Matthias Buchinger

Quante volte, infervorati di fronte a una birra, abbiamo discusso appassionatamente sull’annoso quesito: meglio i Beatles o i Rolling Stones?
Sono le classiche domande che non possono avere risposta, buone però per confrontarsi e scandagliare pregi e difetti degli artisti che più ci entusiasmano.
Ora, trasportate questa conversazione all’interno di un circolo di Magia. Possiamo immaginare gli aspiranti novelli Houdini confrontarsi, con la stessa passione, sull’equivalente disputa relativa alla loro professione – in un’infinita, giocosa battaglia di opinioni su chi sia stato “l’illusionista più grande di tutti i tempi”.

Nel caso specifico, non saremo certo noi profani ad azzardare una presa di posizione definitiva. Però possiamo raccontarvi l’incredibile storia dell’illusionista più diversamente meraviglioso che sia mai vissuto: Matthias Buchinger.

Buchinger

Nato ad Ansbach, un paesino della Bavaria, il 3 giugno del 1674, Matthias era il più giovane di nove fratelli in una famiglia di modesta estrazione. Divenne ben presto un uomo dai molti interessi, e un artista dalle raffinate tecniche calligrafiche, incisorie e di disegno.
Eccelleva anche nella musica, suonando da virtuoso una grande varietà di strumenti, alcuni da lui stesso inventati. Come non bastasse, era anche mago di grande talento, sempre pronto a stupire il suo pubblico con abili giochi di prestigiazione.

Che un solo uomo fosse capace di tante straordinarie qualità potrebbe sorprendervi, ma in definitiva non sembrarvi impossibile.
Ma c’è un piccolo dettaglio, omesso nelle righe precedenti.
Matthias Buchinger era nato senza braccia né gambe.

V0007015ER Matthias Buchinger, a phocomelic. Stipple engraving.

V0007016ER Matthias Buchinger, a phocomelic. Etching by G. Scott, 1804.

La prima volta che il pubblico sentì parlare di Matthias Buchinger fu alla corte di Giorgio I: sbarcato in Inghilterra, proveniente da Hanover, il suo progetto era quello di trovare nel Re un mecenate che lo sostenesse – anche soltanto con una piccola pensione, che gli assicurasse almeno di non doversi mai esibire su palcoscenici meno onorevoli del livello a cui sapeva di poter ambire. Ben deciso dunque a fare un’ottima impressione, sorprendendo il Re con le sue doti musicali, Matthias si presentò al cospetto del sovrano.

Alto 71 centimetri, privo di gambe, Matthias era dotato di due abbozzi di braccia che terminavano in moncherini arrotondati, tipici della focomelia. Questo non gli impedì di prodursi in un complesso tema musicale eseguito su uno strumento di sua creazione (una sorta di flauto), che suonò con grande abilità.
Purtroppo, per quanto positivamente colpito, Sua Maestà si limitò a inviargli in dono venti guinee. Per Matthias, la speranza d’essere accolto a corte e ottenere il patrocinio reale svanì di colpo.

V0007015EL Matthias Buchinger, a phocomelic. Etching.

Buchinger cominciò quindi a viaggiare, spostandosi in Irlanda, con il nome di scena di “Meraviglioso Piccolo Uomo di Norimberga“. Si esibì a Dublino, al Crown and Anchor di Sycamore Alley, nel 1720; nel 1722 tenne alcuni spettacoli a Belfast, e nel 1737 ancora a Dublino. Durante questi suoi show, Matthias eseguiva diversi numeri di destrezza, come ad esempio giocare ai birilli, mescolare e distribuire un mazzo di carte in men che non si dica, infilare con precisione il filo nella cruna di un ago o dimostrare la sua infallibile mira con il moschetto; ma erano le sue doti di illusionista che lasciavano il pubblico a bocca aperta. Faceva sparire le classiche palline sotto le tazze, apparire colombe dal nulla, e proponeva tutta la consueta varietà di giochi di prestigio che necessitano di grande esercizio e manualità – anche per un mago effettivamente provvisto di mani.

V0007014 Matthias Buchinger, a phocomelic, with thirteen scenes repre

Raffigurazione dei giochi proposti da Buchinger nei suoi spettacoli.

Se sulla scena si sbizzarriva suonando l’oboe, il dulcimer, la tromba, il flauto, la cornamusa ed altri strumenti che costruiva da solo, nel suo tempo libero Buchinger non smetteva di sfidare la sua condizione, coltivando hobby di precisione. Amava costruire navi nelle bottiglie, o addirittura veri e propri diorami. Quella nella foto successiva, da lui creata nel 1719, è la più antica delle cosiddette mining bottles e rappresenta una miniera a due piani, con i lavoratori impegnati nell’estrazione sotto il livello del suolo e gli addetti all’argano per caricare i materiali in superficie. Si riconosce anche un uomo che affila un palo con un’ascia.

buchinger1

buchinger3

Abbiamo già accennato alla sua abilità incisoria: grazie a penne, scalpelli e pennini da lui modificati e adattati alle sue rudimentali appendici, era in grado di disegnare con la sicurezza di un vero artista. In un’occasione, di fronte ad un lord, in pochi minuti tracciò su un foglio una perfetta riproduzione dello stemma araldico della città. Realizzava anche dei minuziosi ed elaboratissimi autoritratti. Fra quelli autografi che ci rimangono, spicca quello sottostante: la folta chioma di capelli, ad un attento esame, si scopre essere composta da sette Salmi e dal Padre Nostro, scritti in microcalligrafia.

Matthewbuchinger

Lordsprayercurls

Frontespizio per una Bibbia realizzato da Buchinger.

Frontespizio per una Bibbia realizzato da Buchinger.

Un altro suo hobby erano evidentemente le belle donne. Uomo di gran vigore, energia e fascinoso carisma, si sposò tre volte, quattro secondo altre fonti. Ebbe quindici figli, e si divertiva a disegnare il suo albero genealogico raffigurando se stesso come il tronco, le mogli come rami e i suoi numerosi figli come frutti appesi.
Ben presto la sua fama di donnaiolo divenne proverbiale: si diceva che avesse avuto figli illegittimi da una settantina di amanti. La sua prima moglie, gelosa, cominciò a spazientirsi, e prese ad alzare le mani sull’invalido, all’apparenza indifeso, ogni volta che egli allungava troppo gli occhi in direzione di qualche prosperosa fanciulla. Un famoso aneddoto racconta che, all’ennesima sberla ricevuta in pubblico dalla consorte, Matthias non ci vide più: reagì saltando sulla donna, facendola cadere sul selciato della strada, e la coprì con una gragnuola di terribili colpi sferrati con i suoi moncherini. Il giorno dopo le vignette satiriche dei giornali erano tutte immancabilmente incentrate su quella bizzarra zuffa matrimoniale.
Le sue performance virili divennero talmente mitizzate che, persino a quarant’anni dalla sua morte, in Inghilterra era ancora diffusa l’espressione “stivale di Buchinger” per indicare la vagina – alludendo al fatto che il pene di Matthias era il suo unico “piede”.

A notice advertising himself by Matthias Buchinger

Flano promozionale realizzato da Buchinger per pubblicizzare il suo arrivo in città.

Al di là dell’inevitabile colore folkloristico delle storie che lo circondano, quello che sappiamo è che Matthias Buchinger condusse una vita piena ed eccitante, in seno a quell’alta società che i suoi famigliari bavaresi non potevano nemmeno sognare di raggiungere, esibendosi nei suoi giochi di prestigio per tre successivi Imperatori di Germania, per la gran parte dei Re e dei Principi d’Europa e tre volte per Giorgio I di Gran Bretagna. Molte personalità di spicco divennero nel tempo suoi patroni, come ad esempio il Dr. Peter Brown, rettore dell’illustre Trinity College.
Un certo Francis Smith, studente all’Università di Dublino, divenne suo amico, e la sua testimonianza ci restituisce il ritratto più intimo che abbiamo di Buchinger: quello di un uomo dall’intelligenza vispa e sempre attiva, dotato di grande ironia anche nei confronti della sua condizione. Se raccontava che da bambino la sua famiglia lo teneva nascosto, vergognandosi della sua deformità, aggiungeva sempre che più tardi tentò di avviarlo alla carriera di sarto: ma, scherzava Matthias, i suoi genitori “dovettero abbandonare il piano, perché non riuscivano a trovare un posto dove infilare il ditale”.

Buchinger non arretrava nemmeno di fronte all’idea che il suo corpo venisse sezionato e studiato dopo la morte, anzi invitò Smith a reclamare il cadavere per donarlo alla Scuola di Anatomia, nel caso fosse deceduto a Dublino. Quando morì davvero, nel 1740 a Cork, fu il Dr. Barry ad ottenere il suo corpo, e per un certo periodo il suo scheletro venne conservato in quella città.

(Grazie, Andrea!)

Robert Liston

amputation

L’uomo, sudato e terrorizzato, non smette di lamentarsi per il dolore, mentre due energumeni lo tengono fermo sul tavolo operatorio. Dalle gallerie superiori, gli studenti di medicina si sporgono per vedere meglio: la gamba del paziente è spezzata, l’osso esposto e la ferita in suppurazione. Di colpo, con grande fracasso, si aprono le porte del teatro anatomico ed entra il chirurgo. Indossa un grembiule di cuoio reso ormai rigido dalla quantità di sangue che l’ha intriso negli anni – un indumento che è uno status symbol perché dimostra l’esperienza di chi lo porta, ed induce rispetto e reverenza, in quegli anni in cui di “sterilità” e “germi” non si è ancora sentito parlare.
Il chirurgo si dirige velocemente al tavolo, impugna un enorme coltello e si rivolge al pubblico: “Cronometratemi, signori – chiede con voce stentorea e teatrale – cronometratemi!”. Gli studenti tirano fuori tutti assieme i loro orologi da tasca.

Di colpo il coltello affonda nel polpaccio dell’uomo, che urla come un forsennato, mentre il chirurgo taglia velocemente la sua carne. Il dottore in pochi secondi ha esposto la tibia, per non perdere tempo serra il coltello insanguinato fra i denti, e con la destra afferra una grossa sega con cui comincia a lavorare sull’osso, mentre il terribile rumore riecheggia, assieme alle grida del paziente, nel teatro ovale. Dopo un po’ di avanti e indietro con la sega, la gamba si stacca. Il chirurgo la butta in un secchio colmo di segatura, e comincia immediatamente a ricucire la ferita. Appena taglia l’ultimo filo, scatta l’applauso e si controllano gli orologi: l’operazione è durata soltanto due minuti e mezzo.

Forse pensate che questa scena sia frutto di fantasia, e che quel chirurgo sia un macellaio. Invece il suo nome è Robert Liston (1794-1847), ed è stato uno dei più importanti medici mai esistiti.

Robert_Liston
Fra il ‘700 e l’800 la medicina moderna era ancora agli albori, non esistevano misure sanitarie sicure e la mortalità dei pazienti, per forza di cose, era altissima. In questo quadro, la rapidità dell’operazione chirurgica era di vitale importanza: perdere anche soltanto qualche secondo poteva significare condannare il paziente a morte certa per emorragia (oltre che prolungare il suo dolore, visto che non c’era anestesia). Certo, le condizioni igieniche fuori e dentro la sala operatoria erano tali che il poveretto sarebbe quasi certamente morto qualche giorno dopo di cancrena o varie infezioni. Ma almeno aveva qualche possibilità in più.

amputation_bourgery_small
Liston era uno dei chirurghi più veloci dei suoi tempi. Secondo alcune fonti era riuscito a rimuovere un arto in 28 secondi, un’impresa eccezionale, tanto che i testimoni raccontavano che passare dal coltello alla sega era per lui questione di un unico, armonico movimento. Certo, questa sua rapidità non poteva essere sempre associata alla precisione e talvolta Liston si rese protagonista di alcuni clamorosi errori. Una volta amputò una gamba in due minuti e mezzo, ma nell’entusiasmo asportò anche i testicoli del paziente.

28w15d1
Ma forse il più famigerato incidente avvenne durante un’operazione nella quale per sbaglio, nell’agitare il coltello, recise le dita al suo assistente, e tagliò attraverso il vestito di un distinto spettatore: anche se non era stato ferito, quest’ultimo ebbe un infarto dallo spavento e crollò morto; l’assistente e il paziente morirono in seguito di cancrena. Questa incredibile tragedia è passata alla storia come l’unica operazione chirurgica che abbia mai avuto una mortalità del 300%.

Per ridimensionare questo ritratto che rischia di apparire caricaturale, ricordiamo però che soltanto uno su dieci dei pazienti di Liston morirono sul tavolo operatorio, quando la media dell’epoca era di uno su quattro. Medici meno esperti e veloci di lui rischiavano di rendere il dolore davvero insopportabile per il paziente, che spesso lottava e non di rado si liberava dalla stretta dei medici e scappava a metà dell’operazione.

Robert Liston
Nonostante la teatralità delle sue operazioni, Liston ci viene descritto come severo ma eticamente irreprensibile, “immancabilmente caritatevole verso i poveri e gentile con i malati”, tanto da attirarsi le ire dei suoi colleghi della Edinburgh Royal Infirmery perché si permetteva di operare quei pazienti che loro avevano giudicato senza speranza. Lo osteggiarono e lo fecero addirittura trasferire, ma questo si rivelò la sua fortuna, poiché ottenne l’invidiabile posto di professore di chirurgia allo University College Hospital.

Amputation instruments atlas 2
Al di là dei tratti più coloriti e grotteschi, però, l’importanza di Liston non si limita ai record di tempestività. Inventò alcuni strumenti chirurgici, tra cui alcuni forcipi ancora in uso oggi, scrisse diversi saggi fondamentali, ma soprattutto fu il protagonista della prima, epocale anestesia praticata in Europa. Nel 1846, un anno prima della sua morte, Liston entrò nella sala dove sarebbe stato operato un certo Frederick Churchill, e invece di gridare il suo usuale “cronometratemi, signori!”, disse: “Oggi proveremo un nuovo stratagemma Yankee per rendere gli uomini insensibili”. Il suo collega, il dottor William Squire, mise un tubo sulla bocca di Churchill in modo che potesse respirare l’etere, e lo addormentò. Liston operò il ginocchio dell’uomo in soli 25 secondi. Quando Churchill si svegliò, a quanto si racconta, chiese al dottore quando sarebbe cominciata l’operazione, provocando l’ilarità e lo stupore generale.

L’etere verrà sostituito, nel corso del ‘900, con sostanze dagli effetti collaterali meno nocivi; ma l’episodio testimonia la dedizione al lavoro e la lungimiranza di Liston, disposto per primo in Europa a sperimentare proprio quella nuova tecnica che avrebbe reso la sua famosa destrezza meno essenziale e, in definitiva, sorpassata.

Ecco la voce di Wikipedia (in inglese) su Robert Liston.

Il pappagallo nudo

Oscar è un pappagallo femmina della specie Cacatoa, con un piccolo problema: è affetta da una rara e contagiosa sindrome, cosicché ogni penna che nasce sul suo corpo la irrita, e la estirpa con il suo becco.

Oscar è, quindi, completamente nuda se si eccettuano alcune penne sul capo che non riesce a raggiungere con il suo becco. I veterinari le avevano dato 6 mesi di vita, ma nonostante tutto Oscar è in piena forma da 13 anni. Sa imitare Mick Jagger alla perfezione, e assicura ai volontari dell’associazione che lo ospita un quotidiano spettacolo.

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=YgNpkfKRQ-k&feature=player_embedded]

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=kvZbGUNU_s8&feature=player_embedded#]