La festa delle teste surrealiste

Che la famiglia Rothschild si trovi da sempre al centro di speculazioni e teorie del complotto non deve stupire, dato che per un lungo periodo è stata probabilmente la più ricca e influente dell’intero pianeta, prima che l’immenso patrimonio della casata venisse suddiviso fra centinaia di eredi. A causa dell’impero bancario, e della impenetrabile riservatezza delle loro vite private, i Rothschild si sono dunque attirati il rancore e le accuse di chi è convinto che dietro ai grandi sconvolgimenti storici debba per forza esservi un’élite di grandi potenti che dominano le sorti del mondo.

rothschild

La branca francese della famiglia contava fra i suoi membri il Barone Guy de Rothschild, che nel 1957 convolò in seconde nozze con la Baronessa Marie-Hélène. Più giovane di lui di 18 anni, la Baronessa si assunse l’incarico di rimettere a nuovo la loro residenza, Château de Ferrières, il più grande castello del XIX Secolo, nel quale suo marito aveva trascorso la giovinezza.

alexisandmariatball
Una cosa è certa, Marie-Hélène ci sapeva fare: in pochissimo tempo il castello divenne il posto più “in” ed esclusivo d’Europa. La Baronessa vi organizzava dei lussuosissimi ricevimenti, sfarzosi party mondani a cui partecipava ovviamente l’alta nobiltà, ma anche attori, artisti, letterati, musicisti: fra i più celebri habitué delle feste dei Rothschield si ricordano Salvador Dalì, Grace Kelly, Audrey Hepburn, Brigitte Bardot, Liz Taylor.
Queste serate erano spesso a tema, e una volta definito l’argomento venivano ingaggiati stilisti del calibro di Yves Saint Laurent per disegnare scenografie e abiti.

Marie-Helene-de-Rothschild-si-Salvador-Dali
Come dicevamo, i Rothschild hanno sempre mantenuto un profilo riservato. Di conseguenza, poco o nulla è trapelato di queste tanto vagheggiate notti di eccessi e di sontuosità. Eppure il 12 dicembre del 1972 i Baroni Guy e Marie-Hélène de Rothschild tennero la più incredibile delle loro feste e, fortunatamente, di questo evento sono arrivate fino a noi delle fotografie davvero straordinarie.

surrealist-invitation
Già i biglietti di invito preannunciavano una serata inusuale: le parole sul cartoncino, scritte all’incontrario e leggibili soltanto utilizzando uno specchio, facevano capolino da alcune nuvole dipinte. Dicevano semplicemente: Cravatta nera, abiti lunghi, e teste surrealiste.

Rothschild-mansion

Al loro arrivo, gli invitati si trovarono di fronte un Château de Ferrières che sembrava in fiamme: l’illuminazione era stata studiata per simulare il divampare di un gigantesco incendio.

Turtle-on-table-Rothschild-party

surrealist-table

Rothschild-party-dinner-table

All’interno, i servitori erano vestiti da gatti, e fingevano di dormire sui gradini della grande scalinata. Ragnatele finte adornavano le pareti dei corridoi, bambole rotte e strani segnaposti accoglievano i commensali nella sala da pranzo. Ma il vero tableau vivant erano gli ospiti stessi.

Apple-from-garden-of-eden

Masks-Rothschild-party

surrealist-guests4

surrealist-guests2

Ci fu chi si vestì, come l’attrice Jacqueline Delubac, da quadro di Magritte; chi sfoggiava facce o teste doppie, come il Barone Alexis de Redé; chi, come Audrey Hepburn, si presentò con una gabbia per uccelli in testa; e ovunque fantasie floreali, accostamenti bizzarri, copricapi impossibili. La Baronessa Marie-Hélène indossava una maschera di cervo che piangeva lacrime di diamanti. Ma senza dubbio la testa più genuinamente “surrealista” fra tutte era quella di Salvador Dalì, che proprio per questo motivo arrivò vestito con un normalissimo frac.

Rothschild-wearing-mask

Baroness-Marie-Hélène-de-Rothschild-and-Baron-Alexis-de-Redé

surrealist-guests5

Rothschild-party-mask

Baron-Alexis-de-Redé-in-a-Dalí-designed-Hat-and-Mrs.-Espírito-Santo

surrealist-dali
Guardando questa barocca e appariscente sfilata di costumi viene da chiedersi cosa ne avrebbe pensato André Breton, morto sei anni prima. Quando aveva fondato il Surrealismo nel 1924, assieme a poeti e scrittori del calibro di Aragon, Desnos, Éluard, Artaud, Queneau o Prévert, tutto aveva in mente fuorché un manipolo di aristocratici che gozzovigliavano agghindati con maschere assurde e milionarie. Se avesse potuto assistere alla “festa surrealista” dei Rothschild, la sua voce avrebbe certamente tuonato, come aveva fatto tante volte per motivi molto meno gravi, di fronte a questo scempio.

surrealist-table2

surrealist-helene

Masks-at-Rothschild-party

Rothschild-party

Anche oggi, c’è chi vuole vedere in queste fotografie il declino morale della nobiltà, leggendovi un’atmosfera lugubre e decadente come quella della celebre orgia di Eys Wide Shut, o addirittura credendo di riconoscere simboli satanici, massonici o relativi ai misteriosi Illuminati. Eppure per noi, queste fotografie hanno un sapore particolare. Testimoniano di un’epoca inimitabile, quella a cavallo fra anni ’60 e ’70, in cui ci sembra di riconoscere una spregidicatezza e un senso di libertà sociale e culturale del tutto inedite. C’era una vibrante voglia di osare, di sperimentare in tutti i campi – pensiamo al cinema, all’arte, alla sessualità; ed è emblematico vedere come questa energia fosse arrivata a contagiare, seppure spogliata di qualsiasi profondità e sovversività, anche quella parte della società tradizionalmente più conservatrice.

(Grazie, Marco!)

La biblioteca delle meraviglie IV

Paolo Albani e Paolo Della Bella

FORSE QUENEAU – ENCICLOPEDIA DELLE SCIENZE ANOMALE

(1999, Zanichelli)

Raymond Queneau (l’autore di Esercizi di stile, I fiori blu e Zazie nel metrò, per intenderci) aveva in progetto di compilare una “Enciclopedia delle scienze inesatte”; la ricerca avrebbe dovuto essere inclusa nei suoi studi sui fous littéraires, cioè quegli autori che non seguono strade battute e “integrate” nella società in cui vivono. Partendo da questa idea, Albani e Della Bella realizzano quello che è a tutt’oggi il più completo e indispensabile compendio enciclopedico sulle scienze anomale. Indispensabile, perché ci permette di curiosare in una galassia semisepolta di teorie bislacche, folli o magari plausibili ma dimenticate; e poi perché approcciarsi a queste scienze “non ortodosse”, se da un lato diverte, e molto, dall’altro spinge a riflettere. Ogni voce dell’enciclopedia è contrassegnata da un simbolo che rimanda a diversi ambiti o categorie, in modo da comprendere subito di cosa stiamo parlando. Le dieci categorie sono le seguenti:

1. Scienze e teorie elaborate da eterodossi scientifici e mattoidi scienziati;
2. Scienze e teorie inventate da letterati e artisti;
3. Scienze e teorie comiche, effimere, parodie di scienze;
4. Scienze della fantascienza e utopiche;
5. Scienze e teorie non riconosciute, marginalizzate, alternative alla scienza ufficiale;
6. Scienze e teorie dimenticate, scomparse, abortite;
7. Scienze potenziali, al confine di altre scienze;
8. Scienze e teorie bizzarre, avanzate da studiosi accademicamente riconosciuti;
9. Scienze occulte, paranormali, magiche, religiose;
10. Studi su pseudoscienze, su mattoidi scienziati ed eterodossi scientifici.

Dalle teorie sulla Terra cava, alla “bestemmiologia”, dalle più disparate cosmogonie alternative fino alla teologia genetica,ogni pagina dell’enciclopedia è un’incessante sorpresa che dimostra come nella storia della scienza ci sia sempre stato qualcuno che cercava di immaginare le cose da una nuova prospettiva. Sarebbe facile, e rassicurante, ridurre molte di queste teorie ad infantilismi o errori concettuali. Siamo abituati a dire: “ieri pensavamo che…, mentre oggi sappiamo che…”, come se la verità fosse stata raggiunta senza ombre di dubbio. Eppure qualsiasi conquista è provvisoria, e ogni sapere viene invariabilmente ampliato, ridefinito, corretto, in un costante affinamento. E tutto questo è possibile perché una moltitudine di uomini, alcuni scienziati, altri artisti, altri pazzoidi strampalati, continuano a porsi domande ed elaborare risposte. Che molte di queste teorie siano bislacche e assurde non fa che testimoniare il fascino dell’infinita ricerca: l’uomo che esce dipinto da queste pagine è, per fortuna, sempre pronto a dimenticare le “verità assodate”, e immaginare possibilità e punti di vista inediti e diversi.

Piero Bocchiaro

PSICOLOGIA DEL MALE

(2009, Laterza)

Perché si fa il male? Chiunque, posto in una determinata condizione, sarebbe in grado di farlo? Il piccolo, apparentemente innocuo libriccino di Piero Bocchiaro racchiude in realtà uno specchio nel quale non vorremmo (ma dovremmo) fissare lo sguardo. Prendendo spunto da quattro dei più famosi e controversi esperimenti di psicologia sociale (l’esperimento di Milgram, quello di Darley e Latané, l’arcinoto esperimento carcerario di Stanford e un ulteriore esperimento di Zimbardo), Bocchiaro estende i risultati della ricerca “in laboratorio” ad alcuni fatti di cronaca, per analizzarli alla luce dei dati sperimentali. Si affrontano quindi il caso del gerarca nazista Eichmann; il delitto Genovese, giovane italo-americana assassinata dinanzi allo sguardo passivo di 38 testimoni; la tragedia dell’Heysel, stadio belga scenario di un sanguinoso scontro fra tifoserie; e le torture di Abu Ghraib, carcere tristemente noto per gli atti disumani perpetrati da alcuni militari americani sui detenuti iracheni. Con linguaggio chiaro e comprensibile anche ai non addetti ai lavori, l’autore ci accompagna attraverso decenni di ricerche psicologiche che indagano le motivazioni della violenza e del mancato soccorso.

Sapevate che se venite aggrediti in un posto affollato avete paradossalmente meno possibilità di essere soccorsi che se l’aggressione accade in un vicolo semideserto? Siete davvero sicuri che rifiutereste l’ordine di un superiore che vi intima di usare violenza su un vostro collega? Quando vedete in televisione episodi di sciacallaggio, giudicate quelle persone dei “vandali” e siete intimamente convinti che voi, una cosa del genere, non la fareste proprio mai? Purtroppo, le ricerche in ambito della psicologia sociale dimostrano che tutti, chi più chi meno, posti nella “giusta” situazione straordinaria, sono capaci e pronti a fare ciò che, in momenti più normali, definirebbero “azioni malvagie”. Scopriamo così che molte delle nostre certezze sono piuttosto fragili: la nostra auto-immagine di persone buone e generose, pronte ad intervenire per aiutare il prossimo, e di certo lontane da pulsioni di violenza, viene a poco a poco messa in discussione. Eppure, nel momento in cui ci rendiamo conto dei meccanismi psicologici che scattano in situazioni di emergenza, ne usciamo rafforzati; e chissà che, grazie a questo piccolo libro, non finiremo magari per riconoscere il “tranello mentale” in cui stiamo cadendo, e riuscire ad agire nel modo in cui davvero desideriamo agire.