Visions of the Retrofuture

We affirm that the world’s magnificence has been
enriched by a new beauty: the beauty of speed.
A racing car whose hood is adorned with great pipes,
like serpents of explosive breath—a roaring car
that seems to ride on grapeshot is more beautiful
than the Victory of Samothrace.
(Filippo Tommaso Marinetti, The Futurist Manifesto, 1909)

At the beginning of the 20th century, the world was rapidly changing.
In the cities, people began to go out at night thanks to the electricity that had started to illuminate the streets; film cameras had been recently invented; in 1901 thanks to his wireless telegraph Guglielmo Marconi launched the first transoceanic radio signal.

Above all, the transport sector was making great strides.
The number of cars increased every day, assembly lines speeded up production times more and more; Paris and Berlin were building underground metropolitan transportation systems, just like the one in London.
Not only that, railways began to be built, that were even suspended above the houses: in 1901, the Wuppertailer Schewebebahn was built in the German town of Wuppertal, a 13.3km-long double-track railway with 23 stops, still in operation today. A bold and innovative work, which as we will see had an immediate impact on the collective imagination.

Even the sky no longer seemed so impossible to conquer.
In 1900 Ferdinand Von Zeppelin had flown over Lake Constance with its new rigid airship which, unlike the hot air balloons, could be controlled and guided.
From overseas news were coming of some reckless engineers who were trying to launch themselves into the air on new types of aircraft equipped with wings and rudders.

All these innovations contributed to fueling utopian fantasies of a radiant and hyper-technological future that awaited humanity. What would the cities of tomorrow look like?

We can take a peek at this possible future, this dreamed future, thanks to the postcards that circulated at the beginning of the century. Stefano Emilio, reader of Bizzarro Bazar, has collected several examples: these are real photographs of various cities — from Genoa to San Francisco — reinvented in a futuristic key, with added balloons, airplanes, flying ships. As you can see, the railway suspended in the style of that of Wuppertal is a constant presence, since it evidently had left its mark on popular imagination as an emblem of urban transformation.

Szombathely

Miskolcz

Atlantic City

Boston

Genova

Leominster

Boston

Revere Beach

But were these visions really so naive and utopian? In reality, upon closer examination, many images also included several kinds of accidents: pedestrians getting run over, cars colliding.

These postcards therefore had a double purpose: on one hand they proposed the unprecedented awe of seeing a city crowded with sci-fi vehicles, on the other they had a satirical intent (note the ship below, which is covering a route from Genoa to Mars!). In short, most of these images seem to ask, ironically, “where will we end up with all these devilries?”

La linea Marte-Genova

A final curiosity concerns a real accident, which happened on the suspended Wuppertal railway.
On 21 July 1950, the director of the Circus Althoff had a 4-year-old female elephant travel on the Wuppertailer Schewebebahn as a publicity stunt. While the suspended train was passing over the river, the animal began to trumpet and run inside the wagon, causing panic among the passengers. Terrified, she broke through a window and fell into the waters of the Wupper River, after falling for some 12 meters. Fortunately the baby elephant was saved, and after the accident she was named Tuffi (from the Italian word for “diving”). The circus director and the officer who had allowed the ride were fined, but on the other hand Tuffi became a small celebrity: the facade of a house near the railway still features a painting of the elephant, and the tourist office sells an assortment of Tuffi-related souvenirs.
The inevitable postcard was produced, with a photomontage that reconstructed the accident.

The future illustrated by early-20th century postcards may make us smile today, but it remains a fundamental element of the sci-fi imagery which then permeated the rest of the century, from Metropolis (1927) to steampunk subculture and to retrofuturism.

Blimps still float in the skies in Blade Runner (1982).

(Thanks, Stefano Emilio!)

Atlantropa

Guardate una mappa della buona, vecchia Europa: rimasta immutata per secoli, per millenni. In un certo senso, è rassicurante seguire con lo sguardo i contorni frastagliati e familiari del bacino del Mediterraneo, che ha cullato la nostra cultura, da Scilla e Cariddi alle colonne d’Ercole, dalla foce del Nilo alla Terra Promessa. Eppure meno di cento anni fa c’era qualcuno che, guardando la stessa cartina geografica, vedeva tutt’altro: i suoi occhi vi scorgevano un’opportunità, un mondo nuovo, la più grande opera architettonica dell’umanità. Ecco a voi Herman Sörgel, l’uomo che sognava di cambiare il volto di due continenti.

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All’inizio del XX Secolo, lo spirito generale era positivo ed ottimista; nonostante la Guerra, c’era una bella aria di cambiamento, di progresso scientifico e di rinnovamento politico e sociale. La tecnologia riduceva sempre di più le distanze fra i continenti, grazie a telegrafi senza fili, radio, aeroplani, e cineprese. C’era la sensazione, ben esemplificata dalla furia del nostro Marinetti, che il futuro fosse luminoso e già alle porte; e questo si rifletteva anche nelle nuove mode architettoniche come ad esempio il Bauhaus, scuola tedesca all’avanguardia per le inedite soluzioni razionali, funzionali e dal design fantascientifico. Insomma, tutto sembrava possibile – bastava avere il coraggio di pensare in grande.

Se una cosa si può dire di Herman Sörgel, classe 1885, è che pensava davvero in grande. Il progetto della sua vita, pianificato nel 1927 (anno di Metropolis di Fritz Lang… coincidenza?) e presentato ufficialmente nel 1928, era la più titanica opera di ridefinizione geofisica mai immaginata. In soldoni, Sörgel voleva creare un nuovo super-continente, chiamato Atlantropa, unendo l’Europa all’Africa. “E come?”, vi chiederete.
Che domande.
Prosciugando il Mediterraneo, ovviamente.

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Per prima cosa, andavano chiusi lo stretto di Gibilterra, il canale di Suez e lo stretto dei Dardanelli con una serie di imponenti dighe, in modo da isolare completamente il Mediterraneo dagli oceani. A questo punto, toccava aspettare un po’: il mare sarebbe evaporato al ritmo di quasi due metri all’anno, processo ulteriormente velocizzato con l’aiuto di pompe idrauliche. L’Adriatico sarebbe quasi scomparso, e tutte le altre coste sarebbero state ridisegnate con l’emergere dei fondali.

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Atlantropa
Ma Sörgel non voleva far essiccare tutta l’acqua, perché quello che gli interessava era creare una serie di dislivelli all’interno dell’enorme bacino. Ad ovest, il mare sarebbe stato abbassato di circa 100 metri, mentre ad est sarebbe calato di 200 metri. La Sicilia, ormai quasi unita alla Tunisia da una parte e alla Calabria dall’altra, avrebbe ospitato delle dighe interne che, sfruttando il dislivello fra Mediterraneo occidentale ed orientale, avrebbero alimentato delle enormi centrali idroelettriche. Non solo: l’Italia, ormai unita all’Africa (da Marsala a Tunisi ci sarebbe bastato un ponte) avrebbe funzionato come canale di comunicazione privilegiato con la parte meridionale di Atlantropa.

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Anche per l’Africa Sörgel aveva dei piani di rinnovamento: sbarrando con un’ulteriore diga il fiume Congo, si sarebbe creato un gigantesco lago di 135.000 km² al centro del continente; calcolò che questo avrebbe invertito il corso del fiume Ubangi, che fluendo a nordovest nel fiume Chari avrebbe trasformato il Lago Ciad nel “Mare del Ciad”, di ben 270.000 km². Quest’ultimo sarebbe infine stato collegato a ciò che rimaneva del Mediterraneo attraverso un “secondo Nilo” per irrigare l’Algeria e il Sahara.

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Che bisogno c’era di tutto questo? Sörgel era convinto che i benefici della sua visione utopica fossero incalcolabili. Innanzitutto, il complesso sistema di dighe e centrali idroelettriche avrebbe soddisfatto il fabbisogno di energia non soltanto europeo, ma anche della quasi totalità dell’Africa; inoltre, prosciugato il Mediterraneo, l’emergere di circa 660.000 km² di terre costiere avrebbe garantito nuove aree agricole. L’Europa si sarebbe riappacificata grazie agli sforzi collaborativi necessari per completare l’opera, e il nuovo super-continente, Atlantropa, sarebbe stato grande ed economicamente forte quanto l’Asia o le Americhe. E immaginate quale gioia avrebbero provato gli archeologi a vedere rispuntare le svariate migliaia di relitti di navi persiane, romane e greche che riposavano sui fondali fin dall’antichità!

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Visto oggi, il progetto Atlantropa sembra una follia: sigillare il Mediterraneo significherebbe aumentarne la salinità a dismisura, creando una specie di enorme Mar Morto senza vita alcuna. Le terre emerse, ricoperte di sale, sarebbero tutt’altro che coltivabili; la Corrente del Golfo, non potendo più contare sul riversamento di una parte delle sue acque oltre Gibilterra, cambierebbe forse il suo flusso, rendendo ghiacciato il Nord Europa. Tutto questo senza considerare l’idea di alluvionare tutto l’interno dell’Africa.

All’epoca, però, il dibattito che Atlantropa suscitò fu enorme, e continuò per tutta la metà del ‘900. Si poteva fare, non si poteva? I sostenitori illustri erano molti, ma purtroppo il progetto non incontrò il favore della persona giusta – vale a dire, del Führer. Hitler infatti non aveva alcuna intenzione di collaborare con gli altri stati europei e inoltre, come purtroppo sappiamo, aveva piani ben diversi per ottenere lo “spazio vitale” di cui necessitava il popolo tedesco.

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Il sogno di Sörgel, che poteva rivelarsi un incubo, non ebbe mai un futuro. Infatti Atlantropa, a suo modo, prevedeva la partecipazione, l’industrializzazione e l’emancipazione dei popoli africani – e questo non era un punto a favore in periodi di leggi razziali ed espansionismo coloniale; disperato, Sörgel provò perfino a smussare questi “angoli” troppo egualitari, e a colorare il progetto di toni razzisti pur di compiacere il regime, ma Hitler non ci cascò. All’architetto venne proibita ogni ulteriore pubblicazione, e rifiutato il visto per portare le sue idee alla Fiera Internazionale di New York del 1939.

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Sörgel morì nel 1952 a Monaco di Baviera, e l’Istituto Atlantropa chiuse i battenti sei anni più tardi, dichiarando il tutto come “un progetto superato”.