Ladri di cadaveri

Alfred_Velpeau_02

La storia della medicina e dell’anatomia non è mai stata tutta rose e fiori, come avrete certamente scoperto se avete curiosato un po’ fra i nostri post. Nei secoli scorsi era in particolare la dissezione anatomica a sollevare le più furiose polemiche (paradossalmente spesso più di ordine morale che religioso, come abbiamo spiegato in questo articolo), perché la sua pratica interferiva con un’area sociale che gli antropologi definirebbero “tabù”, ossia il culto dei morti e del cadavere.

In Gran Bretagna, fin dal 1752, era in vigore una legge che consentiva la dissezione a fini medici unicamente sui cadaveri dei criminali condannati alla pena capitale. Ma il sapere scientifico all’epoca stava crescendo in fretta per importanza e scoperte, e velocemente si creavano le basi per quella che sarebbe divenuta la moderna medicina. Quindi, soltanto cinquant’anni dopo, la “scorta” di criminali giustiziati era troppo scarsa per riuscire a soddisfare la domanda di cadaveri delle Università e delle facoltà di anatomia.

Già nel 1810 venne creata in Inghilterra una società anatomica i cui membri avevano lo scopo di sollecitare presso il governo l’urgente modifica della legge; ma nel frattempo c’era chi aveva cominciato ad arrangiarsi in altro modo.

body-snatchers

Alcuni delinquenti compresero subito che i professori avrebbero pagato piuttosto bene per un cadavere fresco su cui eseguire una dissezione durante le loro lezioni, di fronte a un sempre crescente numero di studenti; così, attratti dalla possibilità di un facile guadagno, cominciarono un macabro commercio di salme.

new-york-body-snatchers-granger
I body-snatchers (“ladri di corpi”) agivano di notte, dissotterrando morti sepolti di recente, e trasferendoli di nascosto nelle facoltà scientifiche; divennero presto una realtà diffusa soprattutto nella città di Edimburgo, dove aveva sede la più prestigiosa università di medicina, la Edinburgh Medical School. Sembra addirittura che alcuni cunicoli sotterranei collegassero i sobborghi più malfamati della Old Town con il Royal Mile, l’arteria principale dove aveva sede la scuola: in questo modo i body-snatchers, dopo aver sottratto i cadaveri dal cimitero, riuscivano a portarli indisturbati e nascosti fin sotto all’ingresso della Surgeon’s Hall.

l

tumblr_lz64e3fVIf1qhr2s0o1_500
In breve tempo la situazione sfuggì di mano, e si diffuse la paranoia nei confronti dei cosiddetti resurrection men (“resuscitatori”, un altro nome dei ladri di cadaveri). C’era chi faceva la ronda tutta la notte attorno alle tombe fresche, e chi poteva permetterselo costruiva pesanti sarcofaghi di pietra; i più poveri si accontentavano di seppellire rami e bastoni attorno alla bara, per rendere la riesumazione più complessa e lunga.

Intorno al 1816 vennero inventati i mortsafes, enormi gabbie di ferro o pietra, di forme differenti. Spesso si trattava di complicate strutture in metallo pesante con sbarre e placche, assemblate con bulloni o saldature. I mortsafes si piantavano attorno alla bara, e potevano essere aperti soltanto da due persone armate di chiavi per i lucchetti. Venivano lasciate in posizione per sei settimane; quando il cadavere era rimasto sepolto sufficientemente a lungo per non fare più gola, venivano rimosse e riutilizzate.

1812707_f9da2e10

DSCF5009

footer-450

mortsafes_in_cluny_kirkyard_-_geograph-org-uk_-_174646
Ci si spinse oltre: la pistola cimiteriale veniva caricata e montata nei pressi di una tomba fresca. Il meccanismo le permetteva di girare su se stessa liberamente, e agli anelli venivano attaccati gli estremi di tre corde che venivano fatte passare attorno al luogo dell’inumazione; se un ladro, avvicinandosi nel buio, avesse inavvertitamente urtato una delle corde, la pistola si sarebbe girata nella sua direzione, facendo fuoco.

tumblr_mi8dhtNMb51rnseozo1_1280
Questo tipo di mercato clandestino si stava facendo davvero pericoloso. Alcuni ladri di cadaveri mandavano, durante il giorno, delle donne vestite a lutto, spesso con bambini in braccio, a controllare se fossero state installate pistole o altre difese nei pressi delle tombe; i guardiani del cimitero, a loro volta, avevano imparato ad aspettare l’arrivo del buio per montare questo tipo di armi. Insomma, in retrospettiva, non stupisce che prima o poi a qualcuno venisse l’idea di “saltare” il passaggio più problematico, quello del cimitero appunto, e di procurarsi i cadaveri in modo più diretto.

burke-and-hare
Ad arrivarci per primi furono William Burke e William Hare che, con la complicità delle loro compagne, uccisero in meno di due anni 16 persone, rivendendo i loro corpi all’Università. Vennero scoperti e, una volta finito il processo nel 1829, Hare fu rilasciato, ma Burke finì impiccato; con esemplare contrappasso, il suo corpo venne dissezionato pubblicamente e ancora oggi potete ammirare presso il Museo del Surgeon’s Hall di Edimburgo il suo scheletro, la maschera mortuaria, e un libro rilegato con la sua pelle.

burke

724px-William_Burke's_death_mask_and_pocket_book,_Surgeons'_Hall_Museum,_Edinburgh
Lo scalpore suscitato da questa vicenda, e il disgusto pubblico per il traffico di cadaveri, ebbero un impatto fondamentale per la promulgazione, nel 1832, dell’Anatomy Act; una legge che diede più libertà ai dottori e agli insegnanti di anatomia, permettendo loro di utilizzare per le dissezioni didattiche anche i corpi non reclamati, e incentivando la donazione spontanea con determinate forme di retribuzione (a chi decideva di “prestare” le spoglie di un parente stretto sarebbero state pagate le spese del funerale).

L’Anatomy Act si rivelò efficace nel porre fine al fenomeno dei body-snatchers, e la pratica del traffico di cadaveri per studio medico scomparì quasi istantaneamente.

The-Resurrectionists

Bizzarro Bazar a New York – I

New York, Novembre 2011. È notte. Il vento gelido frusta le guance, s’intrufola fra i grattacieli e scende sulle strade in complicati vortici, senza che si possa prevedere da che parte arriverà la prossima sferzata. Anche le correnti d’aria sono folli ed esagerate, qui a Times Square, dove il tramonto non esiste, perché i maxischermi e le insegne brillanti degli spettacoli on-Broadway non lasciano posto alle ombre. Le basse temperature e il forte vento non fermano però il vostro esploratore del bizzarro, che con la scusa di una settimana nella Grande Mela, ha deciso di accompagnarvi alla scoperta di alcuni dei negozi e dei musei più stravaganti di New York.

Partiamo proprio da qui, da Times Square, dove un’insegna luminosa attira lo sguardo del curioso, promettendo meraviglie: si tratta del museo Ripley’s – Believe It Or Not!, una delle più celebri istituzioni mondiali del weird, che conta decine di sedi in tutto il mondo. Proudly freakin’ out families for 90 years! (“Spaventiamo le famiglie, orgogliosamente, da 90 anni”), declama uno dei cartelloni animati.

L’idea di base del Ripley’s sta proprio in quel “credici, oppure no”: si tratta di un museo interamente dedicato allo strano, al deviante, al macabro e all’incredibile. Ad ogni nuovo pezzo in esposizione sembra quasi che il museo ci sfidi a comprendere se sia tutto vero o se si tratti una bufala. Se volete sapere la risposta, beh, la maggior parte delle sorprendenti e incredibili storie raccontate durante la visita sono assolutamente vere. Scopriamo quindi le reali dimensioni dei nani e dei giganti più celebri, vediamo vitelli siamesi e giraffe albine impagliate, fotografie e storie di freak celebri.

Ma il tono ironico e fieramente “exploitation” di questa prima parte di museo lascia ben presto il posto ad una serie di reperti ben più seri e spettacolari; le sezioni antropologiche diventano via via più impressionanti, alternando vetrine con armi arcaiche a pezzi decisamente più macabri, come quelli che adornano le sale dedicate alle shrunken heads (le teste umane rimpicciolite dai cacciatori tribali del Sud America), o ai meravigliosi kapala tibetani.

Tutto ciò che può suscitare stupore trova posto nelle vetrine del museo: dalla maschera funeraria di Napoleone Bonaparte, alla pistola minuscola ma letale che si indossa come un anello, alle microsculture sulle punte di spillo.

Talvolta è la commistione di buffoneria carnevalesca e di inaspettata serietà a colpire lo spettatore. Ad esempio, in una pacchiana sala medievaleggiante, che propone alcuni strumenti di tortura in “azione” su ridicoli manichini, troviamo però una sedia elettrica d’epoca (vera? ricostruita?) e perfino una testa umana sezionata (questa indiscutibilmente vera). Il tutto per il giubilo dei bambini, che al Ripley’s accorrono a frotte, e per la perplessità dei genitori che, interdetti, non sanno più se hanno fatto davvero bene a portarsi dietro la prole.

Insomma, quello che resta maggiormente impresso del Ripley’s – Believe It Or Not è proprio questa furba commistione di ciarlataneria e scrupolo museale, che mira a confondere e strabiliare lo spettatore, lasciandolo frastornato e meravigliato.

Per tornare unpo’ con i piedi per terra, eccoci quindi a un museo più “serio” e “ufficiale”, ma di certo non più sobrio. Si tratta del celeberrimo American Museum of Natural History, uno dei musei di storia naturale più grandi del mondo – quello, per intenderci, in cui passava una notte movimentata Ben Stiller in una delle sue commedie di maggior successo.

Una giornata intera basta appena per visitare tutte le sale e per soffermarsi velocemente sulle varie sezioni scientifiche che meriterebbero ben più attenzione.

Oltre alle molte sale dedicate all’antropologia paleoamericana (ricostruzioni accurate degli utensili e dei costumi dei nativi, ecc.), il museo offre mostre stagionali in continuo rinnovo, una sala IMAX per la proiezione di filmati di interesse scientifico, un’impressionante sezione astronomica, diverse sale dedicate alla paleontologia e all’evoluzione dell’uomo, e infine la celebre sezione dedicata ai dinosauri (una delle più complete al mondo, amata alla follia dai bambini).

Ma forse i veri gioielli del museo sono due in particolare: il primo è costituito dall’ampio uso di splendidi diorami, in cui gli animali impagliati vengono inseriti all’interno di microambienti ricreati ad arte. Che si tratti di mammiferi africani, asiatici o americani, oppure ancora di animali marini, questi tableaux sono accurati fin nel minimo dettaglio per dare un’idea di spontanea vitalità, e da una vetrina all’altra ci si immerge in luoghi distanti, come se fossimo all’interno di un attimo raggelato, di fronte ad alcuni degli esemplari tassidermici più belli del mondo per precisione e naturalezza.

L’altra sezione davvero mozzafiato è quella dei minerali. Strano a dirsi, perché pensiamo ai minerali come materia fissa, inerte, e che poche emozioni può regalare – fatte salve le pietre preziose, che tanto piacciono alle signore e ai ladri cinematografici. Eppure, appena entriamo nelle immense sale dedicate alle pietre, si spalanca di fronte a noi un mondo pieno di forme e colori alieni. Non soltanto siamo stati testimoni, nel resto del museo, della spettacolare biodiversità delle diverse specie animali, o dei misteri del cosmo e delle galassie: ecco, qui, addirittura le pietre nascoste nelle pieghe della terra che calpestiamo sembrano fatte apposta per lasciarci a bocca aperta.

Teniamo a sottolineare che nessuna foto può rendere giustizia ai colori, ai riflessi e alle mille forme incredibili dei minerali esposti e catalogati nelle vetrine di questa sezione.

Alla fine della visita è normale sentirsi leggermente spossati: il Museo nel suo complesso non è certo una passeggiata rilassante, anzi, è una continua ginnastica della meraviglia, che richiede curiosità e attenzione per i dettagli. Eppure la sensazione che si ha, una volta usciti, è di aver soltanto graffiato la superficie: ogni aspetto di questo mondo nasconde, ora ne siamo certi, infinite sorprese.

(continua…)