principalmente ciarlatani.
Il protagonista se ne va in persia per studiare come medico, ma anche lì la dissezione era proibita per le regole del corano. Si studiava anatomia su cadaveri di maiale, definiti uguali a quelli umani.
Non so se l’autore si sia informato poco, o se la sua sia semplicemente una visione un po’antica del medioevo… Il romanzo non è recentissimo.
Ad ogni modo, mi piacerebbe davvero approfondire l’argomento. Qualcuno ha libri in merito da consigliarmi, anche in inglese?
Circa la professione medica in quell’epoca, da wiki: “Per identificare il medico si utilizzavano nel Medioevo due termini, medicus e physicus. Questi due termini non erano intercambiabili: medicus indicava colui che esercitava la medicina in pratica, visitando pazienti, facendo diagnosi e prescrivendo cure; physicus identificava invece colui che aveva un’approfondita conoscenza teorica della medicina e delle scienze naturali in generale, praticamente un filosofo. Chi esercitava essenzialmente la chirurgia, veniva chiamato, per l’appunto, cyrurgicus; il lavoro di questi era per lo più manuale, ed infatti venivano anche definiti practici, ma non erano certo persone meno istruite dei loro colleghi. Quelli che invece avevano un’istruzione inferiore erano i cosiddetti barbieri-chirurghi (barberus oppure rasorius), che si occupavano essenzialmente di salassi, cura delle ferite e semplici operazioni chirurgiche”.
ti consiglio un’articolo sul popolo skoptsy:
“Gli Skoptsy o popolo di Dio erano una setta formatasi in rusia nel 18mo secolo. Essi credevano che, dopo la cacciata dal giardino dell’eden di Adamo ed Eva, questi continuassero a mantenere il frutto proibito del peccato nei testicoli e nel seno.Quindi la rimozione degli organi sessuali, riportava gli Skoptsy allo stato originario prima del peccato originale.”
Girava in FB e t’ho pensato 😉
Grazie mille, interessantissimo!
E poi è sempre commovente quando qualcuno legge di castrazione e mastectomia, e pensa a te… 😀
ahahahah vero?! :PP
Ottimo articolo. Lo mostrerò ai miei studenti.