Immaginate una città che si sviluppi senza alcun tipo di controllo urbanistico. Immaginate le strade e i palazzi come un organismo vivente, arterie e cellule di un corpo la cui biologia interna è completamente impazzita. Immaginate appartamenti che crescono di giorno in giorno, uno sopra l’altro, come un tumore che aumenti a dismisura, piano dopo piano, senza che alcuna intelligenza centrale abbia mai messo mano a questo incubo architettonico, totalmente anarchico e sregolato.
La cittadella in questione era Caolun (Kowloon, in inglese), e quest’anno ricorre il ventennale della sua demolizione; dopo la difficile opera di evacuazione, con il crollo degli ultimi mattoni, finiva nel 1993 la storia stupefacente dell’unica città al mondo senza legge né regole.
Sorta prima dell’anno 1000, la città fortificata di Caolun, in Cina, era stata abbandonata e poi ricostruita a metà dell’800 dagli inglesi che controllavano Hong Kong. Abbandonata nuovamente, cominciò a ripopolarsi e divenne ben presto una zona autonoma, sviluppandosi velocemente grazie a un inspiegabile “buco” amministrativo e politico.
Le Triadi mafiose locali presero il potere proprio quando la cittadella, abitata da profughi della Seconda Guerra Mondiale e da dissidenti del regime Maoista, si stava ingrandendo; ma per fortuna nel 1974 una task force di 3.000 poliziotti sgominò le bande criminali, “liberando” Caolun dal giogo della mafia. Fu allora che la popolazione cominciò davvero a crescere.
Nel giro di dieci anni, il numero degli abitanti era aumentato vertiginosamente: 33.000 accertati, quasi 50.000 quelli stimati, in una “cittadella” che in realtà potrebbe benissimo essere definita un quartiere, viste le sue dimensioni ridotte (soltato 26.000 metri quadrati). Con un rapido calcolo vi accorgerete che la densità della popolazione a Caolun era davvero impensabile: quasi due milioni di esseri umani per km2.
Le case venivano costruite a velocità folle, senza ingegneri o architetti, sopraelevando, occupando qualsiasi spazio libero: la mattina avreste potuto svegliarvi e scoprire che la vostra finestra non dava più sul consueto panorama, ma su un nuovo muro dell’edificio vicino. I cortili si chiudevano progressivamente, fino a diventare dei piccoli pozzi di aerazione, i vicoli si restringevano di giorno in giorno, e la luce del sole si allontanava sempre di più, sottile linea a malapena visibile fra le case che arrivavano a più di dieci piani. Caolun cominciò ad essere chiamata HakNam, la città delle tenebre, perché nei suoi vicoli era notte anche a mezzogiorno. Vennero istallati dei tubi fluorescenti lungo le claustrofobiche stradine, tenuti accesi costantemente.
Le case che continuavano a salire in verticale, accatastate le une sulle altre, fermarono la loro folle crescita per un solo motivo: evitare le rotte di atterraggio degli aerei del vicino aeroporto Kai Tak.
Eppure, al contrario di quanto si potrebbe pensare, la vita all’interno di questo caos architettonico era sorprendentemente tranquilla, e l’integrazione fra le diverse etnie presenti piuttosto pacifica. Sui tetti più alti erano stati piantati alberi e piccoli giardini dove i bambini potevano giocare; una settantina di pozzi garantivano l’acqua agli abitanti, finché il governo di Hong Kong non decise di portare acqua pulita e corrente elettrica fino ai margini della cittadella. La criminalità non era poi eccessivamente elevata, nonostante case da gioco, bordelli e droga fossero comuni, e lungo i vicoli nacquero negozi, piccole fabbriche, ristoranti e persino asili, scuole, anche una specie di tribunale. Proliferavano gli studi medici senza autorizzazione, che però talvolta avevano un discreto livello di professionalità; ma, in generale, l’aspetto più disastroso era senz’altro la terribile condizione igienico-sanitaria.
Alla fine degli anni ’80 i due governi di Hong Kong, quello inglese e quello cinese, si accordarono per mettere fine alla situazione ormai insostenibile, ed evacuarono la zona autonoma per demolirla infine nel marzo del 1993. I lavori terminarono nel 1994, con alcuni scavi archeologici che riportarono alla luce le antiche strutture preesistenti; oggi il sole finalmente splende nel parco cittadino ubicato proprio dove sorgeva l’oscuro e labirintico alveare di case.
(Grazie, Michele!)