Šarūnas Sauka

Da quando nel 1944 i Sovietici riconquistarono la Lituania fino al 1991, anno dell’indipendenza, il KGB attuò una politica del terrore per sopprimere qualsiasi insurrezione: a Vilnius, la capitale, l’ex-quartier generale dei servizi segreti è ora divenuto un museo che racconta gli orrori accaduti fra quelle mura. Nella “sala delle esecuzioni” furono giustiziati più di 1000 prigionieri solo fino agli anni ’60, almeno un terzo accusati di aver resistito all’occupazione; e da allora fino al ’91 il terrore è continuato fra interrogatori, torture, prigionia e deportazioni.


Šarūnas Sauka, pittore e scultore originario di Vilnius, è nato nel 1958 e ha vissuto questo angosciante periodo in pieno.

È facile riconoscere nella violenza e nella insostenibile crudeltà dei suoi dipinti il segno di una ferita culturale ancora aperta; eppure l’esperienza di un regime totalitario influenza profondamente anche la visione del mondo e la filosofia di chi è costretto a viverla.

Così sembra quasi che Sauka, con le sue figure ibride, decomposte, grottesche, stia suggerendo una visione tragica della condizione umana: non c’è nulla di divino in questa corporeità deperibile e deforme, anzi la vertigine di fronte ai suoi quadri è quella del vuoto assoluto.


Figure che anelano a uno slancio mitologico o spirituale, ma ricadono nel pantano degli istinti bestiali, condannate a una quasi costante assenza di cielo e di orizzonte. Varie manifestazioni della malattia, della decadenza fisica si muovono in un’oscurità palpabile, un’oscurità in cui non c’è Dio ma soltanto il terrore. Il mondo di Sauka è la fine della metafisica di stampo cristiano, un triste sberleffo alla dottrina della resurrezione della carne, qui ritratta nel disfacimento più irreversibile.


Eppure, in tutta questa cupa desolazione c’è almeno un indizio di riscatto: i personaggi dipinti da Sauka portano nella maggior parte dei casi il suo stesso volto, o il volto di alcuni suoi famigliari. Questo permette di donare un valore catartico inaspettato a queste visioni disperate; attraverso l’alchimia dell’arte, sembra suggerire Sauka, anche l’assenza di significato e la putrida materialità di questa esistenza possono essere trascese.


Šarūnas Sauka, pur essendo forse il più importante pittore lituano postmoderno, è ancora praticamente sconosciuto in occidente, e questo perché la sua monumentale opera non ha avuto, fino alla liberazione, alcun modo di arrivare fino da noi. In Lituania l’artista stesso ha ormai da qualche decennio abbandonato la capitale, e vive da recluso in un remoto villaggio fra laghi e foreste.


Se nell’opera di Sauka quello che colpisce di primo acchito è ovviamente la potenza evocativa delle immagini, non bisogna dimenticare che, per quanto nera e beffarda, l’ironia è comunque e sempre presente nelle sue tele. Per questo vittima e carnefice vengono dipinti entrambi con il volto dell’artista: chi può scagliare la prima pietra, se siamo soltanto animali che continuano a infliggersi dolore l’un l’altro? Forse il vero inferno non sta in un ipotetico “Aldilà”… forse è semplicemente il carosello infinito, la Babele apocalittica della nostra stessa stupidità.

(Grazie, Amelita & David!)

Buon 2012!

Un augurio a tutti i lettori di Bizzarro Bazar per l’ultimo anno che resta a questo pianeta!

Visto che questi saranno i nostri ultimi 12 mesi di vita prima dell’Apocalisse, preconizzata con grande precisione dai Maya e da Roberto Giacobbo, perché non passarli con gioia, allegria, e dimenticando le differenze e i rancori?

E se proprio non volete rassegnarvi, ecco un kit di sopravvivenza che vi terrà al riparo da qualsiasi pericolo. Garantito al 100%, anche perché se non funzionasse non potreste rivalervi sul costruttore.

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Buon anno!

Gli scorticati di Fragonard

La città di Grasse, in Provenza, già considerata la capitale mondiale dei profumi, divenne celebre nel XVIII secolo per aver dato i natali al famoso pittore rococò Jean Fragonard (una delle tre maggiori profumerie locali è oggi chiamata Fragonard in suo onore). Pochi però conoscono la storia del cugino di questo celebre pittore, che divenne rinomato per motivi completamente diversi.

Honoré Fragonard, classe 1732, laureato in chirurgia, nel 1762 incontra l’uomo che farà svoltare la sua carriera. Si tratta di Claude Bourgelat, stalliere di corte di Luigi XV e fondatore a Lione della prima Scuola Veterinaria al mondo. Questo eminente studioso di cavalli era il più grande esperto in materia, e aveva già pubblicato diversi trattati ritenuti eccellenti. Si era però convinto che, per comprendere a fondo questi splendidi animali, avrebbe dovuto studiarne l’anatomia fin nei minimi dettagli. Recluta quindi Fragonard affinché esegua per lui alcune dissezioni sui cadaveri di cavalli. In breve tempo, Bourgelat nomina Fragonard docente di anatomia alla sua Scuola Veterinaria, e in seguito direttore. Qui Fragonard comincia a realizzare le sue prime preparazioni anatomiche, ma è con l’apertura di una seconda scuola a Parigi che Fragonard, nuovamente nominato direttore e professore, può dedicarsi alla sua arte in modo più continuativo.

Honoré Fragonard realizza a Parigi migliaia di preparati anatomici veterinari e umani; ma è con la serie degli écorchés (gli scorticati) che impressiona non soltanto il mondo accademico ma anche l’aristocrazia, che comincia a comprare i suoi pezzi per inserirli nelle diverse camere delle curiosità in giro per l’Europa. In effetti i suoi “scorticati” sono dei preparati davvero unici e mozzafiato.

Si tratta di cadaveri sezionati e imbalsamati secondo una ricetta segretissima: i corpi vengono aperti e fissati da Fragonard con un misterioso fluido, in modo da permettere di scorgere tutti i vari strati di muscolatura superficiale e profonda, i tendini, l’apparato vascolare e circolatorio. Fragonard non si accontenta del risultato scientifico, e riesce a donare ai suoi corpi pose artistiche ispirate a quadri e miti celebri. L’homme à la mandibule (“L’uomo con la mandibola”), ad esempio, si rifà all’episodio di Sansone che combatte i Filistei: la posa minacciosa e lo sguardo allucinato e folle rendono il cadavere scorticato minaccioso e drammatico.

Fragonard realizza anche delle celebri composizioni incentrare sull’equitazione; per spingersi ancora oltre nel risultato sconcertante, attornia il suo Cavaliere dell’Apocalisse di una piccola “armata” di cadaveri di feti umani che cavalcano feti di cavallo (oggi andati perduti).

Le cose, però, non vanno bene tra lui e il suo mentore, Bourgelat. Voci di corridoio cominciano a insistere sul fatto che quest’ultimo debba gran parte della sua fama alle dissezioni di Fragonard. Dall’altra parte, si sussurra che uno dei più celebri “cavalieri” di Fragonard fosse in realtà il cadavere di una giovane fanciulla di cui l’anatomista era innamorato, che egli avrebbe disseppellito e “fissato” in una preparazione anatomica per averla sempre con sé. Fra pettegolezzi e litigate, l’inimicizia tra i due diviene sempre più acre, finché nel 1771 Bourgelat licenzia Fragonard, con l’accusa di essere divenuto folle.

Honoré continua quindi a seccare e preparare cadaveri per le collezioni private degli aristocratici, e negli ultimi anni di vita accarezza il sogno di riunire tutti i suoi vecchi pezzi in uno sterminato Gabinetto di Anatomia. Ma il progetto fallisce, e i suoi preparati si disperdono in giro per l’Europa. Affranto e disilluso, Fragonard si spegne a Charenton nel 1799.

Delle svariate decine di scorticati da lui fabbricati, e per la maggior parte distrutti durante la Rivoluzione Francese, ce ne restano soltanto 21. Il numero maggiore di pezzi si trova al Musée Fragonard di Maison-Alfort, a 3 km da Parigi. Ciò che rimane ancora in parte sconosciuto è il metodo con cui Fragonard fu capace di creare simili opere. L’unico dato certo è che, nella miscela da lui creata per fissare i tessuti vascolarizzati, non faceva uso di cera fusa (che avrebbe distrutto i vasi sanguigni con il suo calore) ma di sego di montone, che fonde a temperature più basse e che poteva essere iniettato senza scaldare troppo il corpo. Pare inoltre che le particolari vernici utilizzate per seccare i cadaveri fungessero anche da repellente per parassiti, garantendo una straordinaria tenuta nel tempo.

E, in caso ve lo foste chiesti, un’attenta analisi ha rivelato le vestigia di un pene legato all’interno del bacino del “Cavaliere dell’Apocalisse”. Con buona pace dei romantici, il misterioso Cavaliere non era dunque una ragazzina, il perduto amore di Fragonard, come da secoli esigeva la leggenda.