ILLUSTRATI GENESIS: Day 3

Seven little lessons to rediscover our everyday life.
Seven days for the Creation… of a new perspective.

DAY 3 – EARTH

The well-known detail: We open Google Maps, a geographic atlas or any world map. We can identify the proportions of the different countries, the position of the continents, the structure of the whole globe.

Mercator projection of the Earth, Daniel R. Strebe 2011.

The background: The map we all know is untruthful. Or rather, it is a very useful tool but it is inaccurate, like the majority of the maps. The problem arises when you project the spherical surface of our planet on a two-dimensional sheet, and you obviously get a distorted image. The most famous and known projection was made by Gerardus Mercator, a Flemish astronomer and cartographer, in 1569: it owes its good fortune to its ability to represent lines of constant course as straight segments that keep the angles with the meridians, thus facilitating navigation; but in so doing, it gradually distorts the sizes of objects as the latitude increases near the poles. This means that Antarctica and Greenland appear much larger than they actually are, while landmasses near the equator appear smaller.

Mercator’s projection is not the only option. In 1973, Arno Peters published a map in which the world was divided into 100 horizontal and 100 vertical sections in order to maintain the correct sizes of the continents. Africa appears to be stretched out but South America looks correctly bigger than North America.

Gall-Peters projection of the Earth, Daniel R. Strebe 2011.

The curious thing about Peters is that he wasn’t actually a geographer, but an historian: this map was part of a wider project aiming at a total rethinking of our concept of human history. In his volume Synchronoptische Weltgeschichte (Synchronous Optical Map of World History, 1952), he tells the story of ancient Greece and Rome in parallel with the story of African, Asian and pre-Columbian people, equating all cultures in order to fight the idea of the Mediterranean basin being the cradle of civilization. This preconception is also the reason why Europe is always depicted in the centre of the maps.

Going ahead with this reasoning, another question inevitably arises: who decided that the North Pole should necessary lie on top? The poles are merely the imaginary extremities of the earth’s rotational axis, but they actually do not lie on top or at the bottom of anything, since in outer space any direction is relative.
But, even cardinal directions have political and psychological implications, as much as placing Europe at the centre of the world.
Researches show that the north-south axis ends up being associated with prejudices. In Italy, the North is associated with the idea of wealth and prosperity, the opposite of the South; in Great Britain or in France the opposite is true, and northern areas are generally considered to be poorer and needier. On a global scale, the Northern Hemisphere still represents the ‘better’ part of the world. According to some studies, it is often sufficient to reverse a map to make this cognitive bias in the observer disappear.

Map of Europe with South at the top, Tyrannus Mundi 2012.

We do not often take into consideration the metaphorical and political implications of geographic maps but they have been existing for centuries. In the Middle Ages, the “T-O maps” were quite common, for instance, as they showed the known world as a circle, the letter O, with a T inscribed inside to represent the Mediterranean Sea, dividing Europe from Asia and Africa. At the centre of these maps lied the most important city to the Christian civilization: Jerusalem. The world map appearing on the UN emblem surrounded by two olive branches conveys a completely different symbolic meaning. It represents an azimuthal equidistant projection centred on the North Pole and has been chosen in order not to give prominence to any particular country.

Orbis Terrae (T-O) map taken from the Etimologies by Saint Isidore of Seville, 1472, and a version obtained with modern cartography.

The Third Lesson: If all geographic maps are distorted, the same goes for the mental maps we use every day. According to the philosopher Alfred Korzybski, all abstractions we make in order to better understand reality work only if we keep in mind that they are mere simplifications. Also, language is a system of signs and should not be confused with the objects it refers to: the word ‘snow’ is not white, a map is not the territory, judging people ‘bad’ on the basis of their actions is an oversimplification. As we saw with the Mercator projection, having a clear “world view” – always discerning north from south, right from wrong, black from white – can be useful and convenient provided we don’t believe too much in it, risking to forget the vast complexity of the real world.

The first two Days of ILLUSTRATI GENESIS are available here.

Lo sconosciuto dall’elmo di ferro

Una sera imprecisata del 1907, nel lussuoso centro sportivo londinese di King Street, Covent Garden. Due fra gli uomini più ricchi del mondo – fra una sbuffata di sigaro, e una puntata sull’incontro di boxe a cui stavano assistendo – discutevano di una questione piuttosto singolare. L’argomento di discussione era se fosse possibile per un uomo attraversare il mondo intero senza mai essere identificato.

Lonsdale-Morgan

Hugh Cecil Lowther, quinto conte di Lonsdale, era convinto che l’impresa fosse attuabile; il suo interlocutore, il finanziere americano John Pierpont Morgan, sosteneva il contrario. Quest’ultimo, nella foga, si disse disposto a scommettere ben 100.000 dollari, equivalenti a diversi milioni di euro in valuta odierna: era forse la più grande somma mai scommessa nella storia. Lì vicino, ad ascoltarli, stava un gentleman inglese di nome Harry Bensley, celebre donnaiolo e viveur, mantenuto da una costante rendita di circa 5.000 sterline l’anno grazie ai suoi investimenti in Russia. A lui, quei soldi fecero subito gola, ma soprattutto lo attirò la bizzarra avventura che la sfida sembrava promettere. Così, interrompendo l’accalorata discussione, annunciò che accettava la scommessa del magnate americano.

Harry Bensley, sulla sinistra.

Harry Bensley, sulla sinistra.

I termini della prova furono messi nero su bianco. Bensley avrebbe dovuto soddisfare ben 15 condizioni, che lo costringevano a viaggiare mascherato, spingendo una carrozzella per bambini, attraversando 169 città inglesi, e 125 città in 18 nazioni differenti in giro per il mondo – tra cui Irlanda, Canada, Stati Uniti, Sud America, Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Giappone, Cina, India, Egitto, Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Germania e Olanda. Doveva cominciare il suo viaggio investendo esclusivamente una sterlina in materiale “pubblicitario”, cioè fotografie, dépliant e pamphlet, da vendere durante il suo girovagare: non avrebbe potuto avere altra fonte di reddito oltre al ricavato di quelle foto per tutta la durata della sfida. Anche i vestiti erano limitati ad un unico cambio e, per rendere le cose ancora più complicate, durante il viaggio avrebbe dovuto perfino ammogliarsi – trovare, cioè, una donna disposta a sposarlo senza conoscere la sua vera identità.

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Così, il primo gennaio del 1908, all’età di 31 anni, Harry Bensley si presentò sul luogo indicato dal contratto, a Trafalgar Square, indossando un elmo di ferro da armatura e spingendo un passeggino che conteneva i suoi vestiti e il materiale pubblicitario: al suo fianco, il “garante” (chiamato The Minder) che l’avrebbe accompagnato durante l’intera epopea, per assicurarsi che le condizioni della scommessa venissero rispettate. La folla esultante lo acclamò, visto che la notizia della incredibile impresa si era già sparsa ovunque; e così accadde anche nelle tappe successive del viaggio – tutti acquistavano le fotografie, c’era chi lasciava delle offerte, praticamente i soldi gli piovevano addosso.

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Talmente tanti soldi, in realtà, che ad un certo punto Bensley venne arrestato per vendita di cartoline senza permesso a Bexley Heath, Kent; arrivato in tribunale con il suo elmo, Harry spiegò al giudice i termini della scommessa e, grazie alla benevolenza di costui, per la prima volta nella storia si svolse un processo in totale anonimità dell’imputato. Giudicato colpevole, sotto il nome di “Uomo nella Maschera di Ferro”, venne condannato a una multa di una dozzina di sterline, e gli venne permesso di continuare il suo viaggio.
Altri gustosi aneddoti raccontano di come una cameriera si nascose sotto il letto della camera di Bensley nel tentativo di svelare la sua identità e guadagnarsi le 1.000 sterline messe in palio da un giornale, ma venne scoperta in tempo; e di come lo stesso Re Edoardo VII, divertito, chiese perfino un autografo al misterioso “cavaliere”, che rifiutò per ovvie ragioni di privacy…
Anche le offerte di matrimonio non mancavano: Harry disse di averne ricevute più di 200, da nobildonne provenienti dall’Europa, dall’Australia e dall’America. Le rifiutò tutte.

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Dopo sei anni, l’impresa procedeva con immenso successo: Bensley aveva già visitato 12 paesi, e avrebbe molto probabilmente vinto la scommessa, se non fosse incappato in un tragico imprevisto: la Prima Guerra Mondiale. Arrivato a Genova, infatti, ricevette un infausto telegramma in cui il finanziere americano Morgan gli comunicava che la sfida era da considerarsi conclusa. Egli temeva che la Guerra avrebbe messo a repentaglio il suo impero economico e, non avendo certo voglia di perdere soldi in maniera frivola, si ritirò dalla scommessa. Nonostante gli fossero state riconosciute 4.000 sterline di ricompensa, Bensley fu devastato dalla notizia. Rabbioso e deluso, donò tutto il ricavato in beneficenza; tornò in patria, si arruolò nel 1915, combattè per un anno al fronte prima di rimanere ferito ed essere rispedito a casa.

Army Service record

I suoi investimenti finanziari in Russia crollarono in seguito alla Rivoluzione, ed egli tirò a campare facendo la maschera nei cinema, il guardiano d’hotel, e più tardi lavorando in una fabbrica di armamenti fino alla sua morte, avvenuta il 21 maggio 1956 all’età di 79 anni. L’elmo e la carrozzina, conservati in soffitta, non furono mai più ritrovati.

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Questa è la storia ufficiale del viaggiatore mascherato, così come è raccontata sul sito del pronipote (illegittimo) di Bensley, che però avanza qualche dubbio. Secondo quanto si racconta nella sua famiglia, le cose sarebbero andate molto diversamente: dopo una notte di gioco d’azzardo in continua perdita, Bensley avrebbe puntato l’intera sua fortuna (investimenti in Russia compresi) su una sola carta… e avrebbe perso.
Gli altri giocatori, cioè proprio il Conte di Lonsdale e J. P. Morgan, impietositi, avrebbero “commutato” questo debito in una sorta di farsesco contrappasso dantesco. Il dongiovanni avrebbe dovuto imparare a fare a meno del suo fascino, coprendosi il volto; il damerino abituato alla bella vita avrebbe dovuto campare con una sterlina sola, spingendo una carrozzina a elemosinare in giro per il mondo, con un unico cambio di vestiti. Gli fu consentito, per salvaguardare quel briciolo di onore che gli rimaneva, di far passare questa punizione per una impresa eroica – ma si trattava in realtà di una vera e propria beffa, un dileggio conosciuto a pochi insider, che sanciva di fatto la sua uscita dal circolo del bel mondo londinese.

Ma attenzione, perché ora viene il bello. Tutto quello che avete appena letto, sia la versione “ufficiale” che quella “segreta”, potrebbe non essere mai accaduto.

Negli scorsi anni, infatti, sono emersi nuovi dettagli che delineano una storia dai risvolti molto più ambigui: pare che del fantomatico uomo mascherato si fossero perse le tracce già dall’autunno del 1908, poco dopo l’inizio della sfida. I discendenti di Bensley, che hanno dato vita al sito internet proprio per racimolare informazioni sul loro antenato, ammettono che non vi sia alcuna prova che egli abbia mai lasciato l’Inghilterra.
La sfida, quindi, non sarebbe stata completata? E allora, le 4.000 sterline vinte da Bensley e da lui donate in beneficenza?
Davvero difficile che il magnate J. P. Morgan abbia potuto decidere di versare quella somma nell’agosto del 1914, come racconta la storia ufficiale, visto che era morto l’anno prima.

Nel dicembre del 1908, su un giornale chiamato Answers to Correspondents on Every Subject under the sun, veniva posta la fatidica domanda: ma dove diavolo è finito l’uomo con la maschera di ferro? Poco dopo alla testata arrivò una lettera, pubblicata il 19 dicembre, da parte di un uomo che sosteneva di essere, per l’appunto, l’uomo mascherato.

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Nella lunga lettera, l’anonimo confessava che la scommessa, la sfida e il viaggio intorno al mondo non erano altro che un’elaborata bufala, studiata meticolosamente mentre egli stava scontando una condanna in prigione. L’ispirazione, raccontava, gli era arrivata da un libro sulla celeberrima e misteriosa figura della Maschera di Ferro incarcerata alla Bastiglia: aveva così preso forma l’idea di spostarsi di città in città indossando l’elmo per attirare l’attenzione delle folle, dando risonanza alle sue apparizioni mediante la finta storia della scommessa fra i due milionari (ignari di tutto). Una volta uscito di galera, l’uomo era però senza il becco d’un quattrino: con la complicità di un tedesco conosciuto in cella, che si sarebbe finto “garante” della scommessa, aveva quindi raggirato i primi ignari finanziatori con la promessa di futuri dividendi, riuscendo ad acquistare l’elmo, il passeggino e il lotto iniziale di fotografie da vendere. Quanto al matrimonio, che secondo le “condizioni” egli avrebbe dovuto contrarre durante il viaggio, non c’era problema: egli era già sposato, e pronto a far spuntare sua moglie al momento opportuno come parte della messinscena.

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La truffa aveva funzionato: fin dal primo giorno la risposta della gente era stata sensazionale. Anche la parte relativa al giudice che gli permetteva di tenere l’elmo in un’aula di tribunale era veritiera: egli era stato davvero processato anonimamente, grazie alla fama della sua “sfida”.

Ma l’arzigogolato inganno gli si era presto ritorto contro: dopo dieci mesi in cammino, senza mai lasciare la Gran Bretagna, indossando continuamente l’elmo e spingendo una carrozzina di 50 chili per quasi 4.000 chilometri, la sua salute era peggiorata. “Gli occhi mi bruciavano, e soffrivo di tremende emicranee. In diverse occasioni svenni sul bordo della strada, e in alcuni casi fui confinato a letto per due o tre giorni di fila.” Ad un certo punto, sfinito, il truffatore aveva gettato la spugna, e si era dileguato. La lettera ad Answers era, in un certo senso, l’ultimo atto della recita, in cui l’attore calava (figuratamente, e concretamente) la maschera divenuta troppo pesante. Non rinunciando però ad un ultimo moto d’orgoglio: “posso affermare, senza tema d’esser contraddetto, che mi sono guadagnato il viaggio, e ho mantenuto me stesso, mia moglie, e il mio assistente, i cavalli e gli inservienti che ho impiegato, interamente con la vendita delle mie cartoline e pamphlet, e che non ho ricevuto nulla sotto forma di carità sin dal primo giorno del mio itinerario“.

Questa confessione è quasi certamente opera di Bensley, visto che i fatti citati dall’anonimo autore coincidono con un elemento chiave scoperto di recente (e passato sotto silenzio sul poco aggiornato sito dei discendenti, forse più interessati alla leggenda): nel 1904, egli era stato effettivamente processato per truffa e condannato a quattro anni di carcere.
L’allora ventinovenne Bensley era descritto dai giornali come un semplice manovale, figlio di un operaio di una segheria: un imbroglione qualunque, che si era fatto prestare dei soldi con la promessa di una favolosa eredità pronta per essere riscattata.

E, nella storia delle truffe, Bensley sarebbe rimasto del tutto anonimo, se la sua fantasia non si fosse scatenata proprio con l’idea dell’Uomo nella Maschera di Ferro. Il progetto di fingersi un gentleman facoltoso impegnato in una pittoresca ed eccentrica scommessa mostrava senza dubbio un guizzo di straordinaria inventiva. Si trattava di una truffa giocata sul meccanismo dell’esagerazione: “se è così assurdo – era indotta a pensare la gente – deve per forza essere vero”.
Peccato che quegli stessi dettagli strampalati (l’elmo, la carrozzina, gli spostamenti a piedi) si fossero presto rivelati il punto debole del piano, facendo finire il gioco prima del previsto.

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Ecco il sito del pronipote di Harry Bensley. The Big Retort è il blog che ha scoperto la lettera ad Answers. Ulteriori dettagli in questo articolo di Baionette Librarie, ottimo sito che si occupa di steampunk, fantascienza, armi, fatine e conigli.

Buon 2012!

Un augurio a tutti i lettori di Bizzarro Bazar per l’ultimo anno che resta a questo pianeta!

Visto che questi saranno i nostri ultimi 12 mesi di vita prima dell’Apocalisse, preconizzata con grande precisione dai Maya e da Roberto Giacobbo, perché non passarli con gioia, allegria, e dimenticando le differenze e i rancori?

E se proprio non volete rassegnarvi, ecco un kit di sopravvivenza che vi terrà al riparo da qualsiasi pericolo. Garantito al 100%, anche perché se non funzionasse non potreste rivalervi sul costruttore.

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Buon anno!

R.I.P. Jacopetti

L’uomo che inventò i mondo movies non c’è più.

Ieri si è spento a 91 anni Gualtiero Jacopetti, controverso regista assieme a F. Prosperi di Mondo Cane (1962), Mondo Cane 2 (1963) e Africa Addio (1966).

Happy Tree Friends

Con 12 anni e più di 160 episodi alle spalle, gli Happy Tree Friends sono ormai uno show classico, benché tuttora controverso, che ha segnato la storia di Internet e della televisione. Nati nel 1999 dalla fantasia di Kenn Navarro e Rhode Montijo, inizialmente erano stati pensati come dei piccoli corti realizzati in Flash, esclusivamente per la rete. I due animatori lavoravano per Mondo Mini Shows, ed erano entusiasti di avere ottenuto la loro prima serie; nessuno però si sarebbe aspettato il successo clamoroso che gli “amici dell’albero felice” avrebbero ottenuto.

L’idea era semplice: creare un mondo da libro animato per bambini, coloratissimo e pieno di allegri e teneri animaletti antropomorfi, sempre entusiasti e felici. E poi massacrarli tutti nei modi più violenti, fantasiosi ed efferati. Ma tranquilli, bambini… li ritroveremo nella puntata successiva sani ed integri, pronti a farsi macellare in una nuova sanguinosa circostanza.

Questo concept, politicamente scorretto ed esilarante, sarebbe rimasto soltanto una piccola burla se Navarro non avesse avuto un’immaginazione sfrenata e particolarmente weird: a distanza di tanti anni, le soluzioni visive adottate per far fuori l’uno dopo l’altro i simpatici personaggi sono ancora sorprendenti e spesso imprevedibili. Poco dopo il loro debutto sulla rete, nel 2000, fu chiaro che in brevissimo tempo questa serie si stava trasformando in un fenomeno di culto.

Ogni episodio raggiunse in poco tempo i 15 milioni di visualizzazioni, e ben presto la Happy Tree Friends mania raggiunse il suo apice. La serie venne acquistata dalle televisioni, cominciò a guadagnarsi premi nei festival specializzati, venne infine distribuita in cofanetti DVD. Tra i 22 personaggi di Happy Tree Friends, quelli ricorrenti (chiamiamoli le “star” principali) sono ormai diffusi anche come gadget di ogni tipo nei negozi di fumetti. L’affetto dei fan non accenna a diminuire nel tempo, tanto che uno degli amministratori della Mondo Media arriva a paragonare lo show ai grandi classici: “Penso che i bambini guarderanno gli Happy Tree Friends fra 20 o 30 anni nello stesso modo in cui guardano Tom & Jerry oggi”.

Ecco, appunto, i bambini. La serie evidentemente è pensata per un pubblico adulto, ma molti bambini hanno finito per diventare degli appassionati fruitori di questo show. La controversia in America si è scatenata quando alcuni preoccupati genitori hanno scoperto che i colorati cartoni animati che i figlioletti stavano guardando terminavano invariabilmente con una carneficina. In Canada si è rischiata la censura, nonostante lo show presenti la violenza in maniera comica ed eccessiva. Ma per una serie iconoclasta come gli Happy Tree Friends, ovviamente, ogni scandalo fa buon gioco.

Eccovi alcuni classici episodi, fra i più celebri.

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Buon 2010!

Nell’augurare ai lettori un prosperoso nuovo anno, ricordiamo che le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2010 l’anno internazionale della biodiversità, un concetto che è particolarmente caro a BizzarroBazar. Nel breve spazio di pochi mesi, il nostro blog (nato come una umile proposta di nicchia) si è assicurato un seguito fedele e in costante aumento. Questo dimostra che la voglia di essere stupiti, incuriositi e sorpresi è ancora forte. Tutto ciò che è difforme, deforme, abnorme, differente e bizzarro è la nostra linfa, perché amplia le nostre prospettive, testimoniando l’irriducibilità del mondo ai nostri schemi… e, nonostante cerchiamo di incasellarla in mille griglie di riferimento, la realtà sarà sempre più incredibile e fantasiosa di quanto ci aspettassimo.

La biodiversità, da un punto di vista scientifico, significa proprio questo: più le persone e le cose sono differenti tra loro, maggiori sono le possibilità di sopravvivenza. Quindi alziamo i nostri calici ad un 2010 ancora più bizzarro e imprevedibile dell’anno passato, e… KEEP THE WORLD WEIRD!