Joan Cornellà

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Joan Cornellà, al secolo Renato Valdivieso, è un giovane disegnatore spagnolo nato a Barcellona nel 1981. Si tratta forse del fumettista più seguito sul web, dove ogni sua nuova tavola diventa immediatamente virale, e la cui pagina Facebook conta quasi un milione e mezzo di iscritti.
Il segreto del suo successo internazionale è dovuto senza dubbio alla vivacità dei colori delle sue strisce, all’assenza di dialoghi che rendono possibile una fruizione senza barriere linguistiche, e al tratto semplice e preciso, da illustrazione per l’infanzia. Ma i fumetti di Cornellà sono tutto fuorché disegni per bambini.

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Sei vignette compongono quasi ogni tavola dell’artista spagnolo: la mini-storia ci trasporta in un mondo fatto di onnipresenti sorrisi di plastica, all’apparenza spensierato e idilliaco ma che nasconde invece una terribile crudeltà. Nel personale Grand Guignol di Cornellà la violenza è pronta a scoppiare all’improvviso, senza causare alcuna sorpresa nei personaggi, quasi fosse sistemica e connaturata al mondo stesso; allo stesso modo sembrano essere accettate senza battere ciglio deformità, perversioni, e strane irruzioni dell’assurdo in contesti quotidiani.

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I corpi sono plastici e deformabili, sezionabili e ricomponibili all’infinito, nella più pura tradizione splatter: eppure il perturbante arriva al lettore anche attraverso altre strade, come ad esempio un repentino avvicinarsi in primo piano ai personaggi dallo sguardo vuoto, quasi a cercare una minima espressione umana, una reazione all’orrore che però non arriverà mai.

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Da buon moderno surrealista, Cornellà insiste sui tabù borghesi (le reazioni fisiologiche, il sangue, il sesso, la merda, e via dicendo) ma li contamina con un linguaggio che si fa satira della cultura consumistica e del buonismo imperante. Le reazioni dei suoi personaggi sono di volta in volta incomprensibili, o sfasate rispetto al contesto, perché anche nella più drammatica delle situazioni essi sembrano comportarsi come all’interno di una pubblicità per dentifricio o di uno show televisivo: il loro posticcio sorriso rimane imperturbabile, anche quando la realtà è divenuta un incubo. L’imperativo è credere ai colori disneyani, al “migliore dei mondi possibili”, obbligati a una perpetua e idiota felicità.

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Fra omicidi, pedofilia serpeggiante, catastrofi e orrori assortiti, tutti affrontati con un taglio sardonico e con una buona dose di humor nero, lo sguardo del lettore è tenuto in scacco da continui e repentini cambi di prospettiva; la sorpresa finale spesso strappa una risata, ma la sensazione di spaesamento è talmente forte da interrogarci su quello che abbiamo visto. Spesso si torna indietro, e si rileggono le sei vignette dal principio, quasi si trattasse di un enigma da risolvere: e invece, insiste Cornellà, non c’è nulla da capire o interpretare. È così che vanno le cose, almeno nel suo mondo.

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Ecco il sito ufficiale di Joan Cornellà, il suo blog e la sua pagina Facebook.

Battesimi pericolosi

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Castrillo de Murcia è un piccolo borgo di 500 anime nella provincia di Burgos, nella Spagna del Nord. Il paesino è sonnacchioso, e non vi succede nulla di eclatante; ma per un giorno all’anno, Castrillo si guadagna l’attenzione dei media e di un manipolo di turisti incuriositi dalla strana tradizione che vi si svolge da quasi 400 anni.

Nata nel 1620, la festa di El Colacho si svolge nel giorno del Corpus Domini (in Maggio o in Giugno), ed è curata dalla Confraternita del Santísimo Sacramento de Minerva. Un prescelto si veste con un abito tradizionale dai colori sgargianti che ricordano le fiamme dell’Inferno: si tratta infatti di una vera e propria personificazione del Diavolo, che indossa una minacciosa maschera di sapore carnevalesco. El Colacho si aggira per le vie paesane, accompagnato in processione dai membri della Confraternita, e rincorre di tanto in tanto i passanti e i bambini, frustandoli giocosamente con una sorta di gatto a nove code.

A man dressed in a red and yellow costume representing the devil runs through the streets chasing a boy during traditional Corpus Christi celebrations, in Castrillo de Murcia

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Ma è la seconda parte della processione che è la più impressionante. Giunto nella piazza cittadina, El Colacho si appresta al rituale tradizionale che ha reso celebre la festività. Vengono preparati dei materassi, su cui sono adagiati dei bambini, tutti rigorosamente nati nei dodici mesi precedenti: alcuni degli infanti piangono, altri ridono, altri ancora dormono di gusto.

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Ed ecco che, una volta pronti questi affollati lettini, El Colacho prende la rincorsa e comincia a saltarli, uno dopo l’altro, atterrando a pochi centimetri di distanza dalle testoline dei piccoli. Un passo falso potrebbe essere davvero pericoloso: ma, a quanto si dice, fino ad ora non si è mai verificato alcun incidente.

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Perché una madre dovrebbe voler posizionare il proprio figlioletto di pochi mesi sul materassino, affinché un uomo vestito da diavolo vi salti sopra, di fronte a una folla plaudente? Il rito, secondo la credenza popolare, è salvifico e benefico: il passaggio di El Colacho rimuove il Peccato Originale, e porta con sé ogni male, proteggendo i neonati dalle malattie.

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Ovviamente, la Chiesa non si limita a storcere il naso di fronte a questo tipo di tradizioni, ma le condanna apertamente, poiché secondo la dottrina ufficiale soltanto il sacramento del battesimo può sollevare il peso del Peccato Originale. Ma gli abitanti di Castrillo de Murcia, per quanto devoti, non rinuncerebbero per niente al mondo alla loro tradizione: si è sempre fatto così, e tutti coloro che battezzano i propri figli in questo strano modo sono stati a loro tempo sottoposti al salto del Colacho.

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Se il salto del Colacho può sembrare estremo e pericoloso, non è nulla in confronto al battesimo che si celebra in alcune parti dell’India, in particolare negli stati di Karnataka e Maharashtra; si tratta di un rito praticato indistintamente da musulmani ed induisti.

Un uomo scala con una corda le mura del tempio, mentre sulla sua schiena penzola un secchio. Una volta arrivato in cima, il devoto mostra a tutti il contenuto del secchio – un bambino (di massimo due anni): dal tetto, alto una decina di metri, esibisce il neonato alla folla sottostante, tenendolo per le braccia e i piedini. Dopo aver invocato la protezione divina, di colpo lo lancia nel vuoto.

Nella piazza, una quindicina di uomini stanno aspettando l’atterraggio del bambino, tendendo una coperta per salvarlo. Il piccolo rimbalza sul telone, viene acchiappato al volo, rapidamente fatto passare di mano in mano e riconsegnato alla madre o al padre. Il tutto dura pochi secondi, anche se ci vogliono svariati minuti perché il bambino si riprenda dallo shock.

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Il salto, ancora una volta, ha lo scopo di portare fortuna e salute al neonato; per la sua pericolosità, si tratta comunque di un rituale controverso, e diverse associazioni per i diritti umani hanno cercato di proibirlo. Nel 2011 queste proteste sono state ufficialmente ascoltate, ma la legge che mette al bando tale pratica è regolarmente ignorata dai fedeli, e perfino la polizia preferisce non interferire con i riti.

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Visto anche il carattere sensibile della questione, è facile immaginare lo scandalo e la rabbia di chi è estraneo a questo tipo di tradizioni, e certamente si può (e si deve) discutere sull’opportunità che certi rituali rischiosi continuino ad essere riproposti al giorno d’oggi. Ma, per quanto il rito in questione sia stato tacciato di essere barbarico, “assurdo”, “senza logica né ragione”, per chi ha un minimo di dimestichezza con l’antropologia il suo senso è cristallino – in verità, esso mostra molte caratteristiche classiche di qualsiasi rito di passaggio.

Il bambino viene innanzitutto separato dai genitori; la guida lo conduce fino al confine, fino alla prova – eminentemente fisica – che egli dovrà affrontare da solo (il salto); infine, una volta completata l’essenziale fase di “transizione”, cioè il superamento della difficoltà, avviene la reintegrazione del bambino con il nucleo familiare e, più genericamente, con la società. Il bambino, com’è ovvio, è ora un individuo nuovo, e gode dei benefici del nuovo status (immunità dalle malattie).

Il salto del Colacho, così come il lancio dei bambini dalla moschea, sono “battesimi del fuoco” portatori di un senso profondo: i riti di passaggio sono talmente fondamentali per l’uomo da sopravvivere anche nelle nostre società industrializzate, cibernetiche e all’avanguardia. Non è tanto il valore di queste tradizioni che andrebbe messo in discussione, quindi, quanto piuttosto la modalità d’esecuzione. Forse, piuttosto che bandire e proibire, sarebbe più produttivo incentivare l’elaborazione di varianti ritualistiche meno cruente, come si è provveduto a fare in molti altri casi nel mondo.