Un incontro improbabile

1958, Grenoble, Francia. I coniugi Roussimouff erano due contadini; Boris proveniva dalla Bulgaria e sua moglie Mariann dalla Polonia. La loro vita scorreva placida seguendo il ritmo del lavoro nei campi, finché divenne chiaro che il loro figlio aveva un problema: la sua crescita era abnorme ed evidentemente patologica, tanto che a 12 anni pesava 110 kg, ed era alto 190,5 cm. La sua stazza era dovuta a una secrezione eccessiva di ormone della crescita, che causa il gigantismo nei bambini e l’acromegalia negli adulti.
Ben presto per il ragazzo divenne impossibile salire sul piccolo autobus che faceva il giro delle fattorie, raccogliendo gli alunni e portandoli fino a scuola. L’unico modo per garantire che loro figlio ricevesse un’istruzione sarebbe stato acquistare un’automobile capace di reggere il suo peso per accompagnarlo alle lezioni; sfortunatamente i Roussimouff non avevano i soldi necessari.

Cinque anni prima, però, un irlandese aveva acquistato un terreno vicino alla loro fattoria. Boris Roussimouff gli aveva dato una mano nella costruzione del cottage, e da allora erano rimasti in buoni rapporti. Venuto a sapere dei problemi del ragazzo ad arrivare a scuola, l’irlandese si offrì di accompagnarlo con il suo pickup. Così, ogni mattina il gigantesco ragazzo e il vicino di casa percorrevano assieme il tragitto verso l’edificio scolastico.

Questa potrebbe non sembrare una storia tanto straordinaria, se non fosse per l’identità dei due protagonisti. L’irlandese alla guida del furgoncino non era altri che Samuel Beckett:all’epoca aveva già scritto Aspettando Godot, Finale di partita e L’ultimo nastro di Krapp e dieci anni dopo sarebbe stato insignito del Premio Nobel per la Letteratura. Il ragazzo dodicenne che viaggiava con lui, invece, avrebbe raggiunto una fama di tutt’altro tenore, diventando un idolo per milioni di bambini con il nome di scena di André The Giant.

Icona del wrestling dagli anni ’70 fino alla sua scomparsa nel 1993, André The Giant resta tuttora uno dei lottatori più riconoscibili e amati. Gigante gentile e di buon cuore con i bambini, ma terribile avversario sul ring, è ricordato da tutti i colleghi con affetto e simpatia. Hulk Hogan, nonostante sia stato protagonista con André di alcuni fra i più celebri feud (ossia le “faide” fra lottatori, appositamente sceneggiate e concordate per dare un contesto narrativo agli incontri), ha sempre mostrato nelle varie interviste una stima e un rispetto profondi per il gigante francese. Nella  vita di André, ha spesso ricordato Hogan, niente era comodo o scontato; non c’erano forchette o coltelli della sua misura, e i viaggi in aereo erano un incubo di ore e ore: durante il volo, il gigante doveva rimanere con la testa piegata per non toccare il soffitto, e il bagno era per lui inaccessibile a causa della sua stazza. Nonostante i problemi che l’acromegalia comportava, André era famoso per la sua generosità e la conviviale allegria. Poteva mangiare 12 bistecche e 15 aragoste, bevendo fino a 150 birre in una sola sera, soltanto per divertire i suoi ospiti.

Di cosa avranno parlato nel 1958, in quel furgoncino, questi due uomini straordinari — “l’Ottava Meraviglia del Mondo” e Samuel Beckett? Secondo André The Giant, discutevano semplicemente di cricket, disciplina sportiva nella quale il grande scrittore aveva eccelso da ragazzo.

D’altronde la storia non è avara di incontri così inverosimili, in cui strade e vite diversissime fra loro si incrociano per puro caso. Ad esempio, quando era un giovane studente fra la Germania e l’Austria, Orson Welles accompagnò un insegnante ad un raduno politico vicino a Innsbruck. Si trattava di un partito di minoranza, piuttosto comico nella follia del suo programma, a cui nessuno dava grande credito. L’insegnante riuscì a guadagnare un posto, per sé e per l’adolescente Welles, al tavolo del leader del partito.

L’uomo che sedeva di fianco a me — ricorderà Welles nel 1970, intervistato durante il Dick Cavett Show — era Hitler, e mi impressionò talmente poco che non riesco a ricordare nemmeno un secondo di conversazione. Non aveva assolutamente nessuna personalità. Era invisibile“.

AGGIORNAMENTO! Il lettore Gianmaria mi segnala questo articolo di fact-checking su Snopes, da cui emerge che la storia qui sopra è in buona parte frutto di elaborazioni successive. 🙁

Gli scorticati di Fragonard

La città di Grasse, in Provenza, già considerata la capitale mondiale dei profumi, divenne celebre nel XVIII secolo per aver dato i natali al famoso pittore rococò Jean Fragonard (una delle tre maggiori profumerie locali è oggi chiamata Fragonard in suo onore). Pochi però conoscono la storia del cugino di questo celebre pittore, che divenne rinomato per motivi completamente diversi.

Honoré Fragonard, classe 1732, laureato in chirurgia, nel 1762 incontra l’uomo che farà svoltare la sua carriera. Si tratta di Claude Bourgelat, stalliere di corte di Luigi XV e fondatore a Lione della prima Scuola Veterinaria al mondo. Questo eminente studioso di cavalli era il più grande esperto in materia, e aveva già pubblicato diversi trattati ritenuti eccellenti. Si era però convinto che, per comprendere a fondo questi splendidi animali, avrebbe dovuto studiarne l’anatomia fin nei minimi dettagli. Recluta quindi Fragonard affinché esegua per lui alcune dissezioni sui cadaveri di cavalli. In breve tempo, Bourgelat nomina Fragonard docente di anatomia alla sua Scuola Veterinaria, e in seguito direttore. Qui Fragonard comincia a realizzare le sue prime preparazioni anatomiche, ma è con l’apertura di una seconda scuola a Parigi che Fragonard, nuovamente nominato direttore e professore, può dedicarsi alla sua arte in modo più continuativo.

Honoré Fragonard realizza a Parigi migliaia di preparati anatomici veterinari e umani; ma è con la serie degli écorchés (gli scorticati) che impressiona non soltanto il mondo accademico ma anche l’aristocrazia, che comincia a comprare i suoi pezzi per inserirli nelle diverse camere delle curiosità in giro per l’Europa. In effetti i suoi “scorticati” sono dei preparati davvero unici e mozzafiato.

Si tratta di cadaveri sezionati e imbalsamati secondo una ricetta segretissima: i corpi vengono aperti e fissati da Fragonard con un misterioso fluido, in modo da permettere di scorgere tutti i vari strati di muscolatura superficiale e profonda, i tendini, l’apparato vascolare e circolatorio. Fragonard non si accontenta del risultato scientifico, e riesce a donare ai suoi corpi pose artistiche ispirate a quadri e miti celebri. L’homme à la mandibule (“L’uomo con la mandibola”), ad esempio, si rifà all’episodio di Sansone che combatte i Filistei: la posa minacciosa e lo sguardo allucinato e folle rendono il cadavere scorticato minaccioso e drammatico.

Fragonard realizza anche delle celebri composizioni incentrare sull’equitazione; per spingersi ancora oltre nel risultato sconcertante, attornia il suo Cavaliere dell’Apocalisse di una piccola “armata” di cadaveri di feti umani che cavalcano feti di cavallo (oggi andati perduti).

Le cose, però, non vanno bene tra lui e il suo mentore, Bourgelat. Voci di corridoio cominciano a insistere sul fatto che quest’ultimo debba gran parte della sua fama alle dissezioni di Fragonard. Dall’altra parte, si sussurra che uno dei più celebri “cavalieri” di Fragonard fosse in realtà il cadavere di una giovane fanciulla di cui l’anatomista era innamorato, che egli avrebbe disseppellito e “fissato” in una preparazione anatomica per averla sempre con sé. Fra pettegolezzi e litigate, l’inimicizia tra i due diviene sempre più acre, finché nel 1771 Bourgelat licenzia Fragonard, con l’accusa di essere divenuto folle.

Honoré continua quindi a seccare e preparare cadaveri per le collezioni private degli aristocratici, e negli ultimi anni di vita accarezza il sogno di riunire tutti i suoi vecchi pezzi in uno sterminato Gabinetto di Anatomia. Ma il progetto fallisce, e i suoi preparati si disperdono in giro per l’Europa. Affranto e disilluso, Fragonard si spegne a Charenton nel 1799.

Delle svariate decine di scorticati da lui fabbricati, e per la maggior parte distrutti durante la Rivoluzione Francese, ce ne restano soltanto 21. Il numero maggiore di pezzi si trova al Musée Fragonard di Maison-Alfort, a 3 km da Parigi. Ciò che rimane ancora in parte sconosciuto è il metodo con cui Fragonard fu capace di creare simili opere. L’unico dato certo è che, nella miscela da lui creata per fissare i tessuti vascolarizzati, non faceva uso di cera fusa (che avrebbe distrutto i vasi sanguigni con il suo calore) ma di sego di montone, che fonde a temperature più basse e che poteva essere iniettato senza scaldare troppo il corpo. Pare inoltre che le particolari vernici utilizzate per seccare i cadaveri fungessero anche da repellente per parassiti, garantendo una straordinaria tenuta nel tempo.

E, in caso ve lo foste chiesti, un’attenta analisi ha rivelato le vestigia di un pene legato all’interno del bacino del “Cavaliere dell’Apocalisse”. Con buona pace dei romantici, il misterioso Cavaliere non era dunque una ragazzina, il perduto amore di Fragonard, come da secoli esigeva la leggenda.