Maschere mortuarie

Le maschere mortuarie sono una delle tradizioni più antiche del mondo, diffusa praticamente ovunque dall’Europa all’Asia all’Africa. Così come assieme al cadavere venivano spesso lasciati viveri, armi o altri oggetti che potessero servire al morto nel suo viaggio verso l’aldilà, spesso coprire il volto con una maschera garantiva al suo spirito maggiore forza e protezione. Nelle tradizioni africane queste maschere erano minacciose e terribili, per spaventare ed allontanare i dèmoni dall’anima del defunto. Nell’antico bacino del Mediterraneo, invece, la maschera veniva forgiata stilizzando le reali fattezze del morto: ricorderete certamente le più famose maschere funerarie, quella di Tutankhamen e quella attribuita tradizionalmente ad Agamennone (qui sopra).

Ma già dal basso Impero Romano, e poi nel Medio Evo, le maschere non si seppellivano più assieme al corpo, si conservavano come ricordi; inoltre si cercò di riprodurre in maniera sempre più fedele il volto del defunto. Si ricorse allora all’uso di calchi in cera o in gesso, applicati sulla faccia poco dopo la morte del soggetto da ritrarre: da questo negativo venivano poi prodotte le maschere funerarie vere e proprie. Si trattava di un processo che pochi si potevano permettere e dunque riservato a un’élite composta da nobili e sovrani – ma anche a personalità di spicco dell’arte, della letteratura o della filosofia. È grazie a questi calchi che oggi conosciamo con esattezza il volto di molti grandi del passato: Dante, Leopardi, Voltaire, Robespierre, Pascal, Newton e innumerevoli altri ancora.

La differenza con un ritratto dipinto o una scultura dal vivo è evidente: nelle maschere mortuarie non è possibile l’idealizzazione, lo scultore riproduce senza imbellettare, e ogni minimo difetto nel volto rimane impresso così come ogni grazia. Non soltanto, alcune maschere mostrano volti con fattezze già cadaveriche, occhi infossati, guance molli e cadenti, mascelle allentate. Con la sensibilità odierna ci si può domandare se sia davvero il caso di ricordare il defunto in questo stato – dubbio non soltanto moderno, visto che Eugène Delacroix aveva dato disposizioni affinché “dopo la sua morte dei suoi lineamenti non fosse conservata memoria”.

Eppure, se pensiamo che la fotografia post-mortem prenderà il posto delle maschere dalla fine del 1800, forse queste estreme, ultime immagini hanno un valore e un significato simbolico necessario. Possibile che ci raccontino qualcosa della persona a cui apparteneva quel volto? Il volto di un cadavere ci interroga sempre, pare nascondere un ambiguo segreto; quando poi si tratta del viso di un grande uomo, l’emozione è ancora più forte. Ci ricorda che la morte arriva per tutti, certo, ma segna anche la fine di una vita straordinaria, magari di un’epoca come nel caso della maschera mortuaria di Napoleone. E, soprattutto, riporta nomi celebri a una concretezza e una fisicità terrena che nessun dipinto, statua o addirittura fotografia potrà mai avere: si fanno segni della loro realtà storica, ci ricordano che questi uomini leggendari sono davvero passati di qui, hanno avuto un corpo come noi, e sono stati capaci di cambiare il mondo.

Se volete approfondire, questa pagina raccoglie molte delle principali maschere mortuarie con splendide foto; è anche consigliata una visita al Virtual Museum of Death Mask, più incentrato sulla tradizione russa, e che permette di confrontare le foto o i ritratti “in vita” e le maschere mortuarie di alcuni personaggi celebri.

La sconosciuta della Senna

Parliamo oggi di una delle più romantiche ed enigmatiche figure di inizio ‘900: l’inconnue de la Seine.

La leggenda vuole che a Parigi, a fine ‘800, il corpo di una donna venisse ripescato dalla Senna – avvenimento non straordinario per l’epoca. Portata all’obitorio, un operatore funebre restò affascinato dalla sua bellezza, ma sopratutto rimase impressionato dal sorriso della ragazza: un sorriso che restituiva una tale idea di pace e serenità da ricordare quello della Gioconda. La giovane suicida doveva aver trovato, nel suo ultimo gesto, quella felicità che le era stata negata in vita.

Così l’impiegato della morgue eseguì una maschera mortuaria della bella sconosciuta, cioè un calco in gesso del suo viso. Dopodiché il corpo fu esposto nella vetrina dell’obitorio, com’era uso fare a quei tempi, affinché qualcuno dei passanti potesse identificarlo (vista con occhi contemporanei, una simile usanza può sembrare strana ma la morte, allora, non era ancora il tabù occultato e nascosto che è al giorno d’oggi).

Nessuno riconobbe la salma, che trovò una sepoltura comune e anonima.

Da quando la leggenda si diffuse, la “sconosciuta della Senna” divenne in breve tempo un clamoroso caso che stimolava la fascinazione macabra della Parigi bohémienne dei primi del ‘900. Cominciarono a circolare molte copie della maschera mortuaria, che andarono a ruba. Una seconda serie di calchi venne addirittura fatta a partire da una fotografia di quello originale, e queste “copie di copie” riproducevano dei dettagli compleamente irrealistici – ma tant’è, anche questa seconda ondata fu esaurita nel giro di pochi mesi. Pareva che tutti gli intellettuali e gli artisti fossero innamorati di questo viso enigmatico, e mille dissertazioni furono fatte sul suo sorriso e su quello che poteva rivelare della vita, della posizione sociale o della morte della povera ragazza. Le maschere mortuarie dell’inconnue addobbavano case e salotti esclusivi: secondo quanto riportato da alcune testimonianze, la ragazza divenne addirittura un ideale erotico, tanto da ispirare l’acconciatura dei capelli di un’intera generazione femminile, e da suggerire ad attrici del teatro e del cinema il look vincente.

La sconosciuta della Senna apparve in poemi, romanzi, pièce teatrali, novelle – ma non stiamo parlando di libriccini scandalistici. Per farvi capire la statura degli autori che ne scrissero, basta un veloce elenco di nomi: Rilke, Nabokov, Camus, Aragon, più recentemente Palahniuk

Ma chi era veramente la sconosciuta della Senna? Mille teorie sono state avanzate, tra cui quella che vuole che la giovane donna non fosse morta suicida, ma vittima di un omicidio. Il dottor Harry Battley è convinto di aver trovato in un negozio di anticaglie una fotografia della sconosciuta ancora in vita. Secondo le sue “ricerche” si tratterebbe di un’artista ungherese di music-hall, invischiata in un torbido adulterio di cui avrebbe pagato le conseguenze… insomma, vi risparmiamo i dettagli: la fotografia è interessante, ma la teoria che ci sta dietro è quantomeno bislacca.

La verità è probabilmente molto lontana dalla leggenda, e sicuramente molto meno romantica. Chiunque abbia un minimo di familiarità con le scienze forensi avrà già capito che il volto dell’inconnue ha davvero poche possibilità di essere il volto di un’annegata. Georges Villa, illustratore, dice di avrer saputo dal suo maestro Jules Lefebvre che il modello era in realtà una giovane donna morta di tubercolosi nel 1875.

Che il pesante calco utilizzato per le maschere mortuarie potesse poi immortalare un lieve e delicato sorriso come quello della sconosciuta, è altrettanto improbabile. Il sorriso potrebbe, in effetti, essere stato scolpito a posteriori sul negativo del calco. Secondo Claire Forestier, che lavora nella ditta di modelli in gesso che probabilmente all’epoca prese il calco, la sconosciuta non era affatto morta, ma era una viva e vegeta modella di 16 anni.

Non sapremo mai con certezza l’identità della sconosciuta che appassionò e fece innamorare mezza Europa. Ma la sua macabra storia finisce con un inaspettato, surreale happy ending.

Nel 1958, in America, venne costruito il primo manichino di addestramento per il pronto soccorso, chiamato Rescue Annie (o Resusci Annie). Indovinate un po’? I suoi inventori decisero di regalargli il volto della sconosciuta della Senna. Utilizzato nell’addestramento al massaggio cardiaco e alla respirazione bocca a bocca, il volto della sconosciuta (oltre ad aver contribuito a salvare molte vite) divenne così “il più baciato del mondo”.

Un sito (in inglese) che esplora in modo molto approfondito la leggenda, le teorie di omicidio ma soprattutto l’eredità lasciata da questa figura nella letteratura, nell’arte e nella musica del ‘900 è The Legend Of The Inconnue.

r. Harry Battley