L’uomo gufo

Alexander è un giovane cameriere russo: qualche anno fa, cominciando un allenamento in palestra, si è accorto che il suo collo aveva una particolare flessibilità. Così, con esercizi sempre più specifici, ha sviluppato questa elasticità oltre ogni limite immaginabile. Normalmente i muscoli del nostro collo ci impediscono di ruotare la testa oltre una certa angolazione, per prevenire danni alla colonna vertebrale. Alexander, invece, riesce a forzare questa “barriera” fisica e a girare il capo di 180° rispetto alla posizione naturale.

Il suo numero non manca mai di scioccare gli astanti, anche per via dei forti schiocchi e scricchiolii delle sue vertebre cervicali sotto pressione. Secondo gli esperti, questo genere di abilità fisiche anomale si verificano sempre a causa di una predisposizione genetica – quindi non vi conviene cercare di imitarlo.

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Scoperto via Absurdity Is Nothing.

L’incredibile vita di Ben Dova

Ben Dova si chiamava in realtà Joseph Späh, ed era nato a Strasburgo nel 1905. Emigrato negli Stati Uniti in giovane età, divenne ben presto contorsionista ed acrobata negli spettacoli di vaudeville e circensi.

Il suo numero più famoso era quello denominato “convivial inebriate”, in cui vestiva i panni di un ubriacone che in piena sbornia si metteva in ogni sorta di pasticci. Camminava scomposto, ad ogni momento oscillava e sembrava sul punto di cadere, ma all’ultimo secondo riguadagnava l’equilibrio. Poi cercava in ogni tasca dello scompigliato vestito, contorcendosi, una sigaretta che era sempre stata nella sua bocca. Infine, per accendere la sigaretta, si arrampicava su un lampione di scena che cominciava ad ondeggiare paurosamente, piegandosi ed inclinandosi come fosse di gomma: Ben rimaneva aggrappato al lampione, sempre in bilico e sul punto di precipitare, ma il suo personaggio ubriaco riusciva contro ogni previsione a rimanere “in sella”.

Questo numero era davvero complesso, nonostante Ben lo svolgesse con una naturalezza incredibile. Ma la gente lo guardava comunque come un siparietto comico e poco più. Così, nel 1933, Dova decise che era tempo di far capire la difficoltà di ciò che stava facendo. Si preparò quindi a replicare il numero, ma questa volta sulla cima del Chanin Building  di New York, un grattacielo alto 56 piani. Per i cinegiornali dell’epoca fu un momento epocale: senza reti, né cavi, né altri trucchi cinematografici, Ben Dova penzolò nel vuoto dal tetto del grattacielo, talvolta appeso per una sola mano, facendo fermare il cuore degli spettatori ad ogni nuova, paurosa oscillazione. Ecco il filmato della sua esibizione.

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Quel numero di inaudita spericolatezza portò a Dova il successo, e la sua vita di artista sarebbe continuata indisturbata fino agli anni ’70, quando egli si ritirò dalle scene per recitare esclusivamente come attore in alcune pellicole famose (Il Maratoneta del 1976 sopra a tutte). Ma il destino aveva almeno un’altra grande impresa per lui, un’impresa da cui sarebbe dipesa la sua vita stessa.

6 Maggio 1937. New Jersey. Ben Dova era impaziente di sbarcare per incontrare la sua famiglia, che non vedeva da molto tempo. Con una cinepresa stava documentando, divertito, le fasi dell’atterraggio. Non sapeva però di trovarsi su un dirigibile che sarebbe divenuto tristemente famoso per uno dei più celebri disastri aerei di tutti i tempi, e che avrebbe sancito la fine dell’èra dei dirigibili: la tragedia dell’Hindenburg.

Il disastro dell’Hindenburg – così si chiamava lo zeppelin tedesco sul quale viaggiava Dova – è rimasto nella memoria collettiva grazie alla copertura mediatica (mai vista fino ad allora) fornita dai cinegiornali dell’epoca, da innumerevoli fotografie e dal commento radio in diretta di Herbert Morrison (che pronunciò la celebre, disperata frase “Oh, the humanity!“).

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Quando il fuoco cominciò ad avvampare, Ben Dova se ne rese conto immediatamente. Usando la sua cinepresa come un martello, sfondò una finestra, e si appese fuori dall’aeromobile, restando aggrappato mentre il dirigibile cadeva al suolo in un inferno di fuoco e fiamme. Quando il suolo si era avvicinato abbastanza, Ben saltò e, grazie alle sue doti di acrobata, tenne i piedi uniti sotto di sé e cercò di rotolare via appena toccata terra. L’abilità di stuntman si rivelò la sua salvezza. Ben se la cavò con una distorsione alla caviglia, mentre dietro di lui il dirigibile esplodeva crollando al suolo in una visione apocalittica.

Successivamente, Dova fu addirittura accusato di sabotaggio, così come successe ad altri passeggeri, soltanto perché si era salvato. D’altronde la Germania nazista rifiutava di accettare pubblicamente un errore di progettazione o di costruzione nella sua flotta nazionale. Ma le teorie sulle cause dell’esplosione sono tante e controverse, e ancora oggi non è stato provato che cosa abbia veramente innescato l’incendio. Certo è che l’FBI indagò a fondo su Ben Dova, e non trovò alcun indizio del suo presunto sabotaggio.

Ben Dova morì nel settembre del 1986, lasciandosi alle spalle una carriera fatta di successi e una vita di spericolate, rocambolesche imprese.

Ecco un articolo in inglese che ritraccia la vita e le imprese di Ben Dova. Ben Dova su The Human Marvels.