Daikichi Amano

Daikichi Amano è un fotografo nato in Giappone nel 1973; dopo gli studi in America, torna in patria e si dedica inizialmente alla moda. Stancatosi delle foto patinate commissionategli dalle riviste, decide di concentrarsi su progetti propri e comincia fin da subito a scandagliare il lato meno solare della cultura nipponica: il sesso e il feticismo.

I primi scatti di questa nuova piega nel suo lavoro sono dedicati al cosiddetto octopus fetish (di cui avevamo già parlato brevemente in questo post): belle modelle nude vengono ricoperte di piovre e polpi, che talvolta sottolineano con i tentacoli le loro forme, ma più spesso creano una sorta di grottesco e mostruoso ibrido. Le immagini sono al tempo stesso repellenti e sensuali, quasi archetipiche, e il raffinato uso della luce e della composizione fa risaltare questa strana commistione di umano e di animale, sottolineando la sessualità allusa dalla scivolosa e umida pelle dei cefalopodi.

Poi gli animali cambiano, si moltiplicano, proliferano sui corpi delle modelle che sembrano sempre più offerte in sacrificio alla natura: anguille, rospi, rane, insetti, vermi ricoprono le donne di Amano, in composizioni sempre più astratte e surreali, ne violano gli orifizi, prendono possesso della loro fisicità.


Con il passare del tempo, la fotografia di Daikichi Amano rivela sempre di più il valore mitologico che la sottende. Le donne-uccello ricoperte di piume ricordano esplicitamente l’immaginario fantastico nipponico, ricco di demoni e fantasmi dalle forme terribili e inusitate, e la fusione fra uomo e natura (tanto vagheggiata nella filosofia e nella tradizione giapponese) assume i contorni dell’incubo e del surreale.

Mai volgare, anche quando si spinge fino nei territori tabù della rappresentazione esplicita dei genitali femminili, Amano è un autore sensibile alle atmosfere e fedele alla sua visione: non è un caso che, così pare, alla fine di ogni sessione fotografica egli decida di mangiare – assieme alle modelle e alla troupe – tutti gli animali già morti utilizzati per lo scatto, siano essi polpi o insetti o lucertole, secondo una sorta di rituale di ringraziamento per aver prestato la loro “anima” alla creazione della fotografia. Il mito è il vero fulcro dell’arte di Amano.


Le sue fotografie sono indubbiamente estreme, e hanno creato fin da subito scalpore (soprattutto in Occidente), riesumando l’ormai trito dibattito sui confini fra arte e pornografia: qual è la linea di separazione fra i due ambiti? È ovviamente impossibile definire oggettivamente il concetto di arte, ma di sicuro la pornografia non contempla affatto il simbolico e la stratificazione mitologica (quando si apre a questi aspetti, diviene erotismo), e quindi ci sentiremmo di escludere le fotografie di Amano dall’ambito della pura sexploitation. Andrebbe considerata anche la barriera culturale fra Occidente e Giappone, che pare insuperabile per molti critici,  soprattutto nei riguardi di determinati risvolti della sessualità. Ma nelle fotografie di Amano è contenuta tutta l’epica del Sol Levante, l’ideale della compenetrazione con la natura, il concetto di identità in mutamento, l’amore per il grottesco e per il perturbante, la continua seduzione che la morte esercita sulla vita e viceversa.


Le sue immagini possono sicuramente turbare e perfino disgustarci, ma di certo è difficile licenziarle come semplice, squallida pornografia.

Ecco il sito ufficiale di Daikichi Amano.

20 comments to Daikichi Amano

  1. Pavona* says:

    io non lo trovo per niente pornografico! si capisce chiaramente che non cè il “sesso” fra i temi dei suoi scatti, ma casomai la “sessualità”, e sono due cose ben diverse!
    anzi trovo le sue opere davvero molto interessanti, sia d aun pusto di vista estetico che tecnico e concettuale: mi piacciono molto le foto con i polpi (specie le utlime due), lo scatto con la modella ricoperta di pesci rossastri, quella con le farfalle e quella con le piume bianche. Non è da meno nemmeno la foto con la ragazza fra i manichini rotti!!
    Daltra parte non mi dicono niente, anzi mi fanno anche un po’ sorridere!, lo scatto con il sedere ricoperto di insetti e quello con la donna penetrata dalle anguille..
    La cultura giapponese è davvero complessa ed articola, varrebbe la pena poterla conoscere più approfonditamente, anche se credo che per quanto aperti di mente e liberi da preconcetti per il “diverso” (in senso lato, ovviamente) per noi occidentali sarà sempre impossibile capirla fino in fondo; come daltronde immagino sarà per loro impossibile comprendere la nostra 🙂
    Comunque un fotografo davvero interessante, grazie per la segnalazione!

  2. marswarhol says:

    Beh, bisogna un secondo prendere qualche misura, per vedere la sottile linea tra porno ed erotismo.
    Intanto l’octopus fetish, cos’è?
    E’ un feticismo animale, non vorrei dire zoofilia, ma si avvicina molto. Ricordando che il feticismo è una parafilia, possiamo dire che stiamo su un filo del rasoio, che in qualche foto, cade nell’erotismo (foto 2, 9), dall’altra, dal mio punto di vista, nella pornografia (le anguille nel sedere).
    Parlo da un punto di vista professionale, visto che pratico la stessa professione.
    Infine mi complimenterei per il coraggio delle modelle.

  3. AlmaCattleya says:

    la foto che più mi ha colpito è quella di lei metà albero con le farfalle (forse perché disegno queste donne-albero?;D) e poi la seconda foto prima di questa. Le trovo più significative.
    anche a me di quella penetrata dall’anguilla mi fa un po’ sorridere.

  4. Bitume I says:

    In queste foto c’è troppo poco sperma.

    • bizzarrobazar says:

      Quindi arte, suppongo? 😉

      • Bitume I says:

        Non so, anche perchè c’è gente che utilizza lo sperma come vettore artistico. Ad ogni modo una triple vaginal penetration + anal è senz’altro pornografia (è in sostanza un’allusione, se così possiamo chiamarla, di una donna penetrata contemporaneamente da quattro peni). IMHO l’unico elemento mancante è un abbondante condimento a base di sperma, se si vuol enfatizzare l’accento fetish, visto che il gokkun oggi è, grazie alla rete, una pratica forse non tanto spe(ri)mentata ma certamente conosciuta.

        • bizzarrobazar says:

          C’è chi direbbe: allora una donna penetrata da quattro peni non può essere arte? (La questione dello sperma non la capisco perfettamente).

          Credo che, viste le migliaia di rappresentazioni erotiche e fantasiose esistenti in ogni tradizione, questo dibattito (pornografia o no) non sia particolarmente interessante. Forse è meglio domandarsi: perché una donna penetrata da un pugno di anguille mi turba? Quali archetipiche note fa risuonare in me, se è il caso? E perché?

    • Vins says:

      è molto interessante la storia del bukkake,, in sintesi rappresentare così tanto sperma nei film porno, è un’idea che nasce negli anni ’80 per compensare la forte censura giapponese, che impediva la visione degli organi genitali maschili.

  5. wordssocialforum says:

    adoro

  6. Vins says:

    Sempre interessantissimi i tuoi articoli, sottolinei e risottolinei, quasi a difendere, il fatto che c’è una critica continua dell’occidente, verso il modo di fare arte nipponica. Ma forse la critica è rivolta più che altro a questa ottica unilaterale che hanno, verso l’estremo e il pornografico, il robotico e l’esasperato. Sembra che non sappiano più trovare l’arte nella semplicità e nella delicatezza, è quel che penso io. è finito il tempo della cerimonia del thè, delle stampe di hiroshige, delle poesie haiku, dell’osservare i petali che cadono da un cilieggio in fiore e ritrovarci il senso della vita. Poi è arrivato godzilla e ha distrutto tutto.
    Tutto ciò sembrano i segnali di una società malata.

    ma dato che qui di macabro si parla, ottimo articolo.
    dovresti conoscere i lavori di Toshio Saeki.
    alla prossima!

    • AlmaCattleya says:

      veramente se hai guardato il link che c’è inizialmente, vedrai che queste foto non sono una tematica nuova nell’immaginario giapponese. Lo stesso Hiroshige oltre ad aver dipinto la famosa onda e le vedute del monte Fuji, ha dipinto anche Il sogno del pescatore dove questa donna, il dipinto del link.
      il problema è confondere la cultura del Giappone con un certo esotismo che sa tanto di fiaba.
      E’ un po’ come se gli stranieri pensassero all’Italia come al paese del sole, della cordialità. Tutto ciò è davvero stereotipato.

  7. Paolino Perpetuoni says:

    Vorrei, per una volta, sfatare il mito del “questa è arte, non c’è nulla di pornografico” , che è un male (uno dei tanti) della nostra cultura, da 40 anni a questa parte, il quale ci fa scambiare per opere immortali anche le cagate più abominevoli. Preciso che non è questo il caso.
    Gran parte delle immagini postate dal Sig. Bizzarro Bazar (che non smetterò mai di ringraziare per i suoi post sempre interessanti e stimolanti e soprattutto divulgativi) sono tratte dall’infame serie di video chiamata GENKI GENKI, che di pornografico, ironia della sorte, ha tutto.
    Questa serie di video, della quale tra l’altro sono fruitore in quanto ne apprezzo l’estetica e lo spingersi veramente oltre, nasce proprio come prodotto pornografico. Ovviamente, in Giappone, patria dell’estremo a tutti i costi, anche la pornografia a volte sa essere veramente weird. Oltre all’intrattenersi con le simpatiche bestiole (che è bene sottolinearlo: alla fine della performance sono quasi sempre maciullate, ridotte a una poltiglia informe, soprattutto quando si tratta di invertebrati) la modella di turno viene spesso brutalizzata da omaccioni bianco-vestiti e infine, ebbene si, bagnata di sperma.
    Per concludere, consiglio a tutti gli avventori di Bizzarro Bazar di visionare almeno una volta un Genki Genki, anche se di difficile reperibilità; se non altro per “tastare con mano” quanto possono essere malati questi maledetti musi gialli.
    Ovviamente scherzo.
    Cordialità.

    • bizzarrobazar says:

      Ciao Paolino, conosco bene la serie Genki Genki, e Amano ha cominciato proprio da lì la sua carriera. Direi però che c’è stata un’innegabile evoluzione nel suo stile e nella ricercatezza compositiva; detto questo, non mi è mai interessato molto affibbiare etichette (come pornografia o arte) a questo o quest’altro prodotto, è effettivamente un dibattito sterile. Quanto allo scambiare le “cagate” per opere immortali, non saprei: esiste ancora qualcosa di immortale, oggi? 🙂

  8. Paolino Perpetuoni says:

    La mia era solo una piccola provocazione;) Oggi, fin dall’alba dei tempi, ogni cosa è immortale ed eterna, non solo l’arte dei musei. Anche e soprattutto la pornografia. Le pagine di Bizzarro Bazar sono zeppe di cose immortali.
    Secondo me.

    • bizzarrobazar says:

      Sì, avevo compreso bene il tuo intento provocatorio e umoristico. 😉
      Fatto sta che oggi assistiamo a una profusione di informazione mai vista prima, ed è vero che, come dici tu, tante volte si vede sbandierare il concetto di “arte” a sproposito. Quello di cui scrivo è ciò che mi incuriosisce, mi diverte o mi turba. Tutto qui, senza pretese di far digerire come opera d’arte qualcosa che un qualsiasi spettatore può invece trovare ripugnante. Per me ogni scoperta che metta alla prova i miei limiti è sempre risultata feconda, sia che io la condivida o no. Per questo ho visionato i filmati Genki Genki, combattendo una mia battaglia interiore tra vomito, insetti e anguille, nonostante non li apprezzi particolarmente… e per questo ho deciso di aprire questo blog: tutto ciò che è weird aggiunge, a mio parere, una nuova prospettiva sul mondo.

  9. Nemo says:

    Personalmente ho apprezzato queste foto, il loro essere grottesche esalta la loro artisticità. Non lo ho trovate nemmeno scandalose o particolarmente forti.

  10. victor says:

    se la gente chiama questa arte, direi che il buon gusto della gente attuale non ha più cervello…

  11. Giacomo says:

    Alcune foto sono belle, altre decisamente trash

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