Londonscopia

Articolo a cura del nostro inviato speciale a Londra, il guestblogger ipnosarcoma.

Benvenuti a quella che sarà la prima puntata di una lunga serie che è probabilmente già finita con questo articolo. Il titolo di questa non-rubrica si riferisce alla volontà di sondare in profondità le pareti interne dell’apparato digerente di Londra, al fine di verificarne eventuali masse tumorali.

Per questa puntata di una serie nata morta, andremo a esplorare le cavità del borough di Hackney, nell’East End. In particolare, dietro segnalazione di una persona dalla dubbia moralità (moralità? non offendiamo. NdR), mi accingerò a parlarvi di una piccola bottega degli orrori e delle meraviglie situata al numero 11 di Mare Street, a metà strada tra le stazioni di Hackney Central e Bethnal Green, ai confini quindi con il borough di Tower Hamlets.

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Il posto si chiama “The Last Tuesday Society”. Sulla vetrata dell’ingresso si può leggere: Those easily offended by death and decay should stay away . Hanno ragione. Se non vi piace vedere la morte e la decomposizione della materia organica dovreste tenervene alla larga e rimanere a casa. A vedere a ripetizione Cannibal Holocaust. Appena sotto una targhetta recita: This is not a brothel, there are no prostitutes at this address (“Questo non è un bordello, non ci sono prostitute a questo indirizzo”). Lo stesso avvertimento che si poteva leggere sulla porta d’ingresso della casa di Sebastian Horsley. Parleremo più avanti di costui. D’accordo, questo cartello diminuisce l’offerta, ma in ogni caso non ci dissuade, la promessa di esplorare un mondo “exotic, erotic & necrotic” è troppo allettante. Entriamo.

L’ingresso (riservato solo ai maggiori di 21 anni) non è gratuito, se si è intenzionati a varcare la soglia del primo spazio, dedicato all’allegro shopping, per accedere all’inconscio collettivo rimosso e riposto con cura nel piccolo museo all’interno. Due pound per entrare e fare qualche misera fotarella di straforo, cinque se vuoi bullarti con gli amici scrivendo un articolo su Bizzarro Bazar e scattare foto a iosa. Pago ed entro. Ne vale la pena.

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Le prime cose che rimangono impresse: gli animali impagliati. E non stiamo parlando dei soliti animali impagliati. Parliamo di autentiche iene, orsi, pipistrelli, gatti, cani e uccelli di varie dimensioni e razze. Questo per quanto riguarda gli animali meno inquietanti: basta fare pochi passi per vedere molto di più.

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Caprette a due teste. Talpe a due teste. Enormi roditori. Gatti volanti con grandi ali innestate. Teste di varano, di quelli giganti. E altro ancora. Ah, appena scendete le scale per arrivare alle due sale inferiori, non dimenticate di buttare un occhio (che poi conserveranno amorevolmente sotto formalina) al reparto delle offerte: in questo periodo hanno una selezione di pellicce scontate al 50%. Dopodiché, potrete tranquillamente usare la vostra tessera di Greenpeace come stuzzicadenti, per togliervi dalle gengive quei fastidiosi rimasugli di carne animale.

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Fra fenicotteri, teschi di uccelli di specie varie, ossi fossili d’orso (autenticati, a quanto dicono), tartarughe e armadilli, teste umane mozze e insanguinate (finte, mica sono pervertiti qui) che non trovereste neanche nel cassetto delle mutande di Tom Savini, e serpenti conservati in barattoli di marmellata, si arriva ad autentiche chicche del posto.

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Ad esempio, i cimeli legati alla controversa figura del succitato, sovraeccitato, Sebastian Horsley, al quale dedicherò un articolo che comparirà su Donna Moderna di un mese qualsiasi. Artista perverso e controverso, noto puttaniere orgoglioso di ciò, a sua volta collezionista di stravaganze da tutto il mondo, sperimentatore di un’autentica crocefissione senza ricorrere a nessun genere di anestetico, morto di overdose di speedball. Qui abbiamo l’onore di poter vedere diversi oggetti a lui appartenuti come, ad esempio, le sue scarpe vittoriane, i suoi occhiali da sole psichedelici color rapa rossa, e la siringa con cui si è iniettato la dose che lo ha portato alla morte nel suo appartamento a Soho. Pace all’anima sua, se mai ne ha avuta una. Ma andiamo avanti.

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In un’altra vetrina possiamo ammirare un autentico baculum di tricheco, che poi non è altro che l’osso del pene del suddetto animale. Se volete potete acquistarlo: niente dice “ti amo” come un articolo degenere del genere, anche se, ahimè, San Valentino è ormai passato.

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Non lontano entriamo nel campo del mito: preziosamente incorniciato, possiamo ammirare il dito indice mummificato di Pancho Villa. La leggenda vuole che la sua testa sia stata trafugata dalla tomba da un certo Capitano Emil L. Holmdahl per venderla a un eccentrico milionario. Già che c’erano, al noto rivoluzionario è stato asportato un dito, a lungo usato dalla popolazione messicana come reliquia. Un po’ come il Sacro Prepuzio di Gesù, sul quale non mi dilungherò per riverenza e per necessità di sintesi (e perché ne abbiamo già parlato in questo articolo, NdR).

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D’accordo, mi fermo qui, molte cose le vedrete nelle foto, altre vi invito ad andare a vederle di persona quando visiterete Londra. Da segnalare alcuni preziosi libri che si possono ammirare, fra i quali ho il piacere di ricordare: Oral sadism and the vegetarian personality, What to say when you talk to your self e Sex instructions for Irish farmers, il quale però, con mio disappunto, si riferisce al sesso fra gli animali e non con il fattore – niente romanticismi alla Vase de noche, meglio conosciuto ai fan come The pig fucking movie. Altre chicche da non perdere: la cacca in barattolo di alcune celebrità (sono aperte le donazioni), fra cui quella di Kylie Minogue e niente meno che quella di Amy Winehouse, che pare aver raggiunto ora quotazioni da capogiro. Avrete il coraggio di esaminarne l’autenticità?

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Ma il reperto per me più commovente è il foglio firmato da Maria de Silva. Sono sicuro che non ne avrete sentito parlare, perché probabilmente anche i suoi parenti faranno fatica a ricordarsi di lei. Maria è (era?) l’inserviente presso un certo Hill Club, e ci ha rilasciato una dichiarazione autografa che recita, in calligrafia tremolante: “Io, Maria de Silva, ho lavorato al Hill Club il 22 Agosto 2003, ho pulito la stanza usata dai Rolling Stones e ho trovato questi preservativi e questo Viagara”. Non Viagra, Viagara. E naturalmente, nella vetrina dedicata, possiamo ammirare il barattolo contenente i preservativi e la confezione di Viagra menzionati. È questo che più ci fa amare questo posto: come nella migliore tradizione delle wunderkammer, dei freakshow e degli exploitation movies che ci hanno fatto battere il cuore quando eravamo adolescenti, non è la veridicità a contare, è il tasto dell’inconscio che viene premuto. Consigliato a tutti i lettori di Bizzarro Bazar. Ricordatevi, però, che il negozio è aperto esclusivamente di sabato, dalle 12 alle 19, oppure su appuntamento. Per i dettagli vi rimando al sito ufficiale.

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13 comments to Londonscopia

  1. Luca says:

    E’ MERAVIGLIOSO.

  2. zuzimat says:

    stravaganti questi inglesi… 🙂

  3. A. St. John says:

    Succulento.

  4. Ross The Boss says:

    “niente dice “ti amo” come un articolo degenere del genere”, fantastico! Credo sia comunque il freakshow più inquietante che io abbia mai visto, non vedo l’ora di visitarlo dal vivo! Complimenti per l’esauriente selezione fotografica, questo mi permetterà di scegliere in anticipo gli articoli!

  5. Adrastea says:

    Premetto che seguo con interesse il tuo Bizzarro Bazar e vi trovo ottimi articoli.
    A titolo strettamente personale, mi riesce difficile cogliere il fascino delle assurdità esposte in quel luogo e non sono immune al grottesco. Sia che sono contro l’idolatrismo e quindi non mi possono interessare di meno feci in barattolo e preservativi usati di persone che mai conobbi personalmente (non vi proverei curiosità neppure se gli avessi stretto la mano). Sia che gli animali li preferisco vivi, vegeti e liberi (ok, questo riguarda il mio concetto di sensibilità verso il creato), piuttosto che stecchiti e con un maialino attaccato al posto del pene (trovo in ciò poco rispetto). La mia non è una critica verso gli ammiratori di questo Freakshow, sono dell’opinione che ognuno ha il sacrosanto diritto di avere i propri interessi (inutile scriverne i limiti).
    Con ciò, è un posto che eviterei se dovessi recarmi a Londra 😀

    Saluti!

    • bizzarrobazar says:

      Sei liberissimo di non apprezzare, ci mancherebbe. Ma credo che tu prenda un po’ troppo letteralmente alcuni dei pezzi esposti. Le feci in barattolo o i preservativi usati dai Rolling Stones (con tanto di lettera sgrammaticata e dalla grafia tremolante della donna delle pulizie!) non sono certo idolatria, quanto semmai l’esatto opposto – un’ironica parodia dei feticismi legati alle star. Sono pezzi evidentemente falsi, ma abilmente in bilico sul filo dell’assurdo, utilizzati per far ridere e spiazzare lo spettatore, che anche durante la risata non potrà impedirsi di domandarsi se siano effettivamente veri.
      A me sembra che l’intero posto, con i suoi eccentrici accostamenti (sessualità e morte, elementi trash affiancati ad altri più culturalmente elevati) sia inteso come una celebrazione del gusto del bizzarro e, a suo modo, un affresco dell’assurdità del mondo. 🙂

    • ipnosarcoma says:

      Ciao Adrastea, ti ringrazio per il tuo commento critico, e in realtà sono anche un po’ stupito e in parte amareggiato che sia l’unico. Secondo la mia opinione, che sarebbe presuntuoso definire modesta, hai colto esattamente il motivo per il quale vale la pena visitare “The Last Tuesday Society” e allo stesso tempo per tenersene alla larga (“Those easily offended…”). In particolare, ritengo che la tassidermia, specie quella “estrema”, quella che applica un maialino come protesi del pene di un cane dai bulbi oculari vistosamente strabuzzanti, sia la carta da visita perfetta di un posto simile. Sarebbe forse troppo lungo e probabilmente tedioso dissertarne, ma questo uso degli animali mette in atto un corto circuito di contraddizioni estremamente disturbante. “Non è giusto uccidere animali per il proprio piacere”, disse la persona che mangia il prosciutto senza battere ciglio. “Non è rispettoso verso la vita e verso la morte”, disse la persona che ha fatto truccare il corpo esanime della propria nonnina per ricordare quanto fosse bella in vita. “In fondo se uccidiamo gli animali per mangiarli non vedo perché non possiamo fare la stessa cosa per trasformarli in opere d’arte”, disse la persona che ti porterebbe da uno psichiatra se gli chiedessi perché allora non è lecito fare lo stesso con gli esseri umani. “I tassidermisti si servono spesso di animali già morti, quindi non c’è niente di male” disse la persona che sarebbe quanto meno inorridita di fronte allo spettacolo di un uomo (investito da una macchina) impagliato con il braccio di una bambina (morta di leucemia) come protesi del suo pene. Conclusioni eccessivamente iperboliche? Forse, ma forse converrai che, a prescindere dal fatto che tu sia eticamente favorevole o contrario a questa pratica, la tassidermia finirà in ogni caso per metterti di fronte a delle complesse e profonde contraddizioni. Lo stesso vale per l’ironico “feticismo della merce” di marxiana memoria, come secondo me ha giustamente già sottolineato bizzarrobazar. Anche lì, non ha importanza di chi è la cacca o il Viag(a)ra, quello che conta è vedere improvvisamente riflessa la propria faccia nel vetro della teca che contiene le suddetti feci e suppellettili, e sorprendersi a ridere per una cosa del genere, e magari sentirsi contemporaneamente divertiti e a disagio. Quello che ho cercato di sottolineare con il mio articolo è proprio questo: il piacere perverso di trovarsi di fronte alle contraddizioni più fetide e abissali del proprio inconscio. E personalmente credo che sia un motivo più che valido per visitare questo posto.

      • bizzarrobazar says:

        E io personalmente apprezzo il piacere perverso di trovarsi di fronte alle iperboli di ipnosarcoma. 😀

      • Adrastea says:

        Lo so che i gadget è roba finta :D, effettivamente mal ne interpretai il senso, non colsi la sottile ironia, mi scuso. Probabilmente la mia “sensibilità artistica-interpretativa” non appartiene a questo campo.
        Ma non condivido l’estetica dell’arte come pensiero e come provocazione, chiaro che i tempi cambiano e con essi i mezzi e i modi per denunciare i fattacci. Sinceramente, se per denunciare assurdità si creano assurdità altrettanto discutibili (secondo il mio gusto estetico), si rischia si di finire in paradossi iperbolici che ben ne parli Ipnosaracoma. Insomma, si denuncia creando un altra cosa che valga la pena di essere denunciata. Si punta il dito contro le cose che creano shock, scioccando. Si ridicolizzano le cose idiote della società con cose altrettanto sciocche (non mi riferisco in particolare a questo luogo, una volta ho visitato una mostra tipo, solo che era pieno di bambolotti e giocattoli, lo trovai molto più grottesco di questo – scherzi a parte.)
        Immagino che per parlare di cosa sia la dignità di un corpo morto e se effettivamete ne possiede, servirebbero come minimo 500 pagine. Idem per definire se il corpo di un animale può essere ritenuto alla pari di quello di un essere umano. Io posso parlare solo per me stessa, anche perché ho perso troppe energie a cercare di capire le contraddizioni fetide dell’inconscio degli altri (e se si cerca di capire il proprio è meglio lasciar cadere l’impresa prima di cominciarla!) e più cerchi di capire, meno afferri… oh, com’è bella la superficialità!
        Quindi, non era questo il punto, mi farebbe ribrezzo un cane con gli occhi strabuzzati e un porcellino come pipino, quanto un uomo impagliato con il braccio di una bambina come, vabbé, questo lo riterrei decisamente di pessimo gusto, siano essi morti per case naturali o che so io. Magari qualcun altro guarderebbe la dilettevole opera con indifferenza, analizzandola in modo oggettivo, un altro individuo, con vivo interesse, comincierebbe a formulare nel suo cervellino mille ipotesi, mille domande, acclamerebbe il disgraziato impagliato e la curiosa manina, come “capolavoro”. Creando un perfetto mélange di discussioni sul significato dell’arte e su cosa sia la moralità, creando solo domande senza risposte (o dei, non che ce ne sia effettivamente una –> altro interessante paradosso).
        Penso che se dovessi mettere piede nel the last Tuesday society, andrebbe in tilt per eccesso di “Bho!” o di domande.
        Lascio agli altri l’interessante scoperta 😀

  6. Adrastea says:

    (disse colei che una volta a Londra vi si precipitò incuriosità)

  7. irene.erre says:

    Il luogo di cui parlate è il perfetto bizarro bazar, per cui è giusto e sacrosanto che ne abbiate parlato. Quello che ho trovato del tutto fuori luogo è il tono à la Vice che usa l’autore; fuori luogo rispetto allo stile del blog, del tutto consono invece allo stile imperante nel web, pieno di strizzate d’occhio e battute “provocatorie” e “ironia”, allergico alla serietà (che significa rispetto e impegno, non seriosità né prendersi sul serio). Spero che per voi sia solo una pausa e che torniate a scrivere nel *vostro* stile, perché è questo che rende speciale il vostro blog, ben più degli argomenti che trattate.

    • bizzarrobazar says:

      Cara Irene,
      ti ringrazio per il tuo commento.

      Bizzarro Bazar è un blog personale. Non c’è nessuna redazione, ho scritto personalmente quasi tutti i post: è naturale dunque che gli articoli mostrino uno stile ben definito, con cui i visitatori possono sentirsi in sintonia o meno. Questo aspetto ha lati positivi ma anche negativi – posso aggiornare il sito soltanto quando gli impegni lavorativi me lo permettono, e il rischio di un autore unico è certamente quello della ripetitività.

      Quelle rare volte in cui su Bizzarro Bazar sono comparsi dei guestblogger, le mie motivazioni sono sempre state soltanto due. La prima è che si tratta di persone che avevano già la mia fiducia incondizionata, oppure hanno saputo conquistarla dimostrando di saper scrivere articoli che mi hanno particolarmente incuriosito e affascinato. Non si tratta di giudicare la qualità della scrittura, quanto piuttosto l’affinità con la linea di questo blog, che è e resta, appunto, personale.
      La seconda motivazione che mi ha sporadicamente portato ad ospitare articoli firmati da altri autori è che trovo importante dare risalto a voci leggermente differenti, che magari condividono con me alcuni interessi e passioni, ma il cui atteggiamento è altrettanto distinto e unico.

      Nel caso in questione, ipnosarcoma è una persona di grande sensibilità e cultura, che conosco e stimo da molti anni. Il suo senso dell’umorismo (un po’ estremo e un po’ punk) personalmente mi ha sempre fatto molto ridere, e infatti quando ho ricevuto il suo resoconto sulla visita al negozio che gli avevo consigliato ho sghignazzato per mezz’ora. 🙂
      Posso capire che il suo stile sia distante dal mio, e posso anche capire che ogni lettore abbia i suoi gusti al riguardo. Ma per quanto mi concerne apprezzo il suo piglio irriverente e punzecchiante, ma soprattutto il suo spirito d’osservazione capace di cogliere i dettagli più ironici di ogni contesto.

      D’altronde la meta che gli ho suggerito era perfettamente nelle sue corde: un guazzabuglio di meraviglie presentate in un sedicente “museo” che sembra organizzato da un moderno imbonitore da fiera. Vista la sua attuale residenza a Londra, avrei potuto proporgli altre cose in linea con il blog (ad esempio il Grant Museum), ma che avrebbero forse inibito la sua scrittura, portandolo proprio ad essere artificiosamente “serioso”. Invece, per il Last Tuesday Society, il suo approccio naturale era quello a mio avviso perfetto per raccontare l’assurdità del posto.

      Se mai avrà voglia di farci scoprire altri angoli bui e insoliti della capitale britannica, io sarò più che felice di ospitarlo nuovamente su queste pagine. Poi, chiaramente, sei liberissima di non leggere un (ipotetico) prossimo suo post, se credi che non ti possa piacere.

      PS. Ti confesso che non so minimamente cosa sia “Vice”. 🙂

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