Painting on water

If you have some old books at home, you might be acquainted with those decorated covers and flaps showing colorful designs that resemble marble patterns.
Paper marbling has very ancient origins, probably dating back to 2.000 years ago in China, even though the technique ultimately took hold in Japan during the Heian period (VIII-XII Century), under the name of suminagashi. The secret of suminagashi was jealously kept and passed on from father to son, among families of artists; the most beautiful and pleasant examples were used to adorn poems or sutras.

From Japan through the Indies, this method came to Persia and Turkey, where it became a refined art called ebru. Western travellers brought it back to Europe where marbled paper was eventually produced on a large scale to cover books and boxes.

Today in Turkey ebru is still considered a traditional art. Garip Ay (born 1984), who graduated from Mimar Sinan University in Istanbul, has become one of the best-known ebru artists in the world, holding workshops and seminars from Scandinavia to the United States. Thanks to his extraordinary talents in painting on water, he appeared in documentaries and music videos.

His latest work recently went viral: painting on black water, and using a thickening agent so that the insoluble colors could better float on the surface, Garip Ay recreated two famous Van Gogh paintings, the 1889 Starry night and the iconic Self-portrait. All in just 20 minutes (condensed in a 4-minute video).

The magic and wonder of this suprising exploit reside of course in Ay’s precise artistic execution, but what is most striking is the fluidity, unpredictability, precariousness of the aqueous support: in this regard, ebru really shows to be a product of the East.
There is no need to stress the major symbolic role played by water, and by harmonizing with its movements, in Eastern philosophical disciplines: painting on water becomes a pure exercise in wu wei, an “effortless action” which allows the color to organize following its own nature, while the artist gently puts its qualities to good use in order to obtain the desired effect. Thus, the very obstacle which appeared to make the endeavour difficult (the unsteady water, disturbed by even the smallest breath) turns into an advantage — as long as the artist doesn’t oppose it, but rather uses its natural movement.
At its heart, this technique teaches us a sublime lightness in dealing with reality, seen as a tremulous surface on which we can learn to delicately spread our own colors.

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Here is Garip Ay’s official website, and his YouTube channel where you can witness the fascinating creation of several other works.
On Amazon: Suminagashi: The Japanese Art of Marbling by Anne Chambers. And if you want to try marbling yourself, there is nothing better than a starter kit.

Kokigami

Nel diciottesimo secolo, in Giappone, la cerimonia del dono nuziale del tsutsumi simboleggiava quanto il sesso potesse essere una risorsa e un vero e proprio regalo per gli sposi. Il novello marito avvolgeva le sue parti intime in un intricato sistema di bendaggi di velluto e nastri; il tutto finiva per assomigliare ad un vero e proprio “pacchetto regalo” che la sposa doveva “scartare” e liberare, nastro dopo nastro, in un rituale intimo ed estremamente sensuale.

L’arte dei kokigami si evolve a partire da questa antica usanza, e introduce all’interno dei giochi sessuali l’arte giapponese degli origami. Si tratta, essenzialmente, di piccoli vestiti ritagliati nella carta che vengono indossati sul pene.


Le forme che questi costumini assumono vanno dai classici animali (draghi, cavalli, maiali, farfalle, falene, ecc.) a più moderni ritrovati tecnologici, come le autopompe dei vigili del fuoco, le locomotive, lussuose cadillac o addirittura gli space shuttle.

Esistono un paio di libri (entrambi reperibili, in lingua inglese, su Amazon) che contengono decine di kokigami. Il primo, intitolato Kokigami: Performance Enhancing Adornments for the Adventurous Man, propone una notevole varietà di costumini per i genitali maschili. Ma noi gli preferiamo il volume Kokigami: The Intimate Art of the Little Paper Costume, che suggerisce per ogni “travestimento” tre aggettivi che chiarificano la relazione che sussiste fra il fallo e il suo travestimento – per fare un esempio, lo shuttle è “rigido, agile, esploratore”, mentre il calamaro è “gentile, aggraziato, veloce”.

Non soltanto: questo delizioso libro fornisce anche degli esempi di dialogo fra i due amanti. Si tratta di un possibile copione per la rappresentazione teatrale che si andrà a interpretare. Riprendiamo i due esempi precedenti, il calamaro e lo shuttle, e vediamo quale dialogo i due sposi potranno inscenare.

Calamaro
(Braccia tese, con le dita che imitano i tentacoli in moto pulsante e ondeggiante. Tenendo indietro i fianchi, muoviti lentamente verso la tua partner, emettendo gentili risucchi. Se disturbato, porta le braccia lungo il corpo e salta velocemente all’indietro)
Maschio: “Vieni a me, piccolo pesce. Lascia che i miei tentacoli forti e sensibili ti accarezzino gentilmente e stringano il tuo corpo fremente”.
Femmina: “I tuoi tentacoli danzano meravigliosamente, ma hanno molte ventose e mi chiedo a cosa servano”.

Shuttle
(Tieni le braccia distanti dal corpo, come ali, sporgiti in fuori e precipitati sulla tua partner emettendo forti suoni come di rombo d’aereo. Dopo, ondeggia intorno silenziosamente mentre entri in orbita e ti prepari per il rientro)
Maschio: “5, 4, 3, 2, 1 …… Decollo!”
Femmina: “Questa è la stazione base di Venere. Prepararsi per l’attracco”.

Ora vi direte: ma quale può essere la motivazione per mettersi dei ridicoli origami sulle parti intime e fare dei giochi di ruolo? Perché dissimulare un pene sotto un minuscolo costume di carnevale da falena che svolazza attorno alla lanterna (lascio a voi l’interpretazione della simbologia)?

La risposta va in parte cercata, senza dubbio, nella rigida e timida tradizione sessuale giapponese, la cui ars erotica è costantemente in bilico fra morigeratezza e desiderio assoluto di liberazione. Rendere il talamo uno spazio teatrale può aiutare a liberare le pulsioni e gli istinti, dando una dimensione ludica e infantile all’unione intima.

Ma questi gingilli all’apparenza risibili ci ricordano una verità che spesso dimentichiamo. E cioè che anche il sesso può e dovrebbe avere un suo umorismo, dovrebbe cioè essere fatto anche di sorrisi e scherzi. Gran parte dei cosiddetti problemi sessuali (ma verrebbe da dire dei problemi tout court) derivano da questa nostra sventurata inclinazione a prenderci troppo sul serio. Quando la sessualità è tutta protesa all’orgasmo, alla prestazione, alla soddisfazione, allora la frustrazione è dietro l’angolo e ogni fallimento è una tragedia. Pensiamo sempre che ci sia un obiettivo da raggiungere, quando basterebbe saper giocare. In questo senso, la ricetta è piuttosto banale: più voglia di divertirsi e di sperimentare, meno preconcetti e aspettative.
E non servono nemmeno dei costumini di carta per travestire i genitali… forse basta un po’ di ironia e fantasia.

AGGIORNAMENTO:

Grazie all’interessamento di un lettore, Alessandro Clementi, veniamo a sapere che la pratica dei kokigami è in realtà un’elaborata bufala inventata proprio dagli autori del testo riportato nell’articolo, rimbalzata poi su internet fino a diffondersi addirittura su molti siti in lingua giapponese. A quanto pare, Burton Silver e Heather Busch non si sono cioè limitati a ideare una pratica sessuale, ma si sono divertiti a donarle perfino un passato antico e “nobile”. Anche noi siamo caduti nel tranello, nonostante la nostra abituale scrupolosità nel controllo delle fonti, e ci scusiamo con i lettori; eppure, in un certo senso, questo scherzo ci mette di buonumore. Perché di certo ne esistono di peggiori, e perché oltre che essere divertente, solleva alcune questioni non proprio scontate sul gioco dei sessi, sul coito come rappresentazione teatrale, e sui modi differenti di vivere la propria sessualità. Grazie, Alessandro!

F.A.Q.: Il mio lavoro fa schifo 2

Caro Bizzarro Bazar, fino ad adesso ho sempre avuto esperienze lavorative ottime. Tanto per cambiare, vorrei che il mio prossimo lavoro fosse davvero avvilente, deumanizzante e monotono. Cosa mi consigli?

Di emigrare in Cina, e prendere impiego come “impacchettatore” di mazzi di carte.

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