L’uomo, sudato e terrorizzato, non smette di lamentarsi per il dolore, mentre due energumeni lo tengono fermo sul tavolo operatorio. Dalle gallerie superiori, gli studenti di medicina si sporgono per vedere meglio: la gamba del paziente è spezzata, l’osso esposto e la ferita in suppurazione. Di colpo, con grande fracasso, si aprono le porte del teatro anatomico ed entra il chirurgo. Indossa un grembiule di cuoio reso ormai rigido dalla quantità di sangue che l’ha intriso negli anni – un indumento che è uno status symbol perché dimostra l’esperienza di chi lo porta, ed induce rispetto e reverenza, in quegli anni in cui di “sterilità” e “germi” non si è ancora sentito parlare.
Il chirurgo si dirige velocemente al tavolo, impugna un enorme coltello e si rivolge al pubblico: “Cronometratemi, signori – chiede con voce stentorea e teatrale – cronometratemi!”. Gli studenti tirano fuori tutti assieme i loro orologi da tasca.
Di colpo il coltello affonda nel polpaccio dell’uomo, che urla come un forsennato, mentre il chirurgo taglia velocemente la sua carne. Il dottore in pochi secondi ha esposto la tibia, per non perdere tempo serra il coltello insanguinato fra i denti, e con la destra afferra una grossa sega con cui comincia a lavorare sull’osso, mentre il terribile rumore riecheggia, assieme alle grida del paziente, nel teatro ovale. Dopo un po’ di avanti e indietro con la sega, la gamba si stacca. Il chirurgo la butta in un secchio colmo di segatura, e comincia immediatamente a ricucire la ferita. Appena taglia l’ultimo filo, scatta l’applauso e si controllano gli orologi: l’operazione è durata soltanto due minuti e mezzo.
Forse pensate che questa scena sia frutto di fantasia, e che quel chirurgo sia un macellaio. Invece il suo nome è Robert Liston (1794-1847), ed è stato uno dei più importanti medici mai esistiti.
Fra il ‘700 e l’800 la medicina moderna era ancora agli albori, non esistevano misure sanitarie sicure e la mortalità dei pazienti, per forza di cose, era altissima. In questo quadro, la rapidità dell’operazione chirurgica era di vitale importanza: perdere anche soltanto qualche secondo poteva significare condannare il paziente a morte certa per emorragia (oltre che prolungare il suo dolore, visto che non c’era anestesia). Certo, le condizioni igieniche fuori e dentro la sala operatoria erano tali che il poveretto sarebbe quasi certamente morto qualche giorno dopo di cancrena o varie infezioni. Ma almeno aveva qualche possibilità in più.
Liston era uno dei chirurghi più veloci dei suoi tempi. Secondo alcune fonti era riuscito a rimuovere un arto in 28 secondi, un’impresa eccezionale, tanto che i testimoni raccontavano che passare dal coltello alla sega era per lui questione di un unico, armonico movimento. Certo, questa sua rapidità non poteva essere sempre associata alla precisione e talvolta Liston si rese protagonista di alcuni clamorosi errori. Una volta amputò una gamba in due minuti e mezzo, ma nell’entusiasmo asportò anche i testicoli del paziente.
Ma forse il più famigerato incidente avvenne durante un’operazione nella quale per sbaglio, nell’agitare il coltello, recise le dita al suo assistente, e tagliò attraverso il vestito di un distinto spettatore: anche se non era stato ferito, quest’ultimo ebbe un infarto dallo spavento e crollò morto; l’assistente e il paziente morirono in seguito di cancrena. Questa incredibile tragedia è passata alla storia come l’unica operazione chirurgica che abbia mai avuto una mortalità del 300%.
Per ridimensionare questo ritratto che rischia di apparire caricaturale, ricordiamo però che soltanto uno su dieci dei pazienti di Liston morirono sul tavolo operatorio, quando la media dell’epoca era di uno su quattro. Medici meno esperti e veloci di lui rischiavano di rendere il dolore davvero insopportabile per il paziente, che spesso lottava e non di rado si liberava dalla stretta dei medici e scappava a metà dell’operazione.
Nonostante la teatralità delle sue operazioni, Liston ci viene descritto come severo ma eticamente irreprensibile, “immancabilmente caritatevole verso i poveri e gentile con i malati”, tanto da attirarsi le ire dei suoi colleghi della Edinburgh Royal Infirmery perché si permetteva di operare quei pazienti che loro avevano giudicato senza speranza. Lo osteggiarono e lo fecero addirittura trasferire, ma questo si rivelò la sua fortuna, poiché ottenne l’invidiabile posto di professore di chirurgia allo University College Hospital.
Al di là dei tratti più coloriti e grotteschi, però, l’importanza di Liston non si limita ai record di tempestività. Inventò alcuni strumenti chirurgici, tra cui alcuni forcipi ancora in uso oggi, scrisse diversi saggi fondamentali, ma soprattutto fu il protagonista della prima, epocale anestesia praticata in Europa. Nel 1846, un anno prima della sua morte, Liston entrò nella sala dove sarebbe stato operato un certo Frederick Churchill, e invece di gridare il suo usuale “cronometratemi, signori!”, disse: “Oggi proveremo un nuovo stratagemma Yankee per rendere gli uomini insensibili”. Il suo collega, il dottor William Squire, mise un tubo sulla bocca di Churchill in modo che potesse respirare l’etere, e lo addormentò. Liston operò il ginocchio dell’uomo in soli 25 secondi. Quando Churchill si svegliò, a quanto si racconta, chiese al dottore quando sarebbe cominciata l’operazione, provocando l’ilarità e lo stupore generale.
L’etere verrà sostituito, nel corso del ‘900, con sostanze dagli effetti collaterali meno nocivi; ma l’episodio testimonia la dedizione al lavoro e la lungimiranza di Liston, disposto per primo in Europa a sperimentare proprio quella nuova tecnica che avrebbe reso la sua famosa destrezza meno essenziale e, in definitiva, sorpassata.
Ecco la voce di Wikipedia (in inglese) su Robert Liston.