My wunderkammer

This article originally appeared on #ILLUSTRATI n.31 – “MIRABILIA”

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My wunderkammer

I love to stay awake: the big city finally surrenders to exhaustion, and I can almost perceive the dreams of my neighbours coming out of the houses until they form a huge blanket, in iridescent colours and patterns, unfolding over the silent roofs.
When the night is about to turn into morning, I happen to pause in front of my cabinets of wonders.

There are human and animal skulls, red Gorgons and starfishes, taxidermic specimens preserved in liquids, ancient texts of pathological anatomy, prints and engravings representing human cruelty over the centuries (the big repressed impulse that we wish was only the remnant of our beastly past, and which has never left us instead). And then pornographic photographs of the 1920s, old medical tools, and a whole series of objects concerning the intersection between the sacred and the macabre (historiated skullcaps, shinbones turned into musical instruments, death masks, funerary art, mourning portraits, and so on).

My collection talks to me, with its peculiar voice which is in fact a multitude of voices. And it is a phase, a tool for the research that has always absorbed me.

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Although I own this collection, I don’t think of myself as a collector. I am not compulsive.
What I love in the objects I collect is the fact that they are packed with history, with life. I happened to know collectors of corkscrews, irons, majolicas, coffee cans; those who do not share their passion are overwhelmed by boredom within five minutes.
On the other hand, I have learnt that nobody is indifferent to a cabinet of wonders. Reactions can range from disgust (much more rarely than it is commonly believed) to childlike amazement, from scientific interest to moral outrage in front of some habits that today we find questionable: consider the cilice of the beginning of the Twentieth century, the tiny Chinese shoes for bandaged feet, the souvenir postcard, hand-coloured and dated 1907, which shows a proud English colonialist holding the head of an executed pirate. Children, for their part, go crazy for stuffed animals and bones.

Colonialist postcard (fronte)

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Every collection is a sort of map that reflects and describes the collector’s personality, his taste, his small obsessions.
Stefano Bessoni is most probably the one who taught me – without words, of course – that we shouldn’t be ashamed of our own obsessions, but we should instead cultivate them with enthusiasm. And his incredible wunderkammer is a clear objectification of his imagination, a physical offshoot of his inner world: it possesses a wonderful and strict disorder that makes it similar to the dusty booty of a Victorian explorer, a mix of Livingstone and Darwin, where one’s gaze gets lost among a thousand confused details.
My collection is of course different, because it is mine. One of my obsessions is people’s relationship with death, with the barriers and the symbols we have invented – every time and in every place – to put up with the anguish it causes. What are stuffed or mummified animals but an attempt to stop time and defeat decay? In these objects, the wonder for the world and natural shapes is mixed with a secret fear of
panta rei.

And this dread of eternal decay, which would deprive our existence of meaning, is visible behind the impulse to analyse, classify, make maps and, in the end, control the whole cosmos; to investigate our body in order to defeat disease and old age; to invent any kind of deity in order to be assured that the abovementioned decay is not really definitive. And eroticism, hosted by a section of my cabinets, is maybe the most intense symbolic representation of the instincts related to death.

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Sometimes, when all is quiet, my wunderkammer looks like a psychic spacecraft. Enigmatic conglomerate of temporary forms, clots of pains and lives returned to dust, amazed gaze, mystery of things.

We spend our whole life practicing impermanence. Let’s assume tomorrow I lose my entire collection in a fire: I would shed a few tears, of course, but I wouldn’t scream or damn my fate. If I did, I would prove I have not understood the lesson that the wunderkammer softly whispers to me every night.

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42 comments to My wunderkammer

  1. Laura says:

    Da appassionata del macabro la vorrei proprio vedere questa collezione!! E’ vero, dobbiamo imparare a non vergognarci delle nostre ossessioni, è il modo migliore per privare le ombre del loro potere distruttivo. Ci sei riuscito benissimo direi! Mi auguro di fare lo stesso! Laura

  2. esse says:

    la sua Wunderkammer -perdonatemi la battuta- è l’incubo di ogni madre

  3. gery says:

    Curiosità, nell’ultima foto i due animali cosa sono? il più piccolo sembra un cucciolo di lemure.

  4. Carlo says:

    Bellissima collezione. Il mio salotto è molto meno bizzarro, ma contiene comunque diversi oggetti insoliti che spesso colpiscono gli ospiti; dalla loro reazione – che spazia dalla meraviglia al “ma questo è cretino” – capisco molte cose.

    • bizzarrobazar says:

      E’ vero, si capiscono molte cose di fronte alle reazioni di chi guarda. Però – data la peculiare natura della mia collezione – tendo sempre a non giudicare, perché in fondo sono consapevole che alcuni oggetti potrebbero “urtare la sensibilità dello spettatore”, come si dice.

      Una cosa che ho notato, per esempio, è che c’è sempre una certa differenza fra teca chiusa e teca aperta. Il vetro consente una distanza “museale”, ma quando apro le ante, prendo un teschio e lo porgo a qualcuno – ecco che, anche fra i più interessati, pochi allungano la mano per esaminarlo. C’è una paura del contatto fisico con il resto umano, è la declinazione più viscerale del tabù; anche se in definitiva l’osso è la parte più pulita e asettica di un cadavere e di certo non fastidiosa al tatto. C’è stato anche chi mi ha detto che non dormirebbe mai “con dei morti in casa”, figuriamoci toccarli.
      E anche qui si aprono voragini di senso niente affatto scontate: un semplice teschio è ancora “un morto”? O lo possiamo ormai considerare un oggetto? E quando esattamente lo diventa, quando l’ultimo brandello di carne se n’è andato?

      Una volta, in visita a un museo di anatomia patologica di cui non farò il nome, vedendomi particolarmente interessato uno dei curatori ha fatto la stessa cosa: ha aperto una teca e mi ha allungato un reperto mummificato. Mi è sembrato un gesto alquanto inconsueto, quasi fosse un test per analizzare la mia reazione: non essendo arretrato, e avendo anzi preso il pezzo senza esitazione (era un preparato strepitoso, per inciso, col cavolo che avrei passato l’occasione di tenerlo in mano!) ai suoi occhi ho dimostrato di appartenere alla ristretta “setta” di quelli-che-non-hanno-paura-di-toccare.

      In un certo senso, mi dispiacerebbe che ci liberassimo del tutto dei tabù: consentono questi piccoli, strani giochi mentali e in definitiva – come tutte le regole – esistono per essere trasgrediti. 🙂

      • Carlo says:

        Sì, certamente il rapporto con un “oggetto” così problematico rivela molto di noi. I condizionamenti religiosi, quelli culturali, quelli psicologici modificano profondamente il modo in cui vediamo ciò che un tempo è stato parte di un essere umano; e, di conseguenza, l'”oggetto” è una buona occasione per riflettere su questi condizionamenti.
        Del resto, la fortuna di soggetti iconografici come l’incontro dei tre vivi e dei tre morti e il fascino che ancora hanno questi “resti di umanità” (per rubare il titolo ad Adriano Favole) la dice lunga sulla compresenza di attrazione e repulsione che caratterizza il rapporto fra noi e i nostri ex simili.

  5. Simone says:

    Interessante il discorso sulle “crudeltà umane”, così come i libri sui “pervertimenti sessuali”.
    Ho visto su Flickr anche il libro “La morte e i suoi problemi”, di cosa parla?

  6. andrea c says:

    Collezione molto affascinante!
    Una curiosità, il teschio umano è vero? oppure è una ricostruzione molto realistica?

    • bizzarrobazar says:

      È autentico.

      • andrea c says:

        Pensavo che fosse illegale tenere in casa teschi, ossa, o altri resti umani autentici!

        • bizzarrobazar says:

          No, non lo è.

          Allo stato attuale la normativa italiana è (che sorpresa!) un po’ confusa, ma di base non è “occultamento di cadavere” detenere resti umani “non riconoscibili” perché ormai evidentemente vecchi di anni. Conta anche che normalmente questi pezzi vengono venduti fra collezionisti con degli attestati di provenienza (il mio nella foto faceva parte di una collezione medica di un’Università tedesca).

          Se la detenzione non è un vero problema, da un paio d’anni è invece illegale in Italia l’importazione di resti umani. Inoltre Cina e India – i maggiori esportatori, per ovvie ragioni – hanno imposto una regolamentazione più severa, e di conseguenza gli esemplari stanno diminuendo sempre di più. Negli USA il mercato è ancora attivo (vedi ad esempio lo store online di Bone Room) ma non si effettuano più consegne all’estero.

          • andrea c says:

            Ok, ti ringrazio per le risposte, e per le info(anche se al momento non sono interessato a questo genere di articoli)
            Visto che la legislazione italiana solitamente in molti ambiti è ben poco liberale, ero convinto che fosse del tutto vietato!

            P.S. Ma da dove li prendono tutti quei teschi e quegli scheletri in vendita su Bone Room?

        • bizzarrobazar says:

          Riguardo alle gioie e ai dolori delle importazioni, tempo fa volevo comprare un armadillo impagliato da un rivenditore australiano. Ora, gli armadilli a seconda delle fasce che hanno sulla schiena sono catalogati come specie a rischio o meno, nelle liste dei trattati internazionali CITES. Ho studiato per due giorni la morfologia dell’armadillo in questione, per concludere che quello che volevo acquistare non era una specie protetta né a rischio estinzione, ma una di quelle normalmente allevate senza problemi in Australia, e l’esemplare in questione era per di più “etico”, cioè morto di cause naturali.
          Siccome non si è mai troppo sicuri, chiamo la dogana di Fiumicino per assicurarmi che non ci siano problemi.

          – Salve, devo importare un armadillo impagliato. Vorrei sapere se ci possono essere disguidi, se potete fermarmelo in dogana… ho controllato il CITES e…
          – Un arma- cheeee?
          – Un armadillo. Un… animale.
          – Ah, ma è vivo?
          – No, è tassidermizzato.
          – Eh?
          – Tassidermia… è impagliato. Cioè, è rimasta solo la pelle.
          – Ah, ma se è solo la pelle, nun ce stanno probblemi.
          – Non ci sono problemi?
          – No, è solo la pelle! L’animale è morto.
          – Certo che è morto. Ma se vado in Africa e torno con la pelle di un leone, mi fermate, o no?
          – E c’hai ragione pure tu… ALDOOOOO… dice che c’ha la pelle d’un coso… come se chiama?

          Insomma, dopo un quarto d’ora ho lasciato perdere.

          • bizzarrobazar says:

            Sia detto, intendiamoci, con tutta la simpatia che ho per questo genere di interazioni tutte italiane! Ho riso come un cretino per mezz’ora alla fine della telefonata. 😀

          • andrea c says:

            ahahahahah, ti è capitato un cafone romano…beh dai, forse si può giustificare con il fatto che alle nostre latitudini l’armadillo è un animale semisconosciuto, un cobra o un’antilope lo sanno quasi tutti più o meno cos’è, se non altro perché l’hanno visto in qualche documentario. Mentre gli armadilli sono animali un po’ trascurati anche negli zoo, e dai documentaristi

  7. Ti ringrazio per aver mostrato così tanta bellezza.
    E che gioia sapere che c’è qualcun’altro che continua a raccogliere meraviglie, senza per questo divenirne schiavo, perdendone, come spesso accade, l’incanto per ognuna di esse!

    Essendo affetto dalle stesse deliziose ossessioni, ti lascio una citazione di Léautaud che appesi tempo fa all’ingresso della mia casa in modo che fosse ben visibile prima che gli occhi facciano in tempo a posarsi su tutto il resto: a differenza tua, seppur impegnandomi, non riesco ancora a trovare un’utilità nell’arte di tollerare le reazioni di “cretino stupore”.

    Leggerla, (ma soprattutto vedere che si soffermino a leggerla), reca parecchio sollievo…
    Se già non la conosci, spero ti piaccia.

    Cordialmente.

    “Ho sempre amato gli esseri originali, bizzarri, chimerici, strani.
    Essi sono per me l’incanto della vita così come le persone che rassomigliano a tutti ne sono l’aspetto detestabile.
    Mi piace la loro fantasia, la loro follia.
    Li seguo quando li incontro per strada, mi informo su di loro, vorrei conoscerli e frequentarli,
    e non provo disgusto che per gli imbecilli che si voltano e ridono quando passano.

    Quel che mi attrae in loro, tra l’altro, è che il più delle volte sono molto buoni (…)
    Non è curiosa questa mescolanza di originalità e bontà, mentre coloro che si rassomigliano
    a migliaia sono generalmente, nella loro mediocrità, tanto egoisti e malvagi?

    Anche questo per me si collega a tutto ciò che divide le persone libere dalle altre che sono schiave.
    Il vestirsi a proprio gusto, ed in egual modo agire e vivere, senza badare alla meraviglia ed
    allo scherno degli sciocchi, è sempre, in piccolo, segno di libertà di spirito.”

  8. La citazione puoi trovarla anche sul n. 27 della rivista per medici “Sfera” in compagnia (guarda caso) di un illustrazione di un pollo con tre zampe tratto dal “Quaderno primero de la Historia Natural de Madrid” che fa capolino tra le righe…

    Grazie ancora a te!
    E se dovessi capitare in Puglia, sei il benvenuto nella mia WK. 🙂

  9. Alex77 says:

    Buon giorno!!!! E cosa dire…. Grandissimo come sempre. Usi un’eleganza che di rado, ahimè, riscontro nel mondo virtuale (e reale), forse è per questo che ti leggo con gioia e passione; oltre al fatto che abbiamo interessi e gusti in comune, ovvio! Purtroppo possiedo più che altro una “mensola delle meraviglie”, Regal Wunderland, si dirà così?! Perché ho poco posto, ma ho vissuto un’esperienza, peraltro molto lunga, come soccorritrice volontaria che mi ha portato a stretto contatto con la morte. Purtroppo quando parli di “certe cose” con le persone che Fromm definisce cosiddette sane vieni guardato con disgusto, come se tu fossi una cavalletta alta tre metri in impermeabile, ma leggendo questo articolo mi sono sentita “normale” anche io (ma se parlassimo di normalità occuperemmo tutto lo spazio disponibile in rete….) e mi sono resa conto di come il mio rapporto con la morte, del tutto personale, è appunto, “solo mio”. n un certo senso ho vissuto quello che accade prima che il corpo diventi pura meraviglia, se così possiamo dire, cioè il momento in cui il morto e la morte fanno ancora paura, e la fanno perché (credo sia qualcosa di ancestrale) si ha la sensazione di essere al cospetto di qualcuno che forse può essere ancora salvato, riportato nel mondo dei vivi; è una cosa contorta, ma è quello che da soccorritrice ho provato. Non ho mai avuto “paura” dei morti, al contrario, in quel frangente ho cercato in tutti i modi di riportarli in vita, anche se sempre senza successo. Mi sono sempre chiesta il motivo per cui io provi così tanta attrazione per il Bizzarro e il Perturbante; poi, finalmente, ho capito: sono io per prima una persona per così dire, “speciale”, quello che potremmo definire Freak, uno scherzo di natura. Lo sono sia fisicamente che interiormente, ho sempre trovato affascinante e poetica la diversità, forse proprio perché la normalità mi fa paura, mi spaventa quello che sembra clonato, è il mio perturbante. Ho sempre pensato che rifuggire disgustati di fronte all’insolito da ragione a Baudleare, quando dice che chi beve solo acqua ha qualcosa da nascondere al suo prossimo…. Grazie, come sempre, per la tua classe! E un grazie ai commentatori sopra, che mi hanno dato nuovi spunti, e ricordato vecchi spunti, su cui riflettere (o forse essere riflessa….) Ciao!!!!!

    • bizzarrobazar says:

      Commento meraviglioso, Alex77, grazie!
      “La normalità è il mio perturbante” è una frase da incorniciare. 🙂
      Ho sempre sostenuto che ci sia uno scarto essenziale fra il dire “siamo tutti uguali” e “siamo tutti diversi”, anche se a prima vista sembra che il risultato non cambi. In un certo senso, la prima frase è reazionaria, la seconda rivoluzionaria. Non credo che esista quel tipo di normalità di cui parli e che a te fa paura, quella dei “clonati” per intenderci, penso che sia un’invenzione. Ma è vero che esiste una buona fetta di persone che rifugge, per motivi sociali e culturali, dal confronto con le questioni fondamentali, e per carità è una loro scelta; certamente la diversità, l’esotismo, tutto ciò che non è familiare, sono cose che possono spaventare ma, sono convinto, offrono anche l’unico confronto in grado di cambiarci e migliorarci. Personalmente ho sempre, costantemente, testardamente cercato di mettermi in situazioni in cui la terra mi mancava sotto i piedi, di confrontarmi con problemi che facevano sgretolare le mie certezze. E’ l’unico modo che conosco per progredire. Forse la wunderkammer nasce da una mia paura della morte, e la strategia che ho adottato è quella di addomesticarla – nel senso etimologico, quello di farla entrare in casa mia, invitarla nella mia quotidianità, farla sedere alla mia mensa. Forse sono io quello che in fondo aveva paura di toccare i morti. 🙂

  10. Giulia says:

    Mi piacerebbe tanto iniziare una wunderkammer. Ho già qualcosa, ma niente di serio e tutto trovato per caso. Per cui per il momento è più una collezione a metà tra quella dell’adolescente e il cassetto della nonna. Trovare animali tassidermizzati o sotto formalina probabilmente è più facile, ma per quanto riguarda le antichità, gli oggetti bizzarri, credo sia più difficile e ho paura di prendere infinocchiate a non finire. Hai dei punti di riferimento affidabili? Negozi, siti…
    Complimenti come sempre!

    • bizzarrobazar says:

      Guarda, per evitare le infinocchiate l’unico modo è studiare gli oggetti che ti interessano cercando tutte le informazioni che riesci a trovare, comprendere il mercato specialistico relativo a quel determinato oggetto, farsi un’idea dei prezzi e capire a quali dettagli stare attenti; per farti un esempio, riguardo teschi umani può capitarti di incontrare prezzi molto diversi, perché i collezionisti danno molto valore allo stato della dentatura e ad eventuali anomalie o segni di violenza/malattie sul cranio.
      La comunità online più ampia riguardo al collezionismo (non soltanto la nicchia di cui stiamo parlando) è Collector’s Weekly. Ci sono articoli di approfondimento, notizie, curiosità e nella sezione Show&Tell gli utenti postano gli oggetti della loro collezione, ne discutono, chiedono e danno consigli. Potrebbe essere che tu ti imbatta anche in qualche mio oggetto, visto che sono registrato con un altro nick sul sito… 😉
      Il negozio più celebre è Obscura a NYC. In Italia c’era il meraviglioso Nautilus, ma al momento è chiuso e chissà se riaprirà mai più. Ma dipende tutto dal tipo di oggetti che cerchi: molti antiquari classici trattano anche strumenti medici o scientifici, ad esempio. E oggi ovviamente è impossibile prescindere da eBay, che scandagliato regolarmente può offrire talvolta delle chicche quando qualcuno svuota la soffitta del nonno e trova qualche cimelio “orrendo” di cui non vede l’ora di disfarsi. 😀

  11. Livio says:

    Avete detto tutto voi. Aggiungo solo che il Cristo “anatomico” è strepitoso!
    (Invidia)

    • bizzarrobazar says:

      E’ senza dubbio uno dei miei pezzi migliori. 🙂
      L’idea di questa ceroplastica seicentesca, che a una prima occhiata può sembrare blasfema, è in realtà quella di mostrare che il Salvatore era uomo in tutto e per tutto, fino agli organi interni.
      Da un anatema scagliatomi su FB da un’associazione cattolica intuisco che sono sottigliezze difficili da comprendere al giorno d’oggi.

  12. rabloto says:

    Tempo fa ti scrissi degli ZU e della copertina di un loro album che riporta il lavoro di Guillaume-Benjamin Duchenne. Oggi voglio suggerirti il lavoro di Felpa e soprattutto il video girato nei musei civici di Reggio Emilia. Keep the world weird! https://www.youtube.com/watch?v=1F3t_mutHZs

  13. Ida says:

    Sei un grade e ti seguo sin dagli esordi! Quando avrò una casa tutta mia (dreamy girl di 23 anni suonati) vorrei tanto iniziare a collezionare proprio questi reperti! Qualche bottiglia da farmacista dei primi del ‘900 l’ho già recuperata a Parigi l’anno scorso e la tengo come un cimelio in stanza! Il mio fidanzato poi mi asseconda… È uno studente al sesto anno di medicina 😁

  14. davide says:

    buona sera, sono un restauratore e ho visto il piccolo crocifisso in cera con l’addome aperto e gli organi interni. Sto studiando questa tipologia di opere perché ne ho individuato altre due in Italia.
    Cortesemente, potrei avere la possibilità di vederlo? Ne sarei felice.

    Grazie

    Davide

  15. Laura says:

    Quel gattino nel teschio sembra vivo!
    Ma lo é?

  16. Laura says:

    Quel gattino nel teschio sembra vivo!
    Ma lo é?

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