La piccola Lei Yadi Min, che ha poco più di un anno, è nata con 12 dita delle mani e 14 dita dei piedi. Vive con la madre e la sorella nel sobborgo di South Okkalarpa a Yangon (ex Rangoon), in Myanmar (ex Birmania).
Questa bellissima bambina entrerà nel Guinnes dei primati 2012 proprio grazie a questa sua particolarità fisica. Attulmente il record è detenuto da due bimbi indiani di 5 e 15 anni di età, con 12 dita delle mani e 13 dita dei piedi.
Abbiamo già parlato (in questo articolo) dell’antica usanza cinese di deformare i piedi femminili tramite fasciature per motivi estetici. Altri tipi di deformazioni artificiali possono ancora oggi avvenire per motivi di sostentamento economico: pensiamo in particolare ad alcune terribili pratiche di deformazione del bambino nei paesi del Terzo Mondo (e non solo) che rendono i piccoli invalidi a vita – e quindi più adatti a suscitare pietà ed elemosine. Un tempo c’erano poi i famigerati Comprachicos(“compratori di bambini”), immortalati da Victor Hugo nel suo romanzo L’Uomo che ride, che sfiguravano i bambini per assicurare un buon tornaconto nelle fiere e nelle esibizioni di stranezze umane. Altro esempio letterario sul tema è la splendida novella di MaupassantLa madre dei mostri, nel quale una diabolica donna porta busti strettissimi durante la gravidanza per ottenere figli deformi da vendere al circo.
Ma nella maggior parte dei casi, proprio come avveniva per il loto d’oro in Cina, la modificazione del corpo in tenera età era estremamente importante soprattutto a livello sociale, perché poteva denotare lo status e la provenienza del bambino. Ed ecco che arriviamo all’argomento centrale di questo articolo: la deformazione del cranio.
Quello che i cinesi facevano ai piedi delle donne, molti altri facevano alle teste dei loro bambini.
Nelle culture primitive, e non soltanto, la modificazione corporale è intimamente connessa con l’appartenenza a una determinata società. Così la fasciatura della testa divenne per un certo periodo una pratica fondamentale per garantire al proprio figlio una posizione sociale influente.
La casistica di queste deformazioni si compone normalmente di teste allungate, teste schiacciate, teste coniche o sferiche. Il comune denominatore è la restrizione della normale crescita delle ossa del cranio durante le primissime fasi della formazione, quando le ossa sono ancora soffici, tramite diversi strumenti: ad esempio, per ottenere un figlio dalla testa allungata occorreva farlo crescere con due pezzi di legno saldamente legati ai lati del capo, in modo che il cranio si sviluppasse verso l’alto. Per avere una testa completamente rotonda occorreva stringerla in forti giri di stoffa.
I primi a utilizzare questo tipo di pratiche di modificazione corporale permanente sembra fossero gli antichi Egizi (infatti Tutankhamen e Nefertiti avevano la testa oblunga), ma alcuni studi indicano che forse anche gli uomini di Neanderthal, vissuti 45.000 anni prima di Cristo, potrebbero averne fatto uso. Nel 400 a.C. Ippocrate scrisse di abitudini simili riferendosi a una tribù che aveva denominato “i Macrocefali”. Congo, Borneo, Tahiti, Samoa, Hawaii, aborigeni australiani, Inca e Maya, nativi Americani, Unni, Ostrogoti, tribù Melanesiane: ai quattro angoli del globo le tecniche differivano ma l’obiettivo era lo stesso – assicurare al bambino un futuro migliore. Le persone con una testa allungata, infatti, venivano ritenute più intelligenti e più vicine agli spiriti; non soltanto, erano immediatamente riconoscibili come appartenenti ad un determinato gruppo o tribù. Così, più o meno a un mese dalla nascita, i bambini cominciavano a venire fasciati fino circa all’età di sei mesi, ma talvolta oltre l’anno di età.
Non è escluso che queste pratiche avessero altri tipi di valenze – magiche, mediche, ecc. Lascia interdetti scoprire che in Francia la fasciatura della testa durò addirittura fino al 1800: nell’area di Deux-Sevres, si bendavano le teste dei bambini dai due ai quattro mesi; poi si continuava sostituendo il bendaggio con una sorta di cesto di vimini posto sulla testa del bambino, e rinforzato con filo di metallo mano a mano che il ragazzo cresceva.
Edward Mordake (o Mordrake) è uno dei più celebri freaks di sempre, e questo anche se la sua effettiva esistenza non è mai stata provata.
La sua vicenda, infatti, si colloca in pieno ‘800, agli albori della storia clinica, ed è stata tramandata attraverso racconti popolari e folkloristici, ma mai documentata nei testi medici. Ancora oggi la sua triste vita ispira artisti e cantautori, perché ci parla del corpo come prigione, come inferno personale.
Edward, racconta la leggenda, nacque ereditiero di una delle più nobili stirpi inglesi. Era un giovane sereno, solare e grazioso, eccellente studioso e musicista delicato. Ma Edward aveva un pesante fardello da portare: sul retro della sua testa, sulla nuca, aveva una seconda faccia.
Questo suo gemello non completamente formato poteva ridere e piangere, e seguiva con lo sguardo le persone che entravano nella stanza. Le sue labbra continuavano incessantemente a muoversi, come se la faccia bisbigliasse qualcosa, anche se nessuno udiva la sua voce.
Ma pochi sapevano quale fosse la terribile verità: quando calava la notte, e tutti se ne andavano, Edward rimaneva da solo con il suo “fratello”, e cominciavano i tormenti. La seconda faccia era infatti crudele e malvagia, come un gemello demoniaco. Di notte, si dice, sussurrava ad Edward parole “che stanno soltanto all’Inferno”. Rideva quando Edward singhiozzava per la disperazione.
La storia si conclude invariabilmente in modo drammatico: a 23 anni, Edward si uccide, reso folle dall’incessante e sadico bisbigliare della sua seconda faccia. Alcuni dicono che si avvelenò, altri che si impiccò, altri ancora che si sparò in testa (dritto fra gli occhi del malefico “gemello”). Alcune varianti della storia specificano che lasciò scritto come desiderio che la seconda faccia venisse distrutta prima della sua inumazione, “perché non continui i suoi osceni bisbigli anche nella mia tomba”.
La versione più popolare della storia è raccontata nel testo del 1896, Anomalies and Curiosities of Medecine, ed è per molto tempo stata considerata inattendibile, per via dell’arricchimento dovuto ai decenni di passaparola. Alcune versioni della storia sostengono addirittura che la seconda faccia di Edward fosse quella di una bellissima e maligna ragazza – cosa ovviamente impossibile perché tutti i gemelli parassiti sono dello stesso sesso. Quindi Edward Mordake è davvero soltanto una leggenda?
Questo è Chang Tzu Ping. Scoperto tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80 da un gruppo di militari americani; aveva una seconda faccia consistente di una bocca, una lingua rudimentale, qualche dente, un pezzo di scalpo, e le vestigia di occhi, naso e orecchie. Fu portato negli Stati Uniti dove la sua seconda faccia venne asportata chirurgicamente. Una volta ritornato al suo paese natale, in Cina, “Chang dalle due facce” finalmente potè vivere serenamente con gli altri abitanti del villaggio, non più terrorizzati, e non si seppe più nulla di lui.
Casi come questi ci fanno dedurre che forse un briciolo di realtà, esagerata poi dalla sensibilità popolare, fosse presente anche nella storia del Povero Edward.
Concludiamo con la ballata dedicata a Mordake dal nostro beniamino, Tom Waits.
Con il poetico nome di Loto d’oro, o Gigli d’oro, si designava la pratica cinese di deformazione artificiale dei piedi femminili. Oggi questo termine è sostituito da altri meno discriminatori: il riferimento al fiore che ondeggia nel vento era infatti dovuto all’andatura oscillante che i piedi conferivano alla donna.
Pratica durata all’incirca mille anni, e progressivamente abbandonata nella prima metà del 1900, la fasciatura dei piedi era messa in atto fin dalla più tenera età (dai 2 agli 8 anni) con l’intento di rendere e mantenere la lunghezza del piede intorno agli 8 centimetri. Purtroppo, però, nelle classi meno abbienti le bambine venivano mandate a lavorare molto presto: di conseguenza, il Loto d’oro veniva praticato soltanto quando dovevano sposarsi, intorno ai 15 anni, rendendo il processo ancora più doloroso e traumatico, in quanto le ossa erano completamente formate e meno elastiche.
La tecnica consisteva innanzitutto nel piegare le quattro dita più piccole verso la pianta del piede, lasciando intatto soltanto l’alluce. In seguito, un’ulteriore fasciatura era applicata, con l’intento di avvicinare il tallone all’alluce, inarcando il collo del piede. Molto spesso la carne in eccedenza fra alluce e tallone veniva asportata con un coltello mano a mano che il piede si distorceva.
Come si può intuire, camminare in queste condizioni provocava incessanti e atroci sofferenze: le ossa si frastagliavano lentamente per poi saldarsi in modo irregolare. Spesso i metatarsi si rompevano, o venivano appositamente rotti, così come le articolazioni. I piedi necessitavano inoltre di continue attenzioni: le unghie andavano tenute cortissime, i calli andavano tagliati, le pieghe della pelle cosparse di allume per disinfettarle. Nonostante tutte le cure, le fuoriuscite di sangue e pus, e le infezioni, erano continue.
Per raggiungere una completa deformazione passavano dai 3 ai 10 anni. Alla fine, il tallone rimaneva l’unico punto d’appoggio: le scarpine dovevano quindi essere molto rigide e, al contempo, continuare a costringere il piede in modo che la deformazione non regredisse. Andavano infatti indossate anche di notte.
Nelle epoche passate i piccoli piedi femminili, oltre che essere esteticamente (ed eroticamente) attraenti, erano una sorta di “carta d’identità” che attestava la virtù, la sopportazione del dolore, la docilità e le abilità muliebri della donna.
Un decreto imperiale abolì la pratica della fasciatura del piede nel 1902, ma la resistenza che il popolo cinese oppose al cambiamento fece sì che ancora 50 anni dopo la pratica non fosse stata del tutto abbandonata. Pare anzi che fossero le stesse donne le più restie a sbarazzarsi di questa antica tradizione, in motivo dei vantaggi sociali che apportava.
Il nostro corpo è più elastico di quanto non sembri a prima vista. Ecco cosa succede nella frazione di secondo in cui riceviamo uno schiaffo… o un pugno. (Scoperto via Laccahrossa)