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Safety videos
Nel 2001, i due registi tedeschi Stefan Prehn e Jörg Wagner firmano il cortometraggio Staplerfahrer Klaus.
Si tratta di una gustosissima e scorretta parodia dei video per la prevenzione degli incidenti sul lavoro, quelli per intenderci che dovrebbero ammonire gli operai dei rischi che corrono quando non rispettano le norme di sicurezza. Ovviamente quello che comincia come un classico filmato aziendale si trasforma ben presto in una sarabanda splatter, scatenata e cartoonesca.
Le disavventure di Klaus sul suo muletto sono divertenti, non c’è dubbio. Eppure se pensate che il corto sia un po’ troppo sopra le righe, aspettate di vedere i prossimi due video: perché qui l’effetto è pressoché simile, ma l’umorismo totalmente involontario.
Entra in scena la ERI Safety Videos, una società di produzione video che ha sede a Lexington, in South Carolina. Specializzata da 25 anni negli spot sulla sicurezza, all’epoca di internet è diventata a suo modo famosa per la qualità grandguignolesca e trash dei suoi filmati: una sequela di incidenti mortali, mutilazioni e catastrofi. Se Prehn e Wagner nel loro corto giocavano sull’idea di mostrare in dettaglio le conseguenze raccapriccianti degli incidenti (cosa che normalmente i safety video suggeriscono soltanto), i video della ERI fanno un passo oltre. Sembrano già, cioè, delle parodie: vorrebbero spaventare e scioccare lo spettatore, ma il massacro è talmente insistito e compiaciuto che l’unica reazione naturale è la risata.
Attenzione, perché le cose peggiorano ulteriormente in quest’ultimo filmato, sempre ad opera di ERI Safety Videos. Qui la consueta carneficina è sottolineata da una canzone, Think About This, appositamente composta e arrangiata per l’occasione. Dire che il brano in questione aggiunge un ulteriore livello di orrore è un eufemismo. E, meraviglia delle meraviglie, potete canticchiarla anche voi in stile karaoke, grazie al testo in sovrimpressione. Si sfiora il capolavoro.
Dopo aver visto questi video, emerge luminosa una sacrosanta morale: non bisogna mai, MAI andare a lavorare, gente.
Video Bizzarro Death Match – I
Commentando un post di qualche settimana fa, il nostro lettore Alex ci aveva consigliato alcuni video musicali particolarmente weird. Poi, in una serie di mail private, ha rincarato la dose proponendo una selezione dei peggiori videoclip presenti sulla rete.
Potevamo forse rinunciare a questo succulento invito ad una “singolar tenzone” da combattersi a colpi di video trash?
Datevi malati al lavoro, chiudete le finestre, staccate il telefono! Si dia fiato alle trombe, rullino i tamburi… Sta per iniziare il primo Video Bizzarro Death Match!
Il tema, come abbiamo detto, è “VIDEO MUSICALI”. Ed ecco che il primo ad attaccare è Alex, che colpisce subito duro con un video dell’esuberante artista spagnolo Josmar:
Bizzarro Bazar accusa un po’ il colpo, ma subito risponde con un affondo micidiale: la temibile Lisa Gail, con la sua ballata pop 3 Second Rule.
Alex è quasi sopraffatto ma, dando prova di temerarietà e spavalderia non comuni, contrattacca con le armi della danza, e sfodera un corpo di ballo (e soprattutto un coreografo) da cardiopalma.
Al povero Bizzarro Bazar, conciato male, non resta che lanciare un affondo assassino, e invocare nientemeno che la Collera di Ramses!
Lo scontro sta raggiungendo proporzioni titaniche: Alex, ormai allo stremo, ricorre alla sua arma segreta per irritare e sfiancare il nemico. Lancia così l’umanamente insopportabile canzone tradizionale russa capace di far esplodere la testa a chi la ascolta.
Crolla Bizzarro Bazar, arranca, evidentemente gli manca l’aria. Ma con un ghigno satanico, a sorpresa, ecco che sfodera un’arma di distruzione di massa – la temibile Pardon Me di Maxine Swaby.
A questo punto Alex si vede costretto a puntare nuovamente sulla Russia, e sull’etilico video-trip di Grozdanka, in cui perfino il rosso dei semafori si tramuta in vino.
Bizzarro Bazar, ormai in ginocchio, piange come un bambino. Fra le lacrime, prova comunque a difendersi con l’oscena camminata da granchio di Svendorrian il Grande – leader dei Black Northern Reign (band composta da lui stesso e basta).
Anche Alex è allo stremo. Come ultima risorsa, prima della capitolazione, decide di liberare tutta la follia del Giappone in un solo video.
È a questo punto che Bizzarro Bazar scopre la sua ultima carta: un vero e proprio ordigno-fine-di-mondo capace di annientare qualsiasi forma di vita sulla Terra… Jan Terri con la sua Losing You.
I due concorrenti sono entrambi in fin di vita quando risuona il gong.
Ora sta a voi scegliere chi dei due è il vincitore del match!
[AGGIORNAMENTO: Articolo vecchio = plugin scaduto = il sondaggio qui sopra non funziona più. Ho lasciato uno screenshot per i nostalgici. Si finiva comunque in parità.]
Davvero un brutto trip
Guardando il video psichedelico di Skeletons Having Sex On A Tin Roof (“Scheletri che fanno sesso su un tetto di lamiera”) degli islandesi Orphic Oxtra, perfino Tim Leary avrebbe esclamato “questo è troppo!”…
[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=d5BdyIGtYcg]
R.I.P. Tura Satana
La regina dell’exploitation ci ha lasciato. L’indimenticabile interprete di Varla in Faster, Pussycat! Kill! Kill! (1965, Russ Meyer) si è spenta venerdì scorso nella città di Reno, Nevada, all’età di 73 anni.
Coffin Joe
Benvenuti in Brasile, terra di sole, samba, bossa nova, piume colorate e carnevali pittoreschi.
E terra di una delle icone più tenebrose, ciniche e strambe del cinema weird – benvenuti anche nello strano mondo di Coffin Joe.
Coffin Joe (americanizzazione di Zé do Caixão, “Joe della Bara”) è il personaggio creato da José Mojica Marins nel 1963 per il film seminale À Meia-Noite Levarei Sua Alma (“A mezzanotte prenderò la tua anima”). Il film è considerato il primo horror brasiliano, e Marins si era deciso a girarlo a basso budget ispirandosi a un incubo che aveva fatto, nel quale un demoniaco becchino lo trascinava verso la tomba; poco prima delle riprese l’attore protagonista diede forfait, e José fu costretto a interpretarlo di persona, oltre che a dirigere. Questa fu, nell’imprevisto, la più grande fortuna nella vita di Marins.
Zé do Caixão è un personaggio che sembra uscito dritto dritto dagli E.C. Comics, quelli di Crypt Keeper (Zio Tibia, per intenderci): è un becchino perennemente vestito di nero, porta una vistosa tuba, barbetta mefistofelica e unghie lunghissime ed arricciate a mo’ di artigli. Odiato dai campesinos, che lo temono per i suoi continui soprusi, egli spadroneggia con crudeltà e violenza nel piccolo borgo rurale in cui vive. Ma Zé ha anche un lato più “adulto” e scorretto, che lo distingue dai personaggi classici dei film horror di quegli anni: è un assassino amorale, apertamente nichilista e blasfemo, e dedito alla ricerca dell’unica cosa che abbia valore per un ateo come lui: la “continuità del sangue”, cioè la creazione di una stirpe. Per questo cerca incessantemente la donna giusta da violentare affinché gli doni un figlio.
Già da questa breve sintesi si comprende come, in un paese radicalmente cattolico come il Brasile di inizio anni ’60, una pellicola “cattiva” e aggressiva come A Meia-Noite potesse creare scalpore. In una scena Zé, contro ogni precetto religioso, mangia euforico uno stinco di maiale davanti alla processione del Venerdì Santo, sbeffeggiando i credenti per la loro stupidità. In un’altra, lega sua moglie al letto e, come punizione per non aver saputo dargli una discendenza, le fa camminare sul corpo semisvestito un’enorme tarantola che la morde, uccidendola. Zé quindi, pur di ottenere la donna di un suo amico, non esita ad annegarlo senza pietà per poi cercare di ingravidare la spaventata vedova. Il tutto condito dalle considerazioni filosofiche rabbiose, le invettive contro la codardia e l’inferiorità dei suoi simili, e la sfrenata mitomania di un super-uomo negativo e malvagio, in una specie di ingenua e fumettistica elegia del male. Nietzsche filtrato dalla sensibilità di un adolescente cresciuto a pane e Dracula, insomma.
L’anti-eroe creato da Marins fu censurato, osteggiato e creò un putiferio all’uscita nelle sale. Nelle provincie in cui era possibile vederlo nei cinema, il film fece incassi senza precedenti. Il successo enorme spinse Marins a continuare su quella strada, e a sviluppare ulteriormente il suo personaggio. Nel seguito al primo film, intitolato Esta Noite encarnarei no Teu Cadàver (“Questa notte possiederò il tuo cadavere”), del 1967, Coffin Joe ritorna più cattivo e potente che mai… e ancora ossessionato dalla ricerca della madre perfetta per la sua discendenza. Da questo momento in poi Zé do Caixão diventa una vera e propria icona del cinema brasiliano, e conquista fumetti, musica, TV, patrocinando il merchandising più vario (da una linea di profumi a una di manicure!). José Mojica Marins raramente esce dal personaggio anche durante le interviste e le apparizioni televisive o per la stampa: si presenta immancabilmente vestito di nero, con la sua tuba e le unghie lunghissime (che si lascerà crescere fino al 1998).
Coffin Joe è fin dall’inizio immaginato come protagonista di un’imponenete esalogia dantesca, ma i soldi per il terzo titolo della saga arriveranno solo nel 2008, con il titolo Encarnação do Demônio. Nel frattempo, Marins sforna innumerevoli altri film in cui Coffin Joe appare marginalmente, solitamente confinato nel mondo degli incubi, o in limbi allucinati e surreali. Da un certo punto in poi la sua popolarità decresce, nonostante Marins continui a tenere vivo il suo personaggio tramite trasmissioni televisive, fumetti e quant’altro. In alcuni film egli gioca con il suo personaggio, mettendosi a nudo in prima persona, cominciando a prendere le distanze dal suo alter ego mefistofelico (“Zé do Caixão non esiste!”), e in alcune sequenze Marins sfida Coffin Joe in duelli all’ultimo sangue.
Nel 1985 Marins, per motivi finanziari, acconsente a dirigere un film pornografico, che ha un inaspettato successo; nonostante il suo disprezzo per la pornografia, Marins ne dirige quindi il sequel, ma decide di buttarsi nuovamente in prima persona nel film. Così, nel corso di una maratona di 48 ore di sesso, Marins si aggira attraverso la marea di corpi sudati e copulanti, impartendo ordini, dando istruzioni su che posizioni assumere, come e dove eiaculare. Scrivono Curti e La Selva nel loro imprescindibile saggio Sex and violence: percorsi nel cinema estremo (Lindau, 2003): “più che il discorso metalinguistico, colpiscono l’ammirevole coerenza e la faccia tosta, la stessa che il regista mostra oggi, a 70 anni suonati, salendo sui palchi dei festival con gli inseparabili mantello e tuba ed esibendosi nella parte di Zé do Caixão per un pubblico che dei suoi film apprezza spesso solo il fattore camp. Pare innocuo, con quell’aria un po’ da imbonitore di fiera e un po’ da pugile suonato, ma alla fine resta il sospetto che sia lui a ridere alle nostre spalle, anziché il contrario. Proprio come nei suoi migliori film”.
Nel 2001, il documentario che ripercorre la carriera del regista, intitolato Maldito – O Estranho Mundo de José Mojica Marins, vince il premio speciale della giuria al Sundance Film Festival.
Resta il fatto che, nella marea di filmacci “rivalutati” negli ultimi anni dagli amanti del trash, José Mojica Marins sia fra gli autori meno sprovveduti, soprattutto a livello figurativo. Egli resta a metà strada fra Mario Bava, il surrealismo di Buñuel o il panico di Jodorowksy, e l’exploitation “d’autore” di un Russ Meyer. I suoi film, seppur girati con budget irrisori, vantano sempre una fotografia suggestiva, e una particolare cura per le location. E seppure nelle intenzioni dell’autore fossero degli horror con un messaggio (l’attacco alla sonnolenza di un proletariato bigotto e superstizioso), la critica sociale è sempre smorzata dallo sguardo sornione, sopra le righe, del becchino dalle unghie smisurate.
Susan Tyrrell, la Regina del Weird
“L’ultima cosa che mia madre mi ha detto è stato, ‘SuSu, la tua vita è una celebrazione di tutto quanto ci sia di volgare e appariscente’. Mi è sempre piaciuta quella frase, e ho sempre cercato di vivere all’altezza.”
Fra le icone che hanno marcato la storia del cinema weird, spicca incontrastata la grandissima Susan Tyrrell.
Attrice solidissima e versatile, dalla carriera teatrale di grande successo, debutta nel 1971 in Shoot Out, ma è con lo splendido Fat City (1972) di John Huston che arriva la celebrità: nel film Tyrrell interpreta Ona, una disperata “mosca da bar” persa fra fallimenti e alcolismo, e la sua intensa performance le vale una nomination all’Oscar.
Dopo questo inizio “d’autore” Susan decide però di sterzare la sua carriera e, folle e determinata com’è, comincia a inanellare una serie di ruoli estremi, deliranti e talvolta smaccatamente sgradevoli. Uno dei film che hanno per sempre segnato l’immaginario weird è Forbidden Zone (1980) di Richard Elfman (fratello del celebre compositore Danny, che per l’occasione scrisse la sua prima colonna sonora), in cui Susan Tyrrell interpreta istrionicamente Doris, la Regina della Sesta Dimensione, sposa di Re Fausto, un nano.
La sua personalità esuberante e sregolata la porta in seguito a interpretare Solly, la sboccata lesbica di ferro di Angel (1984) e Avenging Angel (1985). Data la sua passione per i personaggi volgari e di cattivo gusto, l’incontro con John Waters, il Duca del Trash, non poteva tardare. Diretta dal grande regista di Pink Flamingos, Susan compare nel classico cult Cry Baby (1990) nel ruolo di Ramona Rickettes, la disgustosa nonna di Johnny Depp.
All’inizio del 2000, però, una rarissima malattia del sangue la costringe, nel giro di un paio di giorni, ad avere entrambe le gambe amputate. Questo, ovviamente, non può fermare la nostra Susan – anzi per lei questo è nuovo motivo di forza espressiva, per ritagliarsi personaggi ancora più bizzarri ed estremi. Nel 2003 compare in Masked and Anonymous di Larry Charles, nel ruolo di una maga veggente.
Donna selvaggia e granitica, ousider dichiarata, buffa e bizzarra, è sempre pronta a raccontare i più sordidi retroscena di Hollywood. E resta sempre, a testa alta, la più alta incarnazione femminile del cinema weird.
“Sono una solitaria. Non mi piacciono le persone belle, ma trovo la bellezza nel grottesco”.
(Susan Tyrrell)
Grindhouse cinema
Eccovi una serie di trailer e di scene assolutamente weird tratte dalla crème dei film grindhouse anni ’60 e ’70 – titoli che di sicuro animeranno le vostre serate con gli amici.
- Nudità, wrestler messicani, effetti gore direttamente dal cortile dietro casa, e uomini-scimmie il cui make-up non arriva più in giù del collo… ecco la succulenta anteprima di Night Of The Bloody Apes (titolo originale La horribile bestia humana, 1969, diretto da René Cardona). Da notare come il titolo del film venga ripetuto almeno 7 volte durante il trailer.
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- Alle volte sotto un’apparenza inoffensiva si cela un’incredibile potenza, pronta ad esplodere: eccovi una scena tratta dal mitico Mr. No Legs (1979, di Ricou Browning, lo stesso che prima di diventare regista era lo stuntman acquatico che impersonò Il mostro della laguna nera nella serie di film anni ’50).
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- Il trailer del nostrano Starcrash (1978, di Luigi Cozzi). Un film al di là del bene e del male.
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- Mai uccidere una tarantola con un ferro da stiro. Ecco cosa si evince dal trailer di The Giant Spider Invasion (1975, di Bill Rebane).
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- E per chiudere questa prima, piccola panoramica, ecco il terribile Impulse (1974, di William Grefe), il film che tutti gli amanti di Star Trek dovrebbero evitare. L’ex Capitano Kirk (William Shatner) interpreta con agghiacciante enfasi il serial killer probabilmente più inetto della storia del cinema. Guardate quale diabolico piano escogita in questa scena, e notate la facilità con cui la vittima si libera dalla ingegnosa trappola mortale.
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