Kris Kuksi

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Nato nel 1973, Kris Kuksi ha passato un’infanzia particolarmente solitaria. La sua famiglia poco omogenea e l’immobile realtà delle sperdute campagne del Missouri, dove rimaneva completamente isolato per intere giornate senza televisione né contatti sociali, spinsero il giovane Kris a liberare la sua fervida fantasia con i materiali che aveva a disposizione: lego, pezzi di ferro, mattoni, legno e qualche astronave giocattolo, con i quali fin da piccolo cominciò a costruire dei paesaggi fantastici.

Kuksi, in un certo senso, è ancora quel bambino: dopo essersi diplomato in Belle Arti all’Università di Fort Hays, in Kansas, e aver studiato pittura a Firenze, la sua visionaria creatività si arricchisce di nuove tecniche e di una più profonda conoscenza dei temi artistici classici, ma rimane fedele alla linea tracciata nella sua adolescenza.

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Le composizioni per cui Kuksi è diventato celebre sono proprio dei diorami estremamente complessi e dettagliati, costruiti a partire da materiali misti che l’artista acquista personalmente o che si fa spedire da tutto il mondo nel suo studio in Kansas. Si tratta di vecchi oggetti d’antiquariato, parti di legno o metallo, pezzi da modellismo, piccoli giocattoli, soldatini, o ingranaggi di macchinari. Kuksi li lavora, li scolpisce, li ritaglia, li scioglie, li incolla, li salda assieme secondo il fluire della sua immaginazione, aggiungendo e affastellando i particolari più sconcertanti e fantasiosi. È facile intuire, guardando uno dei suoi assemblaggi, come l’artista parta spesso da una figura centrale per poi sviluppare l’opera attorno a questa, con successive riconfigurazioni e rielaborazioni nel tentativo di creare un flusso dinamico all’interno dell’opera.

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Ogni pezzo di Kuksi è un vero e proprio mondo, all’interno del quale lo spettatore si perde come dentro un romanzo di fantascienza o un film fantastico. Ogni minimo dettaglio suggerisce un racconto, un mistero, una strana e grottesca legge fisica che governa questo universo parallelo in miniatura. Le finestre che Kuksi spalanca di fronte ai nostri occhi ci introducono spesso in una realtà macabra, violenta, sconosciuta, che accosta accenti classicisti con l’immaginario della fantascienza pulp e del cosiddetto realismo fantastico.

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Sono ben riconoscibili, nei suoi lavori, i rimandi a Bosch e Bruegel, al barocco e al Rococò, ma è sempre presente anche un elemento più ludico, infantile – e cioè l’innegabile gusto per il pastiche postmoderno. Allo stesso tempo vi è una vena di cupa disperazione, di pessimismo e malinconia, perché il panorama che si apre al nostro sguardo è quasi invariabilmente drammatico e angosciante.

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Secondo le intenzioni dell’artista, le sue opere sarebbero anche una sorta di monito per un’umanità che non sa imparare dai propri errori, dalle ripetute ascese e ricadute storiche, e che è votata al fallimento e all’autodistruzione se non imparerà a reinventarsi completamente. Ecco che, in maniera davvero interessante, il medium diventa il messaggio: l’arte di Kuksi nasce a partire dai pezzi di scarto, da piccoli frammenti diversi provenienti da tutto il mondo – così come l’uomo farebbe meglio a ricominciare dalle proprie macerie, “raccogliendo i pezzi” per riassemblarli in una nuova configurazione, e donando un nuovo significato a tutto ciò che ha creato finora.

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Uno dei pezzi più significativi al riguardo è la serie di lavori chiamati Churchtank. Una chiesa gotica costruita sopra ad un carro armato. Un’opera simbolica che se da un lato denuncia il fondamentalismo religioso che crea morte e distruzione, dall’altro sembra suggerirci che la via d’uscita sta negli stessi elementi che abbiamo sotto i nostri occhi, se siamo davvero capaci di scorgerla: così la spaventosa chiesa armata di cannone potrebbe essere anche il simbolo di un futuro migliore in cui, invece di mortali proiettili, riusciremo a “sparare” nel mondo messaggi di pace, di amore e di fratellanza.

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Ecco il sito ufficiale dell’artista.

(Grazie, Cristina!)