Annegare nel cielo

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Il pomeriggio del 26 luglio 1959 il Luogotenente Colonnello William Rankin, veterano della Seconda Guerra Mondiale e della guerra in Corea, stava pilotando il suo aereo e tutto sembrava tranquillo. Era partito dall’aeroporto militare di South Weymouth, nel Massachussetts, ed era diretto verso la Carolina del Sud: il suo caccia supersonico Vought F-8 Crusader di ultima generazione filava liscio sopra le nuvole, a una velocità di crociera di 1.004 km/h.

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Verso le sei di sera, Rankin vide avvicinarsi delle nubi dall’aspetto minaccioso, immense e scure torri di vapore illuminate da improvvisi lampi elettrici. Rankin decise di alzarsi di quota per superare il temporale, ma proprio mentre passava sopra alla tempesta udì un tonfo sordo e il motore del suo caccia cominciò ad emettere un brontolio che non prometteva nulla di buono. Dopo poco, infatti, si spense e la spia antincendio cominciò a lampeggiare: Rankin tirò la leva del motore ausiliario, e come in un film comico la manopola si ruppe e gli rimase nel pugno. Ma c’era ben poco da ridere: Rankin stava andando incontro a una morte certa, sia che fosse rimasto a bordo dell’aereo che perdeva quota rapidamente, sia che si fosse lanciato nel vuoto a più di 14.000 metri di altitudine, senza una tuta pressurizzata.

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In pochi secondi decise di tentare la sorte e premette il comando dell’espulsione. Venne catapultato fuori, in un cielo freddo e senza ossigeno. La temperatura dell’aria era di – 50°C, e gli arti si congelarono all’istante; a causa della decompressione, Rankin cominciò a sanguinare dagli occhi, dal naso, dalla bocca e dalle orecchie e il suo addome si gonfiò a dismisura. Riuscì comunque a raggiungere la maschera per l’ossigeno, e mentre cadeva si accorse con orrore che stava precipitando proprio dentro a un enorme cumulonembo.

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Questo tipo di nuvole, fra le più spettacolari, si sviluppano in altezza a causa di violente correnti ascensionali al loro interno: sono le nuvole tipiche dei temporali, a forma di torre e alte circa 12.000 metri. Il cumulonembo in cui si infilò Rankin 10 secondi dopo essersi lanciato dall’aereo era alto più di 14.000 metri.

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Di colpo, tutto si fece buio attorno al veterano dei Marines; la visibilità, all’interno della nube nera e densa, era completamente annullata. Venti violentissimi, pioggia e grandine: Rankin sopportava tutto questo, in attesa che il paracadute lo frenasse. Ma il paracadute non si apriva. Dopo cinque minuti di caduta libera, Rankin cominciò a temere un malfunzionamento della capsula barometrica, perché a 10.000 metri il paracadute avrebbe dovuto scattare automaticamente. Quello che Rankin non sapeva, era che non si trovava affatto a 10.000 metri: i venti ascensionali lo avevano tenuto più in alto, impedendogli di scendere.

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Finalmente riuscì ad aprire il paracadute, ma la sua situazione, invece di migliorare, peggiorò. In balìa dei venti, Rankin cominciò a salire e poi cadere nuovamente, in un ciclo ininterrotto e terrificante. La corrente ascensionale che lo risucchiava verso l’alto era talmente violenta che ogni volta che ne raggiungeva l’apice il suo corpo continuava a salire per diversi metri, andando a sbattere contro il paracadute; poi iniziava ancora la discesa. Rankin vomitò.

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Nel frattempo, durante queste vertiginose oscillazioni all’interno del cumulonembo, i fulmini si scatenavano attorno al colonnello, la grandine lo mitragliava da ogni direzione e i tuoni gli facevano vibrare la cassa toracica. Un fulmine colpì il paracadute, incendiandolo parzialmente. Il vapore acqueo e la pioggia erano talmente densi che Rankin dovette trattenere il respiro più volte, per non annegare.

Quando finalmente Rankin sbucò da sotto la nuvola, controllò l’orologio: aveva passato ben 40 minuti in quell’inferno. Cominciò la sua discesa, finalmente tranquilla, verso una radura; ma un colpo di vento improvviso, all’ultimo istante, lo gettò verso gli alberi – come regalino finale. Il paracadute si incastrò fra i rami e Rankin sbattè la testa sul tronco. Una volta liberatosi, raggiunse una strada e cercò di chiedere soccorso alle auto che passavano di lì. Ma gli autisti non erano certo invogliati a fermarsi, vedendo la sua tuta strappata, insanguinata e ricoperta di vomito. Finalmente qualcuno lo accompagnò fino a una cabina telefonica, dove Rankin chiamò un’ambulanza.

Le settimane successive Rankin rimase in ospedale ad Ahoskie, nella Carolina del Nord, per riprendersi dall’assideramento, dai gravi effetti della decompressione, da diversi lividi e tumefazioni sul suo corpo. Non riportò comunque nessun danno a lungo termine, e più tardi raccontò la sua disavventura nel libro The Man Who Rode The Thunder, “L’uomo che cavalcò il tuono”. Rankin, morto nel 2009, rimane ancora oggi l’unica persona al mondo ad essersi paracadutata in un cumulonembo – sopravvivendo.

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10 comments to Annegare nel cielo

  1. sagana says:

    Come sempre ci porti notizie affascinanti e scritte in modo da far trattenere il fiato al lettore. Domanda: il libro è scritto in forma di reportage o di racconto?

    • bizzarrobazar says:

      Non credo di aver capito bene la domanda. Il libro è il resoconto in prima persona dell’incidente. Rankin racconta la sua incredibile esperienza, quello che ha pensato, ecc. 🙂

  2. Grazie per il post. È bellissimo.

  3. Una storia davvero affascinante…

  4. Didy says:

    Che esperienza terrificante, povero Rankin! Altro che lucidità e nervi saldi, io sarei morta di paura dopo 2 minuti….è davvero un bellissimo post ma anche uno dei più spaventosi che abbia mai letto qui su Bizzarro bazar (che seguo già da tempo e mi piace un sacco!!) ciau!

  5. affascinante e come sempre di alto livello..grazie!

  6. Debora says:

    Lo stupore e la paura che provo leggendo gli articoli di questo meraviglioso blog mi riportano a quando, da bambina, ascoltavo fiabe e cronache e vivevo la pena del povero protagonista, con dispiacere ed empatia, ma al contempo sperando succedesse qualcosa di ancora più eclatante, per provare un’emozione più forte e sconcertante! Grazie!

    • bizzarrobazar says:

      Questo è il più bel regalo che mi ha dato l’aprire questo blog: la prova che ci sono ancora tante persone capaci, e con la voglia, di meravigliarsi.

  7. Gianmaria says:

    Ascoltando di sfuggita un programma scientifico alla radio, il conduttore fece un veloce riferimento a questo genere di incidenti. Si spiegava che i paracadutisti possono restare intrappolati nei cumuli molto a lungo a causa delle correnti e si riferica di una perona rimansta intrappolata dentro una nuvola per DUE ore (il commento dell’ospite fu: “Cosa diavolo indossava?”). Dato che Rankin sembra essere l’unico superstite a questo tipo di incidenti, prosumo che il conduttore si riferisse proprio a lui, sbagliando la tempistica.

    Nota a latere; strano che Lucarelli e la redazione del programma Dee Giallo non abbiano ancora saccheggiato questo blog per i propri racconti.

  8. PetiteBubu says:

    Storia affascinantissima, sono rimasta col fiato sospeso fino alla fine!
    Complimenti per l’articolo! 😉

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