Roma, il Pomarancio e l’arte sacra crudele
I martiri costituiscono uno dei temi prediletti dall’arte cristiana fin dagli albori. Eppure inizialmente le rappresentazioni dei supplizi subìti dai santi in testimonianza della loro fede mostravano comunque dei toni abbastanza neutri. Come scrive Umberto Eco nella sua Storia della bruttezza:
Raramente nell’arte medievale il martire è rappresentato imbruttito dai tormenti come si era osato fare col Cristo. Nel caso di Cristo si sottolineava l’immensità inimitabile del sacrificio compiuto, mentre nel caso dei martiri (per esortare a imitarli) si mostra la serenità serafica con cui essi sono andati incontro alla propria sorte. Ed ecco che una sequenza di decapitazioni, tormenti sulla graticola, asportazione dei seni, può dar luogo a composizioni aggraziate, quasi in forma di balletto. Il compiacimento per la crudeltà del tormento sarà caso mai reperibile più tardi […], nella pittura seicentesca.
In realtà già nel Tardo Manierismo, vale a dire verso la fine del ‘500, la Controriforma aveva riportato una rigorosa ortodossia nell’arte sacra; nel 1582 il Cardinale Gabriele Paleotti pubblica il suo fondamentale Discorso intorno alle immagini sacre e profane, in cui vengono dettate le direttive iconografiche ecclesiastiche da seguire. Da questo momento gli artisti dovranno concentrarsi su scene bibliche educative, di immediata lettura, allontanandosi dai temi classici e attenendosi scrupolosamente a quanto riportato nelle Scritture; nel caso dei martiri, si dovrà cercare di rendere il più possibile concreta la descrizione della sofferenza, in modo da favorire l’immedesimazione del fedele. In questo clima di propaganda, nacquero quindi affreschi e dipinti di una violenza senza precedenti.
A Roma soprattutto si trovano alcune chiese particolarmente ricche di simili raffigurazioni. La più significativa è quella di Santo Stefano Rotondo al Celio; poco distante si trova la Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo; in via Nazionale, invece, sorge la Basilica di San Vitale. Innumerevoli altri esempi sono sparsi un po’ ovunque nella capitale, ma queste tre chiese da sole costituiscono una sorta di enciclopedia illustrata della tortura.
In particolare le prime due ospitano gli affreschi di Niccolò Circignani detto il Pomarancio (ma attenzione, perché il nomignolo venne dato anche a suo figlio Antonio e al pittore Cristoforo Roncalli). Autore manierista ma lontano dagli eccessi bizzarri del periodo, Niccolò Circignani mostrava una spiccata teatralità compositiva, e un’esecuzione semplice ma efficace, dai colori vivaci e incisivi.
Il ciclo del martiriologio a Santo Stefano Rotondo è impressionante ancora oggi per il realismo cruento e a tratti rivoltante delle scene: dal supplizio di Sant’Agata, a cui le tenaglie dilaniano il petto, alla lapidazione del primo martire della storia (Santo Stefano, appunto), fino alla “pena forte e dura“, le pareti della chiesa sono un susseguirsi di santi bolliti vivi o soffocati dal piombo fuso, lingue strappate, occhi e budella sparse, corpi fatti a pezzi, mazzolati, bruciati, straziati in ogni possibile variante.
Sempre al Pomarancio sono attribuite altre opere situate nella Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo. Qui San Simone viene segato a metà a partire dal cranio, San Giacomo Maggiore decapitato, San Bartolomeo scorticato vivo, e via dicendo.
Nella Basilica di San Vitale possiamo ammirare il santo omonimo che viene prima torturato sulla ruota, e poi sepolto vivo – anche se in questo caso i dipinti sono ad opera di Agostino Ciampelli. La chiesa contiene anche decapitazioni e teste mozzate.
Certo, nelle intenzioni queste scene dovevano essere educative, e spingere all’imitazione di questi esempi di fede incrollabile. Ma che dire dell’evidente compiacimento nel mostrare le varie torture e i supplizi? Il nostro sadismo non è forse stuzzicato da queste rappresentazioni?
È questo fascino oscuro che spinge Eco a parlare di “erotica del dolore“; e d’altronde Bataille termina il suo excursus nell’arte erotica (Le lacrime di Eros) sulla fotografia di un condannato alla pena cinese del lingchi, la morte dai mille tagli, “inevitabile conclusione di una storia dell’erotismo” e simbolo dell’ “erotismo religioso, l’identità dell’orrore e del religioso“.
Fotografia talmente insostenibile che il filosofo confessa: “a partire da questa violenza – ancora oggi io non riesco a propormene un’altra più folle, più orribile – io fui così sconvolto che accedetti all’estasi“. Rapimento mistico, orgasmo e orrore sono, per Bataille, inscindibili.
Questa seduzione ambigua delle immagini violente, però, è intrinseca in ogni crudeltà. Il concetto trova infatti origine in due ceppi etimologici diversi – da una parte cruor, la carne sanguinosa, il sangue sparso, e dall’altra crudus, il crudo, tutto ciò che è animalesco, primordiale e non ancora conquistato dalla cultura umana (conoscere il fuoco e utilizzarlo per cuocere il cibo è, sostiene Lévi-Strauss ne Il crudo e il cotto, uno dei momenti fondanti dell’umanità, rispetto alla vita bestiale).
In questo senso la crudeltà oscilla fra due opposti perturbanti: l’orrore e l’oscenità della violenza, e il segreto giubilo di vedere riaffiorare l’istinto represso, che minaccia l’ordine costituito.
Starebbe in questo nucleo di sentimenti contrapposti la calamita che attira il nostro sguardo verso simili immagini, eccitandoci e repellendoci al tempo stesso, e forse facendoci in questo modo accedere alla parte più nascosta del nostro essere.
Per approfondire i risvolti concettuali della crudeltà, il saggio di riferimento è l’eccellente Filosofia della crudeltà. Etica ed estetica di un enigma di Lucrezia Ercoli.
Se vi interessa conoscere meglio la figura del Pomarancio, ecco un esaustivo podcast di Finestre sull’arte.
Fantastico, come sempre.
Grazie Carlo.
Il tour a tema nel week-end è d’obbligo. “Rapimento mistico, orrore e orgasmo” 🙂
Gli affreschi di Santo Stefano Rotondo sono attualmente per metà in restauro, ma una visita vale comunque la pena.
Per la Chiesa dei Santi Nereo e Achilleo, la visita va prenotata presso la Parrocchia di S. Maria in Vallicella (Tel. 335.401789; 06.6875289, giorni feriali ore 9-10, festivi 11-12.30).
Buon tour! 😉
Ciao. Scusami per l’O.T. ma ho pensato che quest’argomento ti potesse interessare.
Ho finito oggi di leggere il libro Una bambina di Torey L. Hayden, chiamata la “maestra dei casi difficili” e pensavo anche a Genie Wiley che è stata molto studiata. In poche parole sto parlando dei bambini ferali, tenuti chiusi in isolamento.
Pensavo di parlarne al mio blog e ho pensato che anche a te potesse interessare
Articolo splendido, come al solito!
Articolo splendido, come al solito! Un’ottima ragione per tornare a Roma…
siete ogni volta una scoperta meravigliosa. se ci fosse da scrivere un elenco delle gioie della vita sarebbe sicuramente aprire bizzarrobazar ogni sera e trovare un articolo come questo. vi amo moltissimo. ogni giorno di più.
Caspita, grazie… 🙂
Grazie per il Bellissimo Articolo.Conoscevo il Luogo ma come Sempre appartiene a Cose di Nicchia.Condiviso sulla mia pagina FB “The Warp Spot” L’altra faccia dei Misteri.Una nota sullla penultima Immagine in BN ..Mi ricorda una del Film “L’impero dei sensi” mostrata alla fine con Donna con Seni strappati…Era la rivolta dei Boxer,E in quell’Evento Cristiani (O Semplici Persone) furono Martirizzati con tecnice arcaiche..In Cina…Come esocannibalismo durante la rivoluzione Maoista.Salutando questa Preziosissima Pagina sono davvero Onorato di farla conoscere a parecchie persone che non sanno che Esista.Ma C’E’ nella sua Immenzsa Originalita ! Grazie mi pare il Minimo da dire .LWD***Libero Ricercatore Storico***
Ottima segnalazione, non ricordavo ci fosse un fotogramma simile nell’Impero dei Sensi. Riguarderò.
Ecco l’articolo che aspettavo! Al prossimo tour includerò gli affreschi. Gran segnalazione, la comunità di Atlas Obscura ti sarebbe grata debitrice
Grazie a te per l’ispirazione… inizialmente volevo semplicemente “rispondere” alla tua lista di location romane straordinarie (esposte, per chi se lo fosse perso, nei commenti a questo vecchio articolo) , ma alla fine il post ha preso una piega tutta sua. 🙂
Ah figo, sono contento di avere in parte contribuito 🙂
Ai tempi non c’erano i video dell’ISIS e ci si arrangiava(molto bene,con risultati notevoli sul piano estetico) con la pittura sacra!
Articolo interessante come sempre.
Hai mai letto la rivista Cuore, negli anni 90 hanno regalato le carte da gioco “Le allegre vite dei santi”… ogni carta una scena di martirio 🙂
Come no, le avevo tutte! 😀
A rischio di ripetermi, e’ davvero sempre una bella sorpresa trovare nella casella email un nuovo articolo di BizzarroBazar. E ancora piu’ bello ed intrigante lasciare la pagina non prima di aver segnato qualche nuovo libro, film o personaggio da cercare, riprendere, approfondire.
Continuate cosi’, Ad maiora semper!
Consiglio cinefilo obbligatorio, Martyrs, di Pascal Laugier, 2008. (ma attenti, è un po’ estremo per chi non è abituato all’horror, anche se non è un horror. cioè, sì, ma no.)
Gli affreschi sono splendidi , spero un giorno di poterla andare a vedere questa chiesa! Certo però che ne avevano di fantasia nell’inventarsi delle morti così orrende eh.. alla faccia dell’innocenza cristiana ;P
Questo tipo di creatività umana è pressappoco una costante nel tempo e nello spazio…
Ah be si, ma se è usata come un modo per esorcizzare certe paure o semplicemente come espressione artistica o estetica va benissimo, sono la prima ad esserne un’estimatrice 🙂
Sì, certo. Intendevo dire che i metodi di uccisione che vedi negli affreschi, purtroppo, non sono frutto di fantasia. 😉
Comunque mi piace tanto il tuo blog, e non sono una lettrice di blog. Ci sono incappata spesso cercando su internet vari argomenti che mi incuriosiscono, bizzarrobazar c’era sempre! Complimenti,mi piace anche come scrivi,sempre diplomatico e moderato, come tutte le persone molto intelligenti.
Grazie mille, se Bizzarro Bazar spunta sempre fuori nelle tue ricerche vuol dire che anche tu sei una persona intelligente! 😀
Il mio sadismo non è affatto «stuzzicato da queste rappresentazioni», in particolare di quelle di Santo Stefano Rotondo. E chi rimane affascinato da questa “erotica del dolore” (a partire da Umberto Eco, che magari lo attribuisce agli altri), magari farebbe bene a cercare un terapeuta bravo.
Analizzando il ciclo del Pomarancio, hai tralasciato il contesto storico in cui fu realizzato, alla fine del ‘500. La chiesa era in uso da parte del collegio germanico dei gesuiti (credo lo sia ancora) e l’intento era quello di rendere ben coscienti i novizi e possibili futuri padri missionari, a quali rischi sarebbero stati esposti una volta inviati in missione, soprattutto in Inghilterra, una delle mete più importanti per i gesuiti, ma totalmente sottomessa al regime di terrore dei Tudor. Aggiungerei, che come affermi un po’ di striscio, quei fatti non erano una fantasia gratuita, ma, come tu stesso dici in una risposta, «i metodi di uccisione che vedi negli affreschi, purtroppo, non sono frutto di fantasia.»
Inoltre, mi sembra evidenziarsi un forte strabismo storico nel considerare questo gusto per l’orrido specifico della Controriforma. Un semplice confronto, faccia a faccia senza pregiudizi con l’industria mediatica attuale, fa sembrare il Pomarancio (e gli altri) dei semplici dilettanti dell’horror!!! Le loro sceneggiature, oggi non le comprerebbe nessun produttore…
Grazie per il tuo bel commento.
Io eviterei di usare la categoria dei “pazzi”, di chi “si deve far vedere da uno bravo”, perché è spesso una comoda difesa contro qualche prospettiva che non vogliamo ammettere. Credo invece che Bataille e tutti quelli che hanno scritto di erotica del martirio (e sono parecchi) dicano cose interessanti; possiamo non essere d’accordo su tutto, ci mancherebbe, ma anche buona parte della letteratura erotica è colma di sevizie e di torture, così come di tableaux il cui senso ultimo è confondere il confine tra dolore e piacere. La nudità dei santi, la sensualità del dolore, il doppio filo della crudeltà – sono tutti argomenti forti. Secondo me sono punti di vista stimolanti che vale la pena studiare.
Per quanto riguarda la questione della fantasia – gratuita o meno – ogni immagine pittorica è fantastica. Così come lo sono i film con cui, giustamente secondo me, fai un paragone. La rappresentazione della violenza è sempre una finzione/narrazione della violenza stessa, visto che le immagini fanno parte appunto dell’immaginario (perfino quelle documentaristiche, perché il mezzo fotografico crea appunto un “doppio”, un simulacro baudrillardiano). Che la violenza “messa in immagine” non ci abbia mai lasciato è verissimo; quanto e come essa si esplicita varia di epoca in epoca, a seconda dei tabù, dei gusti del tempo, ma anche della funzione catartica della violenza legata per esempio a determinati accadimenti storici. Il discorso è evidentemente molto più complesso di quanto si possa esprimere in un articoletto. 😉
Ti ringrazio della risposta affabile. Purtroppo ho fatto un errore quando ho voluto evidenziare l’aspetto psico-sociale sotteso alla rappresentazione della violenza perché era del tutto al di fuori dei miei scopi nello scrivere il mio commento. Mi son lasciato trascinare perché, sposato da più di quarant’anni con una psicoterapeuta, conosco benissimo questi discorsi. Avrei dovuto evitarli perché l’esperienza mi dice che molto spesso, se affrontati ab initio, facilmente possono fare velo ed impedire un’analisi obiettiva dei dati di realtà basilari da cui invece è necessario iniziare qualsiasi ragionamento. Poi ci sarà spazio anche per altre considerazioni… È una questione di metodo.
Nell’avvicinarci al ciclo pittorico del Pomarancio, i dati reali imprescindibili sono costituiti in primis dal contesto storico dello scisma anglicano con la disumana repressione messa in atto con il terrore più brutale possibile dai Tudor (prima da Enrico VIII, con l'”Atto di Supremazia” e le sue conseguenze giuridiche, e poi da Elisabetta, I con l’ancor più repressivo “Giuramento di Supremazia”).
L’altro dato essenziale è quello di capire chi fossero i destinatari primi della truce galleria pittorica: erano i giovani novizi gesuiti che dovevano ancora decidere se farsi monaci e ai quali l’Ordine voleva fosse ben chiaro che, una volta fatta quella scelta irrevocabile, sarebbero potuti essere inviati con molta probabilità proprio dove il martirio era una concreta possibilità. Erano ancora in tempo per rinunciare. E loro sapevano bene che l’Inghilterra era la destinazione più probabile per i gesuiti tedeschi e fiamminghi, a differenza di quelli di altre nazionalità.
In conclusione, riconosco di aver sbagliato ad aver usato «la categoria dei “pazzi” i quali “si devono far vedere da uno bravo”». È stato un errore, non tanto perché io cerchi «una comoda difesa contro qualche prospettiva che non voglio ammettere», ma perché apre le porte ad una discussione che, anche se molto interessante, la considero inopportuna per questioni di metodo se anticipata rispetto all’analisi dei dati di realtà evidenti. Mi sembrava pacifico che lo scopo fosse quello di comprendere l’opera del Pomarancio. Di fatto, nel tuo commento mi è sembrato che l’opera pittorica fosse solo uno spunto per poi scomparire nel gran parlare della violenza nell’immaginario lungo la storia umana.
Vorrei portare proprio te a conferma di quel che dico: di fatto non hai fatto nessun cenno all’intero paragrafo centrale del mio commento, nel quale si parlava proprio di questi aspetti e che ne costituiva la parte maggiore (oltre che la più importante nelle mie intenzioni).
P.S. Voglio dare un contributo al tuo “fuori tema”: a chi interessasse l’immagine artistica più impressionante nella quale viene colto il momento in cui l’estasi mistica si compenetra con la sofferenza e con l’erotismo, dovrebbe correre ad ammirare uno dei gruppi marmorei più emozionanti mai realizzati da mano umana: l’Estasi di Santa Teresa del Bernini. Vale un viaggio dalla Nuova Zelanda a Roma, anche solo per ammirare quella e tornarsene immediatamente a casa! Forse la conoscete in molti, ma forse non tutti. A chi non fosse di Roma, do delle utili informazioni: si trova nella chiesa di Santa Maria della Vittoria, a poche centinaia di metri dalla Stazione Termini, in via XX Settembre (purtroppo non mi paga nessuno per questa smodata réclame a favore della città più bella del mondo… garantito). Prego vivamente di non aprire una diatriba sulla mia affermazione di quale sia la città più bella del mondo: prendetela come una mia bizzarra idea, anche se mi risulta non sia solo mia… Inoltre e soprattutto, non avrebbe nessuna utilità per intendere il martirologio del Pomarancio.
Ti ringrazio per il tuo prezioso approfondimento sul ciclo pittorico in questione. Che la funzione fosse quella di mettere in guardia i novizi, però, non inficia le osservazioni più generali sul fascino ambiguo di queste rappresentazioni (che poi, come hai intuito, è l’aspetto che mi interessa maggiormente visto che il mio ambito di lavoro è quello del thauma e del perturbante). A tal proposito, se ti interessa, ti invito a leggere anche un mio altro pezzo su questo argomento, seguendo questo link. Credo che con questo complemento avrai una visione più chiara del senso della ricerca che mi appassiona da ormai diversi anni. E sulla Santa Teresa di Bernini sfondi una porta aperta; la prima volta che l’ho vista mi tremavano le gambe.
Credo che ormai siamo riusciti a chiarire che abbiamo interessi piuttosto diversi. A ognuno i suoi… Forse è utile da parte mia chiarire che sono capitato nel blog un po’ per caso: in realtà cercavo una foto di un affresco del ciclo, da inviare ad un amico, in cui fosse ripresa anche la sottostante didascalia bilingue, e qui ne ho trovata una (difficile altrove). Considero questa specifica particolarità del martirologio un fatto culturalmente sfizioso e quasi un’anticipazione dei nostri cartoon.
Infine, vorrei togliere un possibile equivoco che potrebbe suggerire il mio pseudonimo di “Fra Diavolo”: nasce dal film di Stanlio e Ollio e dall’Opera di Aubert, conosciuti da bambino ed ambedue piccoli capolavori d’arte. Poi l’ho adottato come pseudonimo definitivo quando ho conosciuto il personaggio storico.