Il Tempio delle Torture

Wat Phai Rong Wua.

Se visitate la Thailandia, ricordatevi questo nome. Si tratta di un luogo sacro, unico e assolutamente weird, almeno agli occhi di un occidentale. Tempio buddista, mèta annuale di migliaia di famiglie, è celebre per ospitare la più grande scultura metallica del Buddha. Ma non è questo che ci interessa. È famoso anche per il suo Palazzo delle Cento Spire, ma nemmeno questo ci interessa. Quello che segnaliamo qui sono le dozzine di figure e complessi statuari che descrivono torture e sevizie riservate dai demoni dell’inferno alle anime in pena.

Infilzate in faccia, o intrappolate nelle fauci di orrendi mostri, con le interiora esposte, trafitte da spade e lance, queste sculture lasciano ben poco all’immaginazione: se non diciamo le preghierine alla sera, non ce la passeremo tanto bene nell’aldilà. Questo macabro e violentissimo “parco di attrazioni” ha per i fedeli un valore educativo. È una visualizzazione grafica e figurativa della sofferenza e dell’inferno.

Certo, c’è da dire che il rapporto dei thailandesi con la morte è meno travagliato del nostro; eppure, per quanto a prima vista il giardino delle torture di Wat Phai Rong Wua possa sembrare una soluzione estrema per colpire la fantasia dell’uomo illetterato, ricordiamoci che anche le nostre chiese abbondano di dipinti e allegorie non meno violente o macabre. Ormai abituati all’arte del Novecento, che si è man mano astratta dal bisogno di veicolare o avere un significato, ci dimentichiamo facilmente del ruolo avuto anche nella nostra storia dell’arte figurativa: quella di educare le masse, di proporsi come libro illustrato, e di servire quindi alla formazione di un immaginario anche per quanto riguarda i mondi a venire.

Scoperto via Oddity Central.

Hyungkoo Lee

Hyungkoo Lee è uno scultore Sudcoreano che ha creato un collezione davvero particolare. L’artista ha immaginato quali potrebbero essere le strutture scheletriche dei più popolari eroi dei cartoni animati. Modellando in resina, con fili d’acciaio, barrette di alluminio e altri materiali, e dipingendo ad olio la scultura, Lee cerca di rendere piuttosto realistici i suoi soggetti, quasi fossero degli antichi ritrovamenti di qualche paleontologo. Un paleontologo pop, potremmo dire.

Dopo l’iniziale risata che suscitano le sue sculture, è interessante come le opere facciano anche riflettere. Wile E. Coyote che insegue Road Runner è istantaneamente riconoscibile, così come Paperino, Tom & Jerry o Bugs Bunny. Anche se ridotti all’osso, questi personaggi irreali sono entrati talmente a fondo nella nostra mitologia moderna, da esserci più familiari di animali realmente esistenti. Li abbiamo antropomorfizzati e, in definitiva, li sentiamo vicini a noi. Li conosciamo bene, sono gente di famiglia. Ed ecco qui i loro scheletri, esposti in un museo.

Cosa significa? Forse che anche nel mondo moderno le mitologie sono destinate ad estinguersi? O che ad estinguersi è stata la nostra infanzia, e la nostra ingenuità così bene rappresentata da questi personaggi?

Secondo l’autore, si tratta semplicemente di analizzare e scomporre. Se i cartoni animati ci rappresentano così bene, decostruendo il loro aspetto si arriva a capire qualcosa anche di noi stessi. Abbiamo, cioè, creato i personaggi animati perché dessero corpo alle nostre gioie e ai nostri dolori, alle tribolazioni e alle vittorie: sono anche simbolo di un mondo ideale, in cui la realtà si può piegare a piacimento, in cui dolore e sofferenza sono momenti comici, e finire sotto una schiacciasassi ha per unico effetto quello di ridurci a sottilette ambulanti. “Spogliare” questi personaggi della loro illusoria carne per arrivare all’ossatura vera e propria è il senso di queste sculture. Gli scheletri, così essenziali, sarebbero un’espressione dei nostri desideri, delle nostre paure. L’essenza, cioè, della nostra caricatura.

Il sito ufficiale di Hyungkoo Lee.

Scoperto via Michael Sporn Animation.