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The Academy of Enchantment
The time has finally come to unveil the project I have been spending a good part of this year on.
Everything started with a place, a curious secret nestled in the heart of Rome, a stone’s throw away from the Circo Massimo. Very likely, my favorite haven in the whole city: the wunderkammer Mirabilia, a cabinet of wonders recreating the philosophy and taste of sixteenth-century collections, from which modern museums evolved.
Taxidermied giraffes and lions, high-profile artworks and rarities from all over the world were gathered here after many years of research and adventures by the gallery owner, Giano Del Bufalo, a young collector I previously wrote about.
This baroque studio, where beauty marries the macabre and the wonderful, has become for me a special spot in which to withdraw and to dream, especially after a hard day.
Given these premises, it was just a matter of time before the idea of a collaboration between Bizzarro Bazar and Mirabilia was born.
And now we’re getting there.
On October 9, within this gallery’s perfect setting, the Academy of Enchantment will open its doors.
What Giano and I have designed is an alternative cultural center, unprecedented in the Italian scenario and tailor-made for the lovers of the unusual.
The Academy will host a series of meetings with scientists, writers, artists and scholars who devoted their lives to the exploration of reality’s strangest facets: they range from mummification specialists to magic books researchers, from pathologists to gothic literature experts, from sex historians to some of the most original contemporary artists.
You can easily guess how much this project is close to my heart, as it represents a physical transposition of many years of work on this blog. But the privilege of planning its ‘bursting into’ the real world has been accorded only by the friendly willingness of a whole number of kindred spirits I have met over the years thanks to Bizzarro Bazar.
I was surprised and actually a bit intimidated by the enthusiasm shown by these extraordinary people, whom I hold in the highest regard: University professors, filmmakers, illusionists and collectors of oddities all warmly responded to my call for action, which can be summarized by the ambitious objective of “cultivating the vertigo of amazement”.
I address a similar appeal to this blog’s followers: spread the word, share the news and participate to the events if you can. It will be a unique occasion to listen and discuss, to meet these exceptional lecturers in person, to train your dream muscles… but above all it will be an opportunity to find each other.
This is indeed how we like to think of the Academy of Enchantment: as a frontier outpost, where the large family of wonder pioneers and enthusiasts can finally meet; where itineraries and discoveries can intersect; and from which, eventually, everyone will be able to head off towards new explorations.
In order to attain the meetings you will be requested to join the Mirabilia cultural association; on the Accademia dell’Incanto website you will soon find all about the next events and application methods.
The Accademia dell’Incanto is also on Facebook, Twitter and Instagram.
“Keep the World Weird!”
La biblioteca delle meraviglie – XI
ANATOMIE – Storia culturale del corpo umano
(2013, Rizzoli)
Restiamo sempre sorpresi quando leggiamo che, per gli antichi, la sede delle emozioni non era il cuore o il cervello, ma il fegato. Ci coglie infatti il sospetto che il modo in cui guardiamo al nostro stesso corpo sia influenzato dalla cultura in cui siamo cresciuti. Ma la profondità e la portata di questa verità ci sfugge quotidianamente.
L’aspetto più stupefacente, leggendo questa densa ma appassionante “storia culturale del corpo umano”, è scoprire di pagina in pagina quante cose diamo per scontate: dal valore imprescindibile che assegniamo alla testa, all’importanza del nostro naso, all’ignoranza pressoché totale sui nostri organi interni, “esoterici” e in un certo senso inquietanti, l’autore ci conduce attraverso un percorso che si snoda dall’antichità ad oggi, fra difficili scoperte, clamorose smentite ed errori stupefacenti.
I primi anatomisti si scoprirono “esploratori” di una sconosciuta geografia interna, fino ad allora nascosta, e cominciarono a dare il proprio nome ad organi, appendici, insenature e “isole” proprio come i conquistatori di un Nuovo Mondo. Ma questa ricognizione non è ancora finita, e il libro di Aldersey-Williams svela con stile preciso e piacevole come non soltanto la scienza ma anche le belle arti, la letteratura e perfino il linguaggio facciano della forma umana un oggetto complesso, sfaccettato, che partendo dalle proporzioni ideali di Leonardo Da Vinci cerca oggi una perfezione ancora maggiore, un affrancamento dalla vecchiaia e dalla morte le cui suggestioni ricordano il mito di Frankenstein. Una storia variegata, che dalla lezione di Tulp di Rembrandt alle sopracciglia di Mona Lisa, dagli esperimenti di Mengele ai moderni impianti biomeccanici ci racconta quanto mutevole, ibrido ed essenzialmente indefinibile sia questo corpo che abitiamo.
Fritz Kahn
FRITZ KAHN
(2013, Taschen)
Sempre nell’ambito delle scienze anatomiche, è interessante considerare come la scienza odierna utilizzi dei modelli tecnologici per rapportarsi alle varie parti del corpo: il cuore come pompa meccanica, il cervello come computer, il sistema osteo-muscolare come perfetta macchina in movimento, e via dicendo. Questo tipo di metafore sono state spesso criticate come fuorvianti, soprattutto dai fautori di una visione più olistica della medicina, ma accostare il meccanico e l’organico ha sicuramente il pregio di spiegare in maniera chiara il funzionamento di un determinato sistema, anche ai non addetti ai lavori.
Lo aveva compreso perfettamente Fritz Kahn, classe 1888, ginecologo, scrittore, artista, che a partire dagli anni ’20 si dedicò alla divulgazione scientifica in maniera completamente inedita ed originale. Cosciente dell’importanza delle immagini nell’educazione, Kahn si prefissò il compito di rendere finalmente visibili e comprensibili i processi fisiologici creando delle analogie con qualcosa di familiare: i processi industriali. Ecco allora che nella sua illustrazione più celebre, L’uomo come palazzo industriale, il corpo è rappresentato come una serie di luoghi di lavoro moderni, organizzati in catene di montaggio, pannelli di controllo, circuiti, macchinari. Nel tempo Kahn affinerà queste metafore architettoniche e industriali, con una capacità e una fantasia per l’accostamento analogico che ha dell’incredibile.
Ad ogni pagina di questo sontuoso volume che ripercorre l’intera carriera di Kahn, ci si trova di fronte a nuove invenzioni iconografiche, trovate surrealiste, connessioni improbabili, sempre però concepite con spirito divulgativo, per ridurre la complessità e rendere i processi vitali accessibili al pubblico più vasto.
Oggi che siamo abituati all’infografica, nei testi scolastici come nelle riviste scientifiche, nei manuali di istruzioni come nei giornali, possiamo comprendere ancora meglio l’importanza di questo pioniere dalla fantasia sfrenata, spinto da una incontenibile voglia di condividere con tutti le meraviglie dell’anatomia umana.
Illusione ottica culturale
Abbiamo visto spesso illusioni ottiche di vario tipo: spirali che sono in realtà cerchi concentrici, segmenti che ci appaiono più lunghi o corti quando sono della stessa misura, punti che “appaiono” all’interno di griglie vuote, eccetera. Sappiamo quindi che i nostri occhi non sono infallibili, e che anzi è piuttosto facile che si ingannino.
Ma l’illusione ottica che vi presentiamo oggi è davvero particolare, perché mostra come la cultura e l’ambiente in cui viviamo influenzino direttamente ciò che vediamo, e come lo interpretiamo. Guardate l’immagine qui sotto. Cosa vedete?
Molto probabilmente avrete visto una famigliola riunita in casa.
All’interno di una serie di test psicologici in Africa Orientale, alcuni ricercatori hanno mostrato ai volontari un bozzetto simile a questo. La quasi totalità dei partecipanti ha riconosciuto la stessa famigliola riunita che abbiamo visto noi, ma con una piccola differenza: per gli africani, le persone disegnate stavano all’aperto, sotto una palma, e la donna teneva una scatola in equilibrio sulla testa.
In una cultura poco abituata ad una architettura fatta di angoli e stanze squadrate, l’immagine viene letta immediatamente come un ambiente esterno. Per gli occidentali, invece, è più automatico interpretare il quadrato come una finestra attraverso la quale si intravede un giardino.