Il Museo Criminologico di Roma

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Nella seconda metà dell’800, in Europa e in Italia, divenne sempre più evidente la necessità di una riforma carceraria; allo stesso tempo, e grazie agli intensi dibattiti sulla questione, crebbe l’interesse per lo studi delle cause della delinquenza, e dei possibili metodi per curarla. Mentre quindi la Polizia Scientifica muoveva i primi passi, il grande criminologo Cesare Lombroso studiava le possibili correlazioni fra la morfologia fisica e l’attitudine al delitto, e grazie a lui prendeva vita il primo, grande museo di antropologia criminale a Torino.

A Roma, invece, si dovette aspettare fino al 1931 perché potesse aprire al pubblico il “Museo Criminale”, che ospitava la collezione di reperti utilizzati precedentemente per gli studi della scuola di Polizia scientifica. Il Museo ebbe poi fasi e fortune alterne, tanto da venire chiuso nel 1968, e riaperto solo nel 1975 con la nuova denominazione “MUCRI – Museo criminologico”. La nuova sede, all’interno delle carceri del palazzo del Gonfalone, è quella in cui il Museo si trova ancora oggi. Dalla fine degli anni ’70 il museo è stato nuovamente chiuso per quasi vent’anni, per riaprire al pubblico nel 1994.

Il Museo oggi conta centinaia di reperti, divisi in tre grandi sezioni: la Giustizia dal Medioevo al XIX secolo, l’Ottocento e l’evoluzione del sistema penitenziario, il Novecento e i protagonisti del crimine.

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La prima sezione, che ripercorre i metodi di punizione e di tortura in uso dal Medioevo fino al XIX secolo, è ovviamente la più impressionante. Dalle asce per decapitazione cinquecentesche, alle gogne, ai banchi di fustigazione, alle mordacchie, agli strumenti di tortura dell’Inquisizione, tutto ci parla di un’epoca in cui la crudeltà delle pene eguagliava, se non addirittura superava, quella del crimine stesso. Fra gli oggetti esposti segnaliamo la tonaca del celebre boia pontificio Mastro Titta, la spada che decapitò Beatrice Cenci, una forca e tre ghigliottine (fra cui quella in uso a Piazza del Popolo fino al 1869).

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Nella seconda sezione, dedicata all’Ottocento, troviamo traccia della nascita dell’antropologia criminale, e dell’evoluzione del sistema carcerario. Possiamo vedere il calco del cranio del brigante Giuseppe Villella (su cui Lombroso scoprì nel 1872 la “prova” della delinquenza atavica: la “fossetta occipitale mediana”); lo spazio dedicato agli attentati politici espone, tra l’altro, il cranio, il cervello e gli scritti dell’anarchico lucano Giovanni Passannante, che attentò alla vita del re Umberto I a Napoli, nel 1878. Ugualmente impressionanti il letto di contenzione e le camicie di forza che testimoniano la nascita dei manicomi criminali.

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Ma forse la parte più sorprendente è quella delle cosiddette “malizie carcerarie”, ovvero i sotterfugi con cui i detenuti comunicavano tra di loro, occultavano armi o inventavano sistemi per evadere o compiere atti di autolesionismo. Un’estrema inventiva che si tinge di toni tristi e spesso macabri.

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L’ultima sezione, quella dedicata ai grandi episodi di cronaca nera del Novecento, è una vera e propria wunderkammer del crimine, dove decine e decine di oggetti e reperti sono esposti in un percorso eterogeneo che spazia dagli anni ’30 agli anni ’90. Una stanza ospita armi e indizi trovati sulla scena dei delitti italiani fra i più celebri, come ad esempio quelli perpetrati da Leonarda Cianciulli, la “saponificatrice di Correggio”; tra gli altri, sono esibiti gli oggetti personali di Antonietta Longo, la “decapitata di Castelgandolfo”, le armi della banda Casaroli, la pistola con cui la contessa Bellentani uccise il suo amante durante una sfarzosa serata di gala. Vi si trovano anche materiali pornografici sequestrati (quando erano ancora illegali), ed esempi di merce di contrabbando, inclusi numerosi quadri ed opere d’arte.

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Altre vetrine interessanti ripercorrono le testimonianze relative alla criminalità organizzata, al banditismo (con oggetti appartenuti a Salvatore Giuliano), al terrorismo, e a tutte le declinazioni possibili del crimine (furti, falsi, giochi d’azzardo, ecc.). Nella sezione dedicata allo spionaggio si può ammirare uno splendido e curioso baule dentro il quale fu rinvenuto, dopo un rocambolesco inseguimento, un piccolo ometto seduto su un seggiolino, legato con le cinghie e avvolto da coperte e cuscini. Si trattava di una spia che cercava di imbarcarsi clandestinamente all’aeroporto di Fiumicino.

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Il Museo Criminologico si trova in Via del Gonfalone 29 (una laterale di Via Giulia), ed è aperto dal martedì al sabato dalle ore 9 alle 13; martedì e giovedì dalle 14.30 alle 18.30. Ecco il sito ufficiale del MUCRI.

AGGIORNAMENTO: dal 01 giugno 2016 il MUCRI è chiuso, e non è stata comunicata una data di riapertura.

12 comments to Il Museo Criminologico di Roma

  1. ornella says:

    Veramente un articolo approfondito in modo egregio completato da fotografie eloquenti. Davvero un gran bel lavoro. Continua così.
    Complimenti! Ornella

  2. Debora says:

    Il cranio di Passannante mi risulta non essere più esposto al museo criminologico già da qualche anno. Ha avuto sepoltura in terra lucana in seguito all’interessamento del drammaturgo Ulderico Pesce che ha dedicato un’opera all’anarchico Passannante e si è personalmente impegnato per rivalutare la sua figura storica sottraendola alla considerazione di criminale. La storia di Passannante è al contempo avvincente e scabrosa, probabilmente sufficientemente curiosa da essere raccontata in un bizzarro bazar. Ci farai un pensierino? 😀 baci!

    • bizzarrobazar says:

      Certamente lo farò… e grazie per la precisazione, Deb! 😉

    • K says:

      Ciao Debora! Devo andarlo a vedere questo museo! Certo che se il cranio di Passannante è stato tolto, non mi trovo d’accordo. Al di là di considerazioni sul suo operato era una figura storica che avrebbe fatto riflettere! Invece ora il suo cranio è stato nascosto nel buio di una tomba!

  3. sara says:

    Eccezionale!!!!!

  4. SANTINO SMEDILI, editore TERMINAL, periodico di MILAZZO says:

    La gabbia rinvenuta a Milazzo è un clamoroso falso storico: lo scheletro non ebbe l’amputazione degli arti, come si vorrebbe far credere, ma si procurò tali cosiddette “amputazioni” perchè la gabbia precipitò, con lo scheletro al suo interno, da un’altezza di almeno dieci metri! Esiste una documentazione recente che nessuno vuole valutare. E non riusciamo a capirne il motivo!

  5. Mario says:

    Ciao Ragazzi, sono un giornalista che, nella sua carriera, per singolari circostanze, è venuto lecitamente in possesso di materiale macabro, come ad esempio alcuni corpi di reato che mi hanno ceduto alcuni avvocati, dopo che i loro assistiti, finiti in galera o in manicomi psichiatrici, non hanno ritenuto di ritirare i loro “effetti personali”. Se qualcuno è interessato o curioso, può contattarmi.

  6. Gianluca, TheDancingLeper says:

    Museo curatissimo e molto interessante. Le vetrine espositive sono un vero piacere per gli occhi, i pezzi sono disposti in maniera armonica e ordinata.
    Concordo con BB, la sezione delle “malizie carcerarie” è la più toccante, è pregna di tristi storie d’ingegno e coraggio. Straconsigliato, giratelo con calma e leggete tutto! Rendersi conto di trovarsi di fronte reperti autentici di un certo spessore storico da brividi assicurati!

  7. Tizio says:

    “Il grande criminologo Cesare Lombroso”

    Idiota patentato e criminale,ma vabbe lasciamo stare..

    • Simone says:

      L’appellativo “grande” lo merita di sicuro perché il suo lavoro, per quanto metodologicamente sbagliato, diede un impulso fortissimo alla criminologia, Lombroso è praticamente il nonno dei moderni psicologi criminalisti. Idiota non lo era, anche perché praticamente tutti i suoi colleghi all’epoca la pensavano più o meno come lui (certi suoi allievi erano pure meridionali, come Abele De Blasio). Scrissi sulla pellagra, sull’influsso del tempo atmosferico sul comportamento o sulle basi della genialità e della follia, cercando sempre di spostare un po’ più in là “l’asticella del sapere”. Criminale non lo era di sicuro, anzi era progressista e contrario alla pena di morte, non uccise o mandò a morte nessuno, non scrisse mai che i meridionali erano inferiori come si sente dire, né fu l’ispiratore di gente tipo Mengele o simili. Semmai era troppo sicuro di se, un po’ confuso e vedeva prove della “sua” teoria anche dove non ve ne erano affatto.

      • Laura says:

        Sarà,ma la sua esistenza ha distrutto quella di centinaia di persone;peraltro mi sembrano,le sue “scoperte”,anche piuttosto banali,dato che non aveva detto nulla di nuovo : l’ essere umano era stato comumque sempre influenzato dall’ aspetto estereriore del prossimo…e sempre lo sarà.

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