Morti sfrattati

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Le tombe, in Guatemala, sono spesso colorate con vivaci colori: entrare in un camposanto può perfino sembrare un momento gioioso. Eppure il cimitero municipale della Città del Guatemala è diventato tristemente celebre per la severa politica di gestione dei loculi che vi viene applicata.

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Nella foto qui sopra, un incaricato cammina nella zona del cimitero conosciuta come “La Verbena”. Le tombe marcate in rosso sono quelle per le quali i parenti del defunto non hanno saldato la tassa dovuta. Secondo le regole del cimitero, infatti, passati sei anni dall’inumazione i parenti – avvertiti tramite telegramma – sono tenuti a versare 180 Quetzales (all’incirca 16 €) per rinnovare il permesso per altri quattro anni.

Se non lo fanno, il loculo viene aperto, la bara distrutta e il cadavere esumato.

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Queste esumazioni si risolvono spesso in uno spettacolo, visto che vengono talvolta effettuate anche durante gli orari di apertura del cimitero. In sei anni, poi, può capitare che il corpo del defunto non sia ancora ridotto alle ossa: ecco quindi che gli operatori si aggirano per i vialetti con il loro carico di mummie.

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Le spoglie vengono, molto poco cerimoniosamente, gettate in un pozzo che funge da fossa comune.

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La legge italiana stabilisce un tempo minimo di sepoltura, prima di un’eventuale esumazione, di almeno dieci anni. In seguito i resti vengono tumulati in una celletta, cremati oppure consegnati alle famiglie per essere sepolti privatamente.
La prassi adottata dal cimitero di Guatemala City ai nostri occhi potrebbe risultare insensibile e troppo sbrigativa; ma considerando che la città è la più grande metropoli dell’America Centrale e conta una popolazione urbana che è quasi cinque volte quella di Milano, diviene comprensibile quanto ogni spazio sia assolutamente prezioso. Se non si paga l’affitto, è inevitabile venire sfrattati – anche da morti.

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24 comments to Morti sfrattati

  1. Ambra says:

    L’ho detto io che la cremazione è l’unica da prendere in considerazione.

  2. tiols says:

    Anche io sono sempre a favore della cremazione, anche se poi così facendo non otterrei più i tuoi fantastici post! Ma il motivo è semplice: si evitano gli zombie di Romero e si risparmia spazio.
    “Mmm… Spazio utile per un parcheggio” penserebbe il primo assessore all’urbanistica.
    No, giusto. Allora preferisco i cimiteri.
    Scusa il monologo senza senso, comunque l’articolo è come sempre impeccabile!

    • bizzarrobazar says:

      Per quanto mi riguarda, io desidero che sia chi dovrà occuparsi del mio funerale a decidere come preferisce procedere con il mio corpo. Saranno i “superstiti” a dover elaborare il lutto, e anche il metodo di sepoltura contribuisce ad aiutare in questo; trovo più giusto non pronunciarmi e lasciare l’opzione a loro. 🙂

  3. paolo says:

    di me fate concime, please! conosco la storia di un emerito professore dell’istituo orientale di napoli che aveva disposto di venire dato in pasto alle tigri dello zoo, purtroppo le tigri non sono state accontentate. comunque, visto che quest’ articolo mi ha fatto notare, una volta in più, che siamo solo numeri, sto cominciando a formulare un pensiero che al momento mi suona così: bisogna dare forza, valore, dignità ai numeri.

  4. Nevestella says:

    Uno non può rilassarsi neanche da morto 😉
    Avevo visto un documentario sul sistema di inumazione/esumazione in Guatemala. Decisamente non è gente che ha “paura” dei morti: se qui venisse lasciato un cadavere (mummia) per due secondi fuori dalla bara, credo si scatenerebbero scene di panico & indignazione tra i visitatori.
    Hai scritto che qui i corpi esumati vengono restituiti alla famiglia o messi nei loculi. Ma perché nel cimitero del mio paese c’è un ossario comune? Ho sempre creduto finissero lì i resti non reclamati. Ovviamente è chiuso ermeticamente e non riesco a sbirciarci dentro neanche… morta.
    Che sia in disuso? Sono curiosa, vorrei scoprirlo…
    (Lo scoprirò se non reclameranno i miei resti 😉 )

    • bizzarrobazar says:

      Potrebbe anche essere un ossario militare… prova a chiedere al custode! 😉

      • Nevestella says:

        Non ci avevo pensato!
        Da bambina ero ossessionata da quella botola (perché è sul pavimento!), continuavo a chiedere alla nonna chi c’era sotto, e mi rispondeva “le ossa delle persone senza più una famiglia”. La nonna ora è al cimitero col nonno, non lontana da quella botola mia ossessione infantile, quindi non posso chiederle ulteriori chiarimenti.
        Vedo se riesco a beccare il custode!

  5. paolo says:

    intanto ti ringrazio, poi mi guardo con calma il link! 🙂

  6. SisKa says:

    Salve,
    in proposito penso che siamo l’unica specie organica sul globo che dà noia anche da morto.
    Un punto di vista interessante sui resti delle spoglie umane, se non un vero e proprio “suggerimento”, potrebbe essere la lettura di Pratesi, per cui:
    “…il cadavere (anzi: la carcassa umana) non è che un concime di cui si dà la lista degli elementi, dal 66% di ossigeno, sino al 0,04& di ferro, iodio e manganese. Si scaglia contro le casse da morto (occorre legno per costruirle), contro i cimiteri (terra iperfertilizzata in cui vegetano crisantemi e cipressi), contro le lapidi.
    Una soluzione, secondo lui, potrebbe essere questa: Ma questo in mancanza di meglio. L’ideale secondo il WWF, sarebbe la fondazione di una “Associazione per l’inumazione ecologica”. Il Presidente dà per questo alcuna direttive che così, letteralmente, suonano: <Si potrebbero adoperare i carnai, gli appositi terreni recintati e sorvegliati impiegati dalle associazioni naturalistiche, come il WWF e la LIPU per alimentare i rapaci (soprattutto gli avvoltoi in Sardegna e i capovaccai sulle colline a nord di Roma). In questi carnai i nostri resti mortali potrebbero servire da cibo agli ultimi grifoni: il tempo medio di distruzione della salma è di poche ore. Restano le ossa, è vero, ma a questo inconveniente si potrebbe ovviare se al festino partecipassero anche l' avvoltoio barbuto che lancia le ossa sulle rocce per divorarne il midollo. In pochissimi giorni delle nostre spoglie non resterebbero che "escrementi mineralizzati". A questo proposito Pratesi cita con compiacimento una notizia del gennaio 1988: un ecologo inglese che, per nutrire i suoi amati avvoltoi sudafricani, si è portato sotto i loro nidi e si è sparato un colpo alla testa.
    L'italiano consiglia anche ad altri ecologi "in vista del passo estremo di portarsi in un luogo ricco di carnivori e lì attendere la morte in un luogo di difficile accesso". Ma c'è di più. Ecco, ancora testuale: <Un'alternativa (come ha suggerito l'ecologa Laura Conti) potrebbe essere creare scatolette di cibo per cani e gatti in cui la carne umana sostituisca quella degli altri animali".

    (Fonti dall'articolo di Vittorio Messori dal quotidiano "Avvenire", nella rubrica Vivaio 12 Agosto 1990).

    Buona a tutti, con simpatia.

  7. Cavoli, Bizzarro… Mi hai presa a pugni ;). Parto dalla prima foto, graziosissima e poi scorro il resto, e… Quanta tristezza. Lo spazio, sì, c’è bisogno di spazio. Forse dovrebbero imporre la cremazione per legge. Non so.

    • bizzarrobazar says:

      Onorato d’averti impressionata. 🙂
      Ovviamente la cremazione sarebbe una soluzione, ma tieni conto che è molto costosa. E qui si parla di povertà vera, di persone che non riescono a pagare l’equivalente di pochi euro per l’affitto del loculo del caro estinto.

  8. Corbusier says:

    Al di là di ogni aspetto spettacolare – e anche il dolore e la morte oggi più che mai sono spettacolarizzati – credo che un simile argomento meriti il massimo rispetto e che questi paesi forse dovrebbe ripensare un pò di cose….
    A chi di noi piacerebbe vedere i propri defunti trattati in questo modo?

  9. Natasha says:

    A questo punto hanno più senso i funerali celesti anche in quelle zone. Mi hanno fatto davvero pena i corpi di quelle persone buttate in giro così come fossero spazzatura…non che da morti si sia qualcosa di diverso ma piuttosto cremazioni di massa…si lo so detto così suona male ma spero d’essermi fatta capire!
    Splendido articolo come di sempre, ogni volta aspetto con trepidazione quello nuovo e nel frattempo mi sollazzo con quelli vecchi.
    Grazie! Natasha

  10. Amithiel says:

    La cosa che mi ha fatto davvero impressione è la totale mancanza di igiene da parte degli addetti ai lavori…Da incorniciare la foto dello scuolabus…sembra una scena tratta da un film di Tim Burton:)

  11. erika says:

    La cosa che più mi ha stupita è il grado di conservazione dei corpi, come è possibile che si siano mummificati?Merito del terreno o praticano una sorta di imbalsamazione come è prassi ad esempio in America settentrionale?Per quanto riguarda la cremazione o altri metodi di smaltimento del caro estinto, credo sarebbero difficilmente accettabili in paesi a stampo fortemente cattolico come quelli dell’ America Latina.
    Per quanto riguarda il tema dell’articolo purtroppo non mi ha stupita più di tanto (anche se non vorrei mai ritrovarmi ad essere presente mentre avvengono queste “movimentazioni”), si tratta di una delle estreme conseguenze date dal degrado della qualità della vita causato dall’ urbanizzazione selvaggia, a cui i paesi più poveri del terzo mondo hanno assistito negli ultimi secoli.

    • bizzarrobazar says:

      A quanto so, l’imbalsamazione è praticata a Guatemala City – tanto che spesso le salme vengono spedite lì da altre città prive di strutture proprio per poter subire il trattamento.
      Detto questo, immagino che il clima secco del Centro America faciliti la mummificazione. Vedi ad esempio, nel vicino Messico, le celebri mummie di Guanajuato.

  12. erika says:

    Grazie per le informazioni!Dicendo che non mi ha stupida non mi riferivo all’articolo in sè, come sempre esaustivo ed interessante 🙂

    • bizzarrobazar says:

      Grazie a te, condivido tutto quello che dici. Anche se forse, vista la mia passione per il macabro, ad una di quelle esumazioni assisterei volentieri. 😀
      E’ che in questi casi prevale in me il senso di stupore per gli usi e costumi che gli uomini adottano nei confronti della morte… e che trovo sempre affascinanti. Il corpo è un corpo, ma in qualche modo il cadavere si fa sempre simbolo. E gettare un simbolo in un pozzo ci fa rizzare i peli in capo anche se, volendo essere perfidamente razionalisti, non sarebbe un’azione differente da tutte le altre – spostare una sedia, o buttare il giornale di ieri. Il nonno non c’è più, lo sappiamo, ma i suoi resti hanno ancora qualcosa di magico e misterioso, e ci sentiamo in dovere di conservarli “dignitosamente”. Ci sono poche altre cose che denudano le nostre illusioni (e le nostre paure) come questo tipo di eventi.

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