Emoscambio

Sui piloni dei viadotti italiani, lungo le autostrade, sul cemento dei muri di contenimento o sui cartelli stradali appaiono talvolta strane ed ermetiche scritte. La più celebre è DIO C’È. Secondo una leggenda metropolitana, sarebbe opera di un frate francescano che, percorrendo l’Italia a piedi, avrebbe deciso di quando in quando di riaffermare (assecondando istinti piuttosto vandalici, a dire il vero) l’esistenza del Signore. Un’altra spiegazione, mai pienamente confermata, è che si trattasse di un linguaggio in codice camorristico per segnalare la presenza di spacciatori nei paraggi: qualche appassionato di enigmistica ha addirittura pensato che la scritta fosse un acronimo per “Droga In Offerta: Costo Economico”.

Ancora più incomprensibili e spiazzanti erano i caratteri cubitali che sembravano pubblicizzare o profetizzare un misterioso EMOSCAMBIO, con una caratteristica “E” disegnata come la lettera greca sigma, e seguiti da un numero di telefono. Se ne ricorderà chi, nato negli anni ’70, viaggiava spesso in Nord Italia: campeggiavano su casolari abbandonati, fabbriche in disuso e altri punti poco frequentati. Ma a cosa facevano riferimento quei criptici messaggi sullo “scambio di sangue”?

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La realtà che si cela dietro alle scritte è sorprendente, e rimane ancora in parte inspiegata. Chiunque si fosse appuntato il numero telefonico, e avesse deciso una volta tornato a casa (non esistevano i cellulari allora!) di saperne di più sul fantomatico emoscambio, avrebbe sentito dall’altro capo della cornetta una segreteria telefonica che lo ragguagliava sui punti salienti di una particolare teoria salutistica, invitandolo poi a spedire un contributo di almeno 10.000 lire ad una casella postale dell’aeroporto Linate a favore dell’I.I.D.F., Istituto Italiano di Fisiologia.

Ora, un simile Istituto non è mai esistito. Il numero di telefono era quello di un’abitazione privata di Segrate (MI), dove viveva un signore di nome Vito Cosmaj.

L’unica traccia ufficiale dell’attività di Cosmaj si può trovare nei bollettini del Registro Pubblico Generale delle opere protette dalla legge sul diritto d’autore relativi alla fine degli anni ’70: in quel periodo risulta che Vito Cosmaj avesse facoltà di godere dei diritti di alcune opere edite a sue spese, vale a dire il trattato Fisiologia Universale (Umana Sociale e Cosmica), edito a Lodi dallo stampatore Lodigraf nel 1978, il manuale intitolato T.A.F. – Tecnologia dell’Amplesso Fisiologico (registrato il 13/03/1980), una sua revisione (del 30/12/1980) e infine nientemeno che un Vangelo Secondo Vito Cosmaj (13/10/1980).

Già questi titoli sarebbero abbastanza eccentrici da stimolare la fantasia di un qualsiasi indagatore. Ma quando si scopre a quali ricerche si dedicasse il nostro Cosmaj, le cose si spingono ancora più fuori dall’ordinario.

Uno dei fondamenti della sua dottrina era la cosiddetta T.A.F., o Tecnica dell’Amplesso Fisiologico, volta a ristabilire la corretta posizione durante l’accoppiamento: secondo Vito Cosmaj, era essenziale ritornare alla copula naturale, tipica di tutti gli animali, in cui l’uomo prende la donna da dietro, restando in piedi. Far l’amore a letto nella posizione del “missionario”, invece, era a suo dire una perversione inaccettabile, “posizione sbagliata, innaturale e non fisiologica (ossia pornografica, tolemaica, cristiano-ebraica islamico-democristiana)”.

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I volantini distribuiti da Vito Cosmaj sono un piccolo capolavoro dell’assurdo, che ricorda il futurismo e il surrealismo: per mezzo di costanti divagazioni e pungolature alla politica e alla borghesia, l’autore disegna una specie di folle programma pseudoscientifico per rivoluzionare la realtà italiana. Il gusto dissacrante e ironico è evidente, a partire dalle invenzioni linguistiche (fare sesso con il metodo T.A.F. diventa “taffare”, la laurea che è possibile conseguire presso il fantomatico Istituto è chiamata “Addottorato”, ecc.) fino alla finta pubblicità che reclamizza una cintura di castità prodotta dalla Virgo-Virginis S.p.A. di Palermo, dal capitale sociale di 999 miliardi di lire “interamente versato”…
Prendiamo ad esempio la descrizione dell’esame finale per ottenere l’Addottorato:

PER OTTENERE la suddetta laurea è necessario superare un esame con prova pratica ed orale in seno all’I.I.D.F.
L’ADDOTTORATO in questione è riservato ai soli MASCHI celibi, ammogliati, separati, divorziati, vedovi, ecc. ecc. di nazionalità italiana con età non inferiore agli anni 21, mentre tale laurea è interdetta alle femmine per ovvi motivi, ai religiosi (preti, frati, vescovi, cardinali, papi, ajatolli, archimandritti, ebrei, buddisti, maomettani, cristiani, democristiani, testimoni di geova, protestanti, ortodossi, valdesi, ecc. ecc.), ai reclusi, agli unisex, ai dementi e ciarlatani che insegnano ed hanno imparato la fisiologia negli atenei del nostro “glorioso Stato Italiano”, e a tutti coloro insomma che non avranno superato l’esame per qualsivoglia motivo […]. L’I.I.D.F. non procura femmine da taffare agli esaminandi. È proibita ogni forma di leccamento, succhiamento, masturbazione o toccamento manuale agli organi sessuali da parte di entrambi i soggetti. L’unica eccitazione ammessa è il dimenare del sedere della femmina contro i genitali del maschio e viceversa per 20” dopo di che CHI NON HA EREZIONE OPPURE NON RIESCA A COMPENETRARE LA FEMMINA NELL’ORIFIZIO GIUSTO VIENE INESORABILMENTE BOCCIATO ED ESPULSO DALL’I.I.D.F. […] Premio di consolazione per i bocciati: uno stronzetto d’oro (falso naturalmente) da appuntare all’occhiello quale distintivo.

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Tra frecciate rabbiose alle religioni, alla Democrazia Cristiana e alla scienza, citazioni farlocche di Napoleone Bonaparte e del generale Cambronne, e virulenti aforismi, Cosmaj costruisce dei testi pirotecnici che avrebbero fatto la felicità di Queneau o di Umberto Eco.
Ancora sulla T.A.F.:

L’UOMO però imbecille come sempre, che si sente orgoglioso ed evoluto solo perché è riuscito a sbarcare sulla luna, mentre gli UFO sono ogni giorno di più una realtà e poi perché è riuscito a costruire una bomba (termonucleare) con la quale autodistruggersi, e poi perché è furbo a non finire, è riuscito a crearsi un DIO dentro il quale e per mezzo del quale giustificare tutti i misteri della natura e nascondere tutte le proprie capacità, miserie e limiti che non vuole riconoscersi per paura di perdere di dignità (anziché di trovarla) DOPO 2000 ANNI dal giorno in cui cominciò a misurare la propria esistenza, questa tecnica ancora ignora! PER I PAZZI ovviamente è più importante e più glorioso escogitare il sistema per autodistruggersi piuttosto che quello di vivere bene, armonicamente ed equilibratamente! […] L’UOMO CHE NON SA COMPIERE L’AMPLESSO (O MEGLIO TAFFARE) NUDO MENTRE GLI ALTRI LO OSSERVANO È UN UOMO CHE HA VERGOGNA DELLE PROPRIE AZIONI: Insomma NON È UN UOMO, MA UNA MERDA! (E per la donna vale lo stesso!)

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Ora, leggendo queste righe, la domanda sorge spontanea: Cosmaj ci era o ci faceva?
A prima vista tutta la questione dell’emoscambio sembra infatti un’elaborata burla, un esercizio di patafisica. Purtroppo Vito Cosmaj è morto nella prima metà degli anni ’90, e a parte il flano pubblicitario non rimangono altri indizi per conoscere qualcosa di più della sua visione. L’unica pista da seguire è trovare chi l’ha conosciuto di persona.

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L’abbiamo fatto, chiedendo qualche delucidazione a un altro personaggio particolarmente colorito: Gian Paolo Vanoli, che si autodefinisce “Sovrano Individuale” e “Giornalista Investigativo specializzato in Sanità da 40 anni”. Gestore di un sito di medicina alternativa e recentemente al centro di polemiche a causa delle controverse dichiarazioni rilasciate a Vice e rimbalzate sui siti internazionali, Vanoli bazzica da sempre tutto il variegato sottobosco di teorie sanitarie non convenzionali ed è strenuo sostenitore delle virtù terapeutiche derivanti dal bere la propria urina. Ma quello che ci interessa qui è la sua relazione con Vito Cosmaj, che Vanoli ha conosciuto e della cui assoluta serietà riguardo all’emoscambio si dice convinto. Secondo Vanoli, il fulcro di tutto il pensiero di Cosmaj era proprio la trasfusione di sangue a fini salutistici.

Ci scrive Vanoli: “L’ho conosciuto incontrandolo solo una volta nella quale abbiamo parlato della sua teoria e mi sono convinto che la praticava personalmente con altri. Infatti gli avevo detto di fare molta attenzione perché con lo scambio del sangue si importano le tossine ed il DNA alterato dei donatori e quindi possibili malattie e morte prematura… cosa che si è realizzata in lui.
NON ricordo di cosa vivesse, perché sono passati molti anni.
NON era una burla, la praticava regolarmente ogni tanto.
Per me è una pratica antica, ma NON salubre, quindi non sono d’accordo nel propagandarla.

Il dubbio, però, resta. Sia che praticasse davvero delle pericolose trasfusioni, sia che la sua bizzarra propaganda nascondesse in realtà un progetto artistico o che il buon Cosmaj fosse semplicemente un po’ fuori di testa, le sue tracce sono ormai svanite. Anche le innumerevoli, gigantesche scritte che personalmente disegnava sulle superstrade o sugli edifici abbandonati stanno scomparendo a poco a poco, e con esse sparisce anche un folle e affascinante segreto.

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Ringraziamo il nostro lettore Silvio per averci segnalato questa pagina web, che ha iniziato le ricerche sull’emoscambio, e in particolare l’utente David che nella sezione dei commenti proprio su quella pagina ha approfondito la questione.

AGGIORNAMENTI

La questione dell’Emoscambio evidentemente appassiona i lettori. Nella sezione dei commenti sono spuntati alcuni aneddoti affascinanti, e ogni tanto qualcuno mi contatta con qualche nuovo tassello.

  • Solidea segnala che negli elenchi dei gettoni di necessità (“che circolavano anche negli anni 60/70, quando la Zecca dello Stato non riusciva a soddisfare le esigenze crescenti del conio di moneta […], vere e proprie pubblicità a pagamento“) si trova questo gettone relativo al periodo 1970-1980, altro tentativo promozionale per l’Emoscambio.

  • L’archivio Waybackmachine ha “salvato” per la consultazione il vecchio sito web dell’Emoscambio (segnalato da Gianmaria Rizzardi).
  • Il lettore Paolo ML ha invece trovato una curiosità all’interno del settimanale ABC (forse il n. 31 dell’agosto 1972,  la copertina è rovinata). Nella rubrica Risposte in breve, la corrispondente del giornale replica con ammirevole aplomb a una missiva inviatale dalla “Confraternita degli Emodinamisti” che evidentemente, oltre ad averle spedito un volantino, l’aveva anche apostrofata con un poco gentile epiteto — in puro stile Cosmaj.

Il cranio di Cartesio

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Réné Descartes è riconosciuto come uno dei massimi filosofi mai esistiti, il cui pensiero si propose come spartiacque, gettando le basi per il razionalismo occidentale e facendo tabula rasa della logica tradizionale precedente; secondo Hegel, tutta la filosofia moderna nasce con lui: “qui possiamo dire d’essere a casa e, come il marinaio dopo un lungo errare, possiamo infine gridare “Terra!”. Cartesius segna un nuovo inizio in tutti i campi. Il pensare, il filosofare, il pensiero e la cultura moderna della ragione cominciano con lui.

Il filosofo francese pose il dubbio come base di qualsiasi ricerca onesta della verità. Epistemologo scettico nei confronti dei sensi ingannevoli, perfino della matematica, della materialità del corpo o di quelle realtà che ci sembrano più assodate, Cartesio si chiese: di cosa possiamo veramente essere sicuri, in questo mondo? Ecco allora che arrivò al primo, essenziale risultato, il vero e proprio “mattone” per porre le fondamenta del pensiero: se dubito della realtà, l’unica cosa certa è che io esisto, vale a dire che c’è almeno qualcosa che dubita. Il mio corpo potrà anche essere un’illusione, ma l’intuito mi dice che quella “cosa che pensa” (res cogitans) c’è davvero, altrimenti non esisterebbe nemmeno il pensiero. Questo concetto, espresso nella celebre formula cogito ergo sum, dà l’avvio alla sua ricognizione della realtà del mondo.

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I ritratti di Cartesio giunti fino a noi mostrano tutti lo stesso volto, fra il solenne e il beffardo, dallo sguardo penetrante e sicuro: dietro quegli occhi, si potrebbe dire, riposa il fondamento stesso del pensiero, della scienza, della cultura moderna. Ma la sorte beffarda volle che il cranio di Cartesio, lo scrigno che aveva contenuto le idee di quest’uomo straordinario, l’involucro di quel cogito che dà certezza all’esistenza, conoscesse un lungo periodo di vicissitudini.

Nel 1649 Cartesio, già celebre, accettò l’invito di Cristina di Svezia e si trasferì a Stoccolma per farle da precettore: la regina, infatti, desiderava studiare la filosofia cartesiana direttamente alla fonte, dall’autore stesso. Ma gli orari delle lezioni, fissate in prima mattinata, costrinsero Cartesio ad esporsi al rigido clima svedese e, a meno di un anno dal suo arrivo a Stoccolma, Cartesio si ammalò di polmonite e morì.

Il suo corpo venne inumato in un cimitero protestante alla periferia della capitale. Nel 1666, la salma fu riesumata per essere riconsegnata alla cattolica Francia, che ne rivendicava il possesso. Le spoglie, arrivate a Parigi, vennero sepolte nella chiesa di Sainte-Geneviève per poi essere ulteriormente traslate nel Museo dei monumenti funebri francesi. Lì rimasero per tutto il tumultuoso periodo della Rivoluzione. Allo smantellamento della collezione, nel 1819, i resti di Cartesio vennero portati nella loro sede definitiva, nella chiesa di Saint-Germain-des-Prés, dove riposano tuttora. Ma c’era un problema.

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Durante la terza riesumazione, di fronte ai luminari dell’Accademia delle Scienze, si aprì la bara e le ossa dello scheletro tornarono alla luce: ci si accorse subito, però, che qualcosa non andava. Il teschio di Cartesio mancava all’appello. Da chi e quando era stato sottratto?

Una volta annunciato lo scandalo del furto, cominciarono a spuntare in tutta Europa teschi o frammenti di cranio attribuiti al grande filosofo.

La quantità di reperti scatenò feroci controversie: come potevano esistere più teschi, e così tanti frammenti, di una stessa persona? Ironia del destino: il dubbio, che era stato alla base del Discorso su metodo di Descartes, veniva a intaccare i suoi stessi resti mortali.

(A. Zanchetta, Frenologia della vanitas, 2011)

Si venne a scoprire che già all’epoca della prima esumazione, nel 1666, il teschio era stato probabilmente sostituito con un altro; ma nel 1819 si era volatilizzato perfino il cranio posticcio. Oltre ai due teschi, fu possibile verificare che anche altre ossa erano state sottratte, per essere tramandate per oltre tre secoli in chissà quali ambiti privati.

E il teschio originale? Sarebbe rimasto per sempre ad adornare la sconosciuta scrivania di qualche facoltoso dilettante filosofo?
Dopo essere passato per decenni fra le mani di professori, mercanti, militari, vescovi e funzionari governativi, il cranio di Cartesio riemerse infine in un’asta pubblica in Svezia, dove venne acquistato e rispedito in dono alla Francia.

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Era piccolo, liscio, sorprendentemente leggero. Il colore non era uniforme: in alcuni punti era stato sfregato fino a uno splendore perlaceo mentre in altri punti c’era una spessa patina di sporco, ma perlopiù aveva l’aspetto di una vecchia pergamena. E in effetti si trattava di un oggetto che aveva molte storie da raccontare, in senso non solo figurato ma anche letterale. Più di due secoli fa qualcuno gli aveva scritto sulla calotta una pomposa poesia in latino, le cui lettere sbiadite erano ora di un marrone annerito. Un’altra iscrizione, proprio sulla fronte, accennava oscuramente – e in svedese – a un furto. Sui lati si vedevano vagamente i fitti scarabocchi delle firme di tre degli uomini che l’avevano posseduto.

(R. Shorto, Le ossa di Cartesio, 2009)

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Il teschio venne dato in consegna al Musée de l’Homme a Parigi, dove è conservato tutt’oggi.
Sulla sua fronte si può leggere l’iscrizione apposta dal responsabile della sottrazione originaria: “Il teschio di Descartes, preso da J. Fr. Planström, nell’anno 1666, all’epoca in cui il corpo stava per essere restituito alla Francia“.

Ancora oggi, paradossalmente, il cranio dell’iniziatore del pensiero razionale conserva tutto l’irrazionale fascino di una sacra reliquia.

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