Alfred Kubin

Alfred Kubin (1877-1959) è uno dei più inquietanti e misteriosi illustratori del Novecento. Espressionista e simbolista, dopo gli anni della formazione presso l’Accademia delle belle arti di Monaco di Baviera decise di ritirarsi nel suo piccolo castello austriaco proprio al confine con la Germania, a Zwickledt. Abbandonò quasi subito la pittura ad olio per dedicarsi alle matite, ai disegni ad inchiostro, agli acquarelli e alle litografie.

I disegni di Kubin sono incubi grotteschi popolati da figure simboliche, demoniache, fantastiche; ci fanno entrare in un mondo in cui le proporzioni sono continuamente deformate, una sorta di teatro dell’anima in cui paurosi giganti si aggirano per i deserti aridi, in cui l’animale ha sempre in sé il germe del mostruoso, in cui le pulsioni sessuali si tingono di nero e di sangue.

Non sempre l’artista ha bisogno di scenari apocalittici per instillare un sentimento d’angoscia: talvolta bastano dei piccoli tocchi surreali e spiazzanti, direttamente provenienti dalla parte più scura dell’inconscio.

La figura umana è continuamente martoriata, stirata, strappata in una rappresentazione allegorica del tormento e del dolore; ma è soprattutto mentale il disagio che si prova di fronte alle sue opere. I disegni di Kubin sono una perfetta e ineguagliata rappresentazione del perturbante freudiano.

Dichiarata “arte degenere” dal regime nazista, la sua straordinaria opera gli valse nel dopoguerra diversi prestigiosi riconoscimenti. Ma è con il passare del tempo e dei decenni che ci rendiamo conto sempre di più di quanto i suoi disegni fossero in anticipo rispetto ai tempi, e quanto abbiano influito sull’immaginario collettivo. Ancora oggi moderni, geniali, e squisitamente inquietanti.

(Grazie, Norma!)

Sombra Dolorosa

Il cortometraggio Sombra Dolorosa (2004) di Guy Maddin è un delirante pastiche nel classico stile del geniale regista canadese: narra la storia di Paramo, una vedova messicana che, per scongiurare il suicidio della figlia, deve sfidare il lottatore El Muerto (il divoratore di anime) prima della fine dell’eclisse solare. Una volta battuto, El Muerto dovrà mangiare il corpo del marito defunto di Paramo e “liberare” la sua anima, che entrata nel corpo di un mulo potrà cominciare il suo infinito girovagare per il mondo.

Con il suo “consueto” stile che unisce espressionismo tedesco, avanguardia russa e arte costruttivista, Maddin riesce (per una volta anche in un filmato a colori, lui che usualmente utilizza solo il bianco e nero) a coniugare l’atmosfera da film muto con il suo inconfondibile montaggio frammentario e “neurologico”. Un artista ancora ingiustamente poco conosciuto da noi, Maddin è autore di lugometraggi poetici e originalissimi, come The Saddest Music In The World (2003), Tales From The Gimli Hospital (1988) e My Winnipeg (2007).

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